GIULIANOVA,
4.10.2017 -
Il Museo d’Arte dello Splendore
di Giulianova aderisce alla tredicesima
giornata del contemporaneo indetta
dall’AMACI, giornata che quest’anno cade
sabato 14 ottobre.
Per le ore 18.00 il Museo
organizza una conferenza di Valentina Valentini,
docente di Arti Performative e
Arti Elettroniche e Digitali presso il
dipartimento di Storia dell’ Arte e Spettacolo
dell‘Università "La Sapienza" di Roma;
le sue ricerche comprendono il
campo delle interferenze tra teatro, arte e i
nuovi media ed ha curato la prima monografia del
grande videoartist italoamericano Bill Viola,
recentemente celebrato a Palazzo Strozzi a
Firenze con una importante personale:
Bill Viola. Rinascimento
elettronico.
Proprio dalla monografia curata
da Valentini prende il titolo la conferenza del
14 ottobre: Vedere
con la mente e con il cuore: i percorsi di Bill
Viola.
«La visione di questo artista è distante
dalle estetiche ciniche postmoderniste. Il
compito dell’artista è di trasformare il mondo,
anziché duplicarlo, connettere l’individuale ad
un tutto che lo comprende, in cui l’uomo e la
natura, la vita e la morte fanno parte di un
ciclo vitale, qualcosa che si trasforma
incessantemente» sostiene la Valentini.
A seguire sarà possibile vedere quello che forse
rimane il capolavoro dell’artista, comunque un
punto estremamente significativo del suo
percorso e ormai un “classico” della videoart:
Reflecting pool (1977/79), opera
recentemente acquisita dal Museo
(nella
foto).
In questo semplice video, su un solo schermo,
l’apparente ovvietà della visione di un
uomo che si tuffa in acqua diventa invece un
enigmatico evento dove proprio l’acqua con i
suoi riflessi e la sua essenza mutevole risulta
il vero medium ottico, metaforico e simbolico
dell’esistenza dell