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Giulianova sul belvedere: Primo Piano, sezione della prima pagina dedicata agli avvenimenti più rilevanti e più recenti di Giulianova, della Provincia di Teramo, dell'Abruzzo, dell'Italia e del Mondo

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Lino Manocchia

Lino Manocchia è nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921, primogenito del giornalista e scrittore, il Cav. Francesco Manocchia, e di Filomena Spadacci. Ha incontrato ed intervistato personaggi come: Frank Sinatra, Dean Martin, Perry Como, Rocky Marciano, Juan Manuel Fangio, Mario Andretti e tanti altri illustri personaggi. Durante il lavoro con Voice of America, Manocchia ha avuto modo di intervistare cinque Presidenti americani: Eisenhower, Kennedy, Johnson, Carter e Clinton.

Manocchia e Orlando

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Tanti auguri a Lino Manocchia, il "Grande Diversamente Giovane" del giornalismo giuliese

 

GIULIANOVA, 20.2.2017 - Oggi Lino Manocchia, il giornalista di Giulianova diventato famoso negli Usa, compie 96 anni. Nell'occasione abbiamo pensato di riproporre, con nuova veste, l'intervista esclusiva che ci rilasciò nel 2009 e che Lino ha sempre apprezzato. Per noi un onore e un privilegio, accresciuti dall'amichevole collaborazione che ci regala da quasi un decennio. Abbiamo scelto il titolo con l'appellativo di "Grande Diversamente Giovane" per esaltare lo spirito sempre vivace e la passione giovanile di Manocchia evocando quel "Grande Vecchio", Enzo Ferrari, tra gli Immortali che egli ebbe modo di intervistare e conoscere. Tanti cari auguri Lino. E grazie di tutto.

 
 
INTERVISTA A LINO MANOCCHIA
 

Il più semplice dei big tra i big d'America

"Nelle mie vene scorre sempre sangue abruzzese"

Su Mike Bongiorno "Addio, mio vecchio amico"

 
Lino Manocchia (di profilo), con Marilyn Monroe e Ruggero Orlando
Manocchia spiega la foto: "Gli americani chiamano la pizza "pizzpie". La Monroe addirittura disse "mi piace Pisa" e scoppiammo a ridere". Nell'intervista il giornalista ricorderà la battuta anche a proposito di Alì
 

di LUDOVICO RAIMONDI

 

Quante volte e in quali occasioni, Lino, ti è capitato di tornare a Giulianova ed in Italia da quando vivi negli States?

«Tante volte durante la mia collaborazione  con Rai, Corsera, Stadio ecc. Una volta venni per il Convegno nazionale della stampa, il cui presidente era il ministro Lupis ed io fui segretario d'occasione. Un’altra volta fu  quando la signora Anna Maria Fanfani, consorte del Ministro Amintore, mi invitò ospite d'onore, nella sua villa,con tre altri altolocati, quale premio per il mio lavoro Tv svolto con lei nel Costarica in occasione di un grosso disastro metereologico e l'Italia inviò un aereo carico di aiuti. La signora Fanfani chiese espressamente, ed ottenne, che io andassi laggiù con lei e gli operatori Rai»

 

Quanto ti senti "americano" e quanto “giuliese/italiano”?

«L'America è la mia seconda  patria che mi consente libertà d’azione e di pensiero. La terra degli Yankee mi ha insegnato anche ad avere coraggio e a vivere in questo mondo. Tuttavia, il mio sangue abruzzese  continua a scorrere nelle vene, e non nascondo mai di essere stato creato e cresciuto nella spiaggia dalla sabbia dorata».

 

Immancabile nemo propheta in patria: i grandi personaggi della storia giuliese, salvo rare eccezioni, hanno manifestato un certo "ripudio" verso la propria città. Penso a Raffaello Pagliaccetti per la querelle con il Consiglio Comunale sul monumento a Vittorio Emanuele II, a Gaetano Braga, per le beghe familiari, a Venanzo Crocetti, per il peso e l'umiliazione dello stato di povertà avvertiti dalla sua famiglia e da lui stesso ragazzino, ecc. Tu hai un qualche eventuale motivo per "rinnegare" Giulianova?

«Ogni nazione, paese o contrada ha la sua dose di masochismo. Giulianova ne ha avuti diversi, ai miei tempi. Forse oggi il "clima" è mutato, comunque difficilmente si rinnega la Patria»

 

Ti senti un ex del tuo Paese di origine?

