di LUDOVICO RAIMONDI
Quante volte e in quali
occasioni, Lino, ti è capitato di tornare a
Giulianova ed in Italia da quando vivi negli
States?
«Tante volte durante la
mia collaborazione con Rai, Corsera, Stadio
ecc. Una volta venni per il Convegno nazionale
della stampa, il cui presidente era il ministro
Lupis ed io fui segretario d'occasione. Un’altra
volta fu quando la signora Anna Maria Fanfani,
consorte del Ministro Amintore, mi invitò ospite
d'onore, nella sua villa,con tre altri
altolocati, quale premio per il mio lavoro
Tv svolto con lei nel Costarica in occasione di
un grosso disastro metereologico e l'Italia
inviò un aereo carico di aiuti. La signora
Fanfani chiese espressamente, ed ottenne, che io
andassi laggiù con lei e gli operatori Rai»
Quanto ti senti
"americano" e quanto “giuliese/italiano”?
«L'America
è la mia seconda patria che mi consente libertà
d’azione e di pensiero. La terra degli Yankee mi
ha insegnato anche ad avere coraggio e a vivere
in questo mondo. Tuttavia, il mio sangue
abruzzese continua a scorrere nelle vene, e
non nascondo mai di essere stato creato e
cresciuto nella spiaggia dalla sabbia dorata».
Immancabile nemo
propheta in patria: i grandi personaggi della
storia giuliese, salvo rare eccezioni, hanno
manifestato un certo "ripudio" verso la propria
città. Penso a Raffaello Pagliaccetti per la
querelle con il Consiglio Comunale sul monumento
a Vittorio Emanuele II, a Gaetano Braga, per le
beghe familiari, a Venanzo Crocetti, per il peso
e l'umiliazione dello stato di povertà avvertiti
dalla sua famiglia e da lui stesso ragazzino,
ecc. Tu hai un qualche eventuale motivo per
"rinnegare" Giulianova?
«Ogni nazione, paese o contrada ha la sua dose
di masochismo. Giulianova ne ha avuti diversi,
ai miei tempi. Forse oggi il "clima" è mutato,
comunque difficilmente si rinnega la Patria»
Ti senti un ex del
tuo Paese di origine?
«Niente affatto. Ero e sono cittadino giuliese,
non importa se qualcuno è arrivato a dire che
"Lino Manocchia è americano, n’è cchiù nu
giuliese, per cui cancellatelo dall'anagrafe".
Agli ignari ricordo che io SONO giuliese più di
qualche altro che sbandiera l'idioma giuliese
soltanto per uso e consumo proprio. Giulianova è
stata sempre il mio paese. E non lo dico in
senso retorico, patriottico. È il sentimento
delle mie radici, della mia origine»
Con quale "occhio"
e spirito guardi oggi la piccola realtà
provinciale di Giulianova, dalla quale sei
partito, dall'alto della megarealtà americana ed
anche hollywoodiana nella quale sei riuscito ad
inserirti con una certa autorevolezza?
«Giulianova ha la colpa, se vogliamo, di
aver ignorato i suoi figli migliori, molti dei
quali sono "partiti" per altre mete, altri lidi,
facendo largo ai cosiddetti "stranieri" i
quali, mi dicono, sembrano propensi a dare un
apporto favorevole alla vecchia Castrum. Anche
se coinvolto con la megarealtà americana e
hollywoodiana, ho sempre sperato nel futuro
provinciale di Giulianova, più volte riavutasi,
coraggiosamente, dopo crisi dovute a mentalità
politiche superate»
Tu appartieni alla
vecchia generazione dei corrispondenti Rai dagli
Usa che si identifica in Ruggero Orlando e Carlo
Mazzarella. Quali rapporti hai avuto con loro e
quali con i loro successori? E cosa pensi
abbiano dato i primi (compreso te) e cosa i
secondi alla televisione italiana?
«Sono passato attraverso sei direttori Rai Usa,
ultimo Pachetti. Ho lavorato con Carlo
Mazzarella, un ottimo cronista, simpatico, con
Yash Gavronsky , con il mitico Ruggero Orlando,
una Icon, maestro, vero amico, e diversi
altri. Questo "allievo", il sottoscritto,
ha operato perfezionando la sua
esperienza, affiancandosi a Orlando, anche per
diversi lanci di satelliti Usa. Dopo il mio
"arrivederci" alla Rai non ho avuto più
contatti, specialmente con quelli della sede di
New York. Comunque, l'apporto dato dai primi,
che potremmo definire "pionieri, è
ineguagliabile. Non torneranno mai più i Carlo
Bonciani, la Pia Moretti, Aldo Scimè, Remo
Berti, Tito Stagno e tanti altri, precursori
della novella Rai i cui rappresentanti, mi
sembra, si accontentano di vedere soltanto il
loro nome in vetrina, ignorando il contenuto,
che è quanto i telespettatori chiedono. Se poi
parliamo dell'avvento della tv privata e
commerciale, preferisco chiudere con... "No
comment"»
Tra i tanti
personaggi famosi ed importanti conosciuti con
quali, oltre a Paul Newman, ti sei sentito
veramente amico? E con quali, al contrario, meno
amico?