«Niente  affatto. Ero e sono cittadino giuliese, non importa se qualcuno è  arrivato a dire che "Lino Manocchia è americano, n’è cchiù  nu giuliese, per cui cancellatelo dall'anagrafe". Agli ignari ricordo che io SONO giuliese più di qualche altro che sbandiera l'idioma giuliese soltanto per uso e consumo proprio. Giulianova è stata sempre il mio paese. E non lo dico in senso retorico, patriottico. È il sentimento delle mie radici, della mia origine»

 

Con quale "occhio" e spirito guardi oggi la piccola realtà provinciale di Giulianova, dalla quale sei partito, dall'alto della megarealtà americana ed anche hollywoodiana nella quale sei riuscito ad inserirti con una certa autorevolezza?

«Giulianova ha la colpa, se vogliamo, di aver ignorato i suoi figli migliori, molti dei quali sono "partiti" per altre mete, altri lidi, facendo largo ai cosiddetti "stranieri"  i quali, mi dicono, sembrano propensi a dare un apporto favorevole alla vecchia Castrum. Anche se coinvolto con la megarealtà americana e hollywoodiana, ho sempre sperato nel futuro provinciale di Giulianova, più  volte riavutasi, coraggiosamente, dopo crisi dovute a mentalità politiche superate»

 

Tu appartieni alla vecchia generazione dei corrispondenti Rai dagli Usa che si identifica in Ruggero Orlando e Carlo Mazzarella. Quali rapporti hai avuto con loro e quali con i loro successori? E cosa pensi abbiano dato i primi (compreso te) e cosa i secondi alla televisione italiana?

«Sono passato attraverso sei direttori Rai Usa, ultimo Pachetti. Ho lavorato con Carlo Mazzarella, un ottimo cronista, simpatico, con Yash Gavronsky , con il mitico Ruggero Orlando, una Icon,  maestro, vero amico, e diversi altri.  Questo "allievo", il sottoscritto, ha operato perfezionando la sua esperienza, affiancandosi  a Orlando, anche per diversi lanci di satelliti Usa. Dopo il mio "arrivederci" alla Rai non ho avuto più contatti, specialmente con quelli della sede  di New York.  Comunque, l'apporto dato dai primi, che potremmo definire "pionieri, è ineguagliabile. Non torneranno mai più i Carlo Bonciani, la Pia Moretti, Aldo Scimè, Remo Berti, Tito Stagno e tanti altri, precursori della novella Rai i cui rappresentanti, mi sembra, si accontentano di vedere soltanto il loro nome in vetrina, ignorando il contenuto, che è quanto i telespettatori chiedono. Se poi parliamo dell'avvento della tv privata e commerciale, preferisco chiudere con... "No comment"»

 

Tra i tanti personaggi famosi ed importanti conosciuti con quali, oltre a Paul Newman, ti sei sentito veramente amico? E con quali, al contrario, meno amico?

«Perry Como  e Dean Martin, all'anagrafe Dino Paul Crocetti, ambedue famosi abruzzesi. Il primo amava i maccheroni aglio e olio ma non riuscì mai a pronunciare aglio e olio. Aveva una voce vellutata, poetica, era un"crooner" (cantante swing) di classe.

Il secondo, artista-attore poliedrico, era una mitragliatrice musicale. Rocky Marciano (Marchegiano di nome) era un "fratello" che voleva imparare l'abruzzese dopo gli allenamenti. E poi, Muhammad Ali Clay: conquistato il titolo olimpionico di Roma non si stancava mai  di chiedermi: "Tu sai fare la "Pizzapie taliana? Mi devi insegnare". Un fenomeno questo convertito musulmano. Non ho mai dubitato del  sentimento  amichevole espressomi da più parti».

 

"Se pensi a Marilyn Monroe o a Frank Sinatra, cosa ti viene in mente d'acchito?

«Marilyn Monroe una stella brillante in tutti i sensi. Frank (The voice) Sinatra una icona. Attrice la prima, attore-cantante l'altro che ha lasciato un retaggio inimitabile. Molto riservato  ed un tantino cinico»

 

Quale dei presidenti Usa ti ha maggiormente colpito? E perchè?

«J.F.Kennedy, Bill Clynton, Jimmy Carter, progressisti, anti comunisti, dalla parola convincente, intelligenti, favorevoli al miglioramento della vita americana,  precursori di un migliore futuro che i rivali repubblicani non hanno saputo sfruttare. Ultimo George Bush, che ha finito per mettere in ginocchio la nazione più grande e ricca del mondo. Io ho intervistato i citati per la Rai -Voice of America, compresi Johnson e Eisenhower».

 

Cosa avresti voluto fare che non hai fatto"?

«Un milione di cose, compreso occuparmi dei bambini inguaribili, ammazzare qualche dittatore, andare sulla Luna, guidare un bolide F1 Ferrari (ho posseduto soltanto una Testarossa) e riudire mio padre quando mi disse per la prima volta:"bravo"!».

 

A proposito di Luna. Tu hai vissuto da vicino lo sbarco sul nostro satellite. Una recente vicenda di "falso storico" riguardo al dono di una pietra lunare ha alimentato nuovi dubbi sulla veridicità dello sbarco. Tu ci metteresti la mano sul fuoco?

«Senza dubbi. Per ogni avvenimento, spesso, si creano voci impossibili a concepire. Se ne son dette e scritte di belle scoperte e critiche sull'avvenimento più importante del XX secolo, che si ripeterà quanto prima sempre da fonte americana. Purtroppo il mondo è ricco di "big mouth" (bocche grosse) e di stampa becera. Lasciamoli dire, forse un giorno, chissà, qualcuno di questi compirà un viaggio lunare!...»

 

Nell'aneddotica della tua vicenda di vita e di professione in Usa, potresti ricordare tre aneddoti particolari ai quali sei particolarmente legato, in positivo e in negativo?

«La visita di Benito Mussolini al Collegio Aeronautico di Forli, intitolato al nome del figlio Bruno, a me è rimasta memorabile. Presi il posto di un aviere dattilografo che si sciolse col sudore ed il "terrore" di dover scrivere sotto dettatura del Duce, e dopo la stesura ricevetti un "Bravo" e la stretta di mano di Mussolini, amico di mio padre. Questo episodio scosse l'orgoglio di un ventenne interessato al giornalismo. E poi, ancora giovane, fui inviato speciale della Rai, a "coprire" il 50mo anniversario dell'Oscar di Hollywood. Presenti i più noti attori, molti dei quali intervistati dal cronista. Ma è triste ricordare che a 5 giorni dai festeggiamenti del 50mo anniversario di matrimonio con mia moglie Ada (figlia dei giuliesi Di Michele e Cichetti) il destino me la carpiva dopo 25 anni di sofferenze per l'artrite che le distruggeva il cuore»

 

Hai saputo? E’ morto Mike Bongiorno…

«Mike era un "vecchio" AMICO, lavorava per le radio newyorkesi con me, poi entrò nella Voice of America (con me), mi seguì, insomma ci ritrovavamo sempre insieme. Mi chiamava quando veniva annualmente a New York. "Mi chiudo in camera con due televisori e studio ciò che possa piacere in Italia”, mi diceva. Buono, attivo, anche troppo, e a 85 anni avrebbe dovuto godersi Montecarlo. Ma i lavoratori non hanno orecchie per ascoltare. Un peccato che gente brava così debba scomparire mentre "cafoni" moderni si facciano strada»

 

Un’ultima domanda, riepilogativa ed esemplificativa: ti piace sentire suonare le trombe della fama?

«Apprezzo il successo, lo considero un energetico psichico formidabile, ti scalda, ti fa bene. Se, invece, penso a me come a uno cui piace sentir suonare le trombe della fama, mi trovo immediatamente ed irrimediabilmente ridicolo».

L'amico della porta accanto
 

«A dispetto di chi lo vuol mettere alla gogna ed archiviarlo come un povero emigrante senza epigone, Lino Manocchia è da diversi lustri un protagonista del teatri giornalistici radiotelevisivi e molto di più di quel che i suoi invidiosi e biliosi nemici, meno dotati e meno audaci, petulantemente gli contestano. Miscela esplosiva di estro e di calcolo, impulsività e scetticismo, spregiudicatezza e circospezione. Non è un uomo, è un  Concorde. Eppure non c’è interlocutore più amabile ed agguerrito, conversatore malizioso, cortese,metaforico, allusivo, pesa le parole, misura i gesti.

Brusco e squisito, irruente e disarmato, impulsivo, sommesso e altero, docile e perentorio. Nessuno riuscirà mai a decifrarlo. Lino  si reputa "artigiano" della penna. Pensa chiaro, e chiaro scrive, sia in una  intervista ad un Ambasciatore che ad un "uomo qualunque". E’ uno che sa il fatto suo, meglio di chi gli fa la guerra, ma lui nondimeno li esprime,incurante di anatemi e censure”. In qualche parete dell’osannato giornalismo d’America è “appeso” questo ritratto, fedele, quasi iperrealista, di Pasquale Manocchia, per tutti Lino. E’ tale e quale ho imparato a conoscerlo, ad ammirarlo, ad amarlo, galeotta l’apparentemente fredda corrispondenza elettronica. Con lui, big tra i big nientemeno negli Usa,  converso come se fosse davvero l’amico della porta accanto, magari l’uno e l’altro immaginandoci davanti ad una buona tazza di caffè (rigorosamente alla napoletana, non all’americana) o ad un bicchiere di whisky. E’ così che è nata, a distanza di migliaia di chilometri eppure mai sentita tanto vicina, l’intervista di cui Lino Manocchia mi ha onorato

lraim

 

 

 
 

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