«Perry Como e Dean
Martin, all'anagrafe Dino Paul Crocetti, ambedue
famosi abruzzesi. Il primo amava i maccheroni
aglio e olio ma non riuscì mai a pronunciare
aglio e olio. Aveva una voce vellutata, poetica,
era un"crooner"
(cantante swing) di classe.
Il
secondo, artista-attore poliedrico, era una
mitragliatrice musicale. Rocky Marciano (Marchegiano di nome) era un
"fratello" che voleva imparare l'abruzzese dopo
gli allenamenti. E poi, Muhammad Ali Clay:
conquistato il titolo olimpionico di Roma non si
stancava mai di chiedermi: "Tu sai fare la "Pizzapie
taliana? Mi devi insegnare". Un fenomeno questo
convertito musulmano. Non ho mai dubitato del
sentimento amichevole espressomi da più parti».
"Se pensi a Marilyn
Monroe o a Frank Sinatra, cosa ti viene in mente
d'acchito?
«Marilyn
Monroe una stella brillante in tutti i sensi.
Frank (The voice) Sinatra una icona. Attrice la
prima, attore-cantante l'altro che ha lasciato
un retaggio inimitabile. Molto riservato ed un
tantino cinico»
Quale dei
presidenti Usa ti ha maggiormente colpito? E
perchè?
«J.F.Kennedy, Bill Clynton, Jimmy Carter,
progressisti, anti comunisti, dalla parola
convincente, intelligenti, favorevoli al
miglioramento della vita americana, precursori
di un migliore futuro che i rivali repubblicani
non hanno saputo sfruttare. Ultimo George Bush,
che ha finito per mettere in ginocchio la
nazione più grande e ricca del mondo. Io ho
intervistato i citati per la Rai -Voice of
America, compresi Johnson e Eisenhower».
Cosa
avresti voluto fare che non hai fatto"?
«Un milione di cose,
compreso occuparmi dei bambini inguaribili,
ammazzare qualche dittatore, andare sulla Luna,
guidare un bolide F1 Ferrari (ho posseduto
soltanto una Testarossa) e riudire mio padre
quando mi disse per la prima volta:"bravo"!».
A proposito di
Luna. Tu hai vissuto da vicino lo sbarco sul
nostro satellite. Una recente vicenda di "falso
storico" riguardo al dono di una pietra lunare
ha alimentato nuovi dubbi sulla veridicità dello
sbarco. Tu ci metteresti la mano sul fuoco?
«Senza dubbi. Per ogni
avvenimento, spesso, si creano voci impossibili
a concepire. Se ne son dette e scritte di belle
scoperte e critiche sull'avvenimento più
importante del XX secolo, che si ripeterà quanto
prima sempre da fonte americana. Purtroppo il
mondo è ricco di "big mouth" (bocche grosse) e
di stampa becera. Lasciamoli dire, forse un
giorno, chissà, qualcuno di questi compirà un
viaggio lunare!...»
Nell'aneddotica della
tua vicenda di vita e di professione in Usa,
potresti ricordare tre aneddoti particolari ai
quali sei particolarmente legato, in positivo e
in negativo?
«La visita di Benito
Mussolini al Collegio Aeronautico di Forli,
intitolato al nome del figlio Bruno, a me è
rimasta memorabile. Presi il posto di un aviere
dattilografo che si sciolse col sudore ed il
"terrore" di dover scrivere sotto dettatura del
Duce, e dopo la stesura ricevetti un "Bravo" e
la stretta di mano di Mussolini, amico di mio
padre. Questo episodio scosse l'orgoglio di un
ventenne interessato al giornalismo. E poi,
ancora giovane, fui inviato speciale della Rai,
a "coprire" il 50mo anniversario dell'Oscar di
Hollywood. Presenti i più noti attori, molti dei
quali intervistati dal cronista. Ma è triste
ricordare che a 5 giorni dai festeggiamenti del
50mo anniversario di matrimonio con mia moglie
Ada (figlia dei giuliesi Di Michele e Cichetti)
il destino me la carpiva dopo 25 anni di
sofferenze per l'artrite che le distruggeva
il cuore»
Hai
saputo? E’ morto Mike Bongiorno…
«Mike era un "vecchio"
AMICO, lavorava per le radio newyorkesi con me,
poi entrò nella Voice of America (con me), mi
seguì, insomma ci ritrovavamo sempre insieme. Mi
chiamava quando veniva annualmente a New York.
"Mi chiudo in camera con due televisori e studio
ciò che possa piacere in Italia”, mi diceva.
Buono, attivo, anche troppo, e a 85 anni avrebbe
dovuto godersi Montecarlo. Ma i lavoratori non
hanno orecchie per ascoltare. Un peccato che
gente brava così debba scomparire mentre
"cafoni" moderni si facciano strada»
Un’ultima
domanda, riepilogativa ed esemplificativa: ti
piace sentire suonare le trombe della fama?
«Apprezzo il successo, lo considero un
energetico psichico formidabile, ti scalda,
ti fa bene. Se, invece, penso a me come a uno
cui piace sentir suonare le trombe della fama,
mi trovo immediatamente ed irrimediabilmente
ridicolo».
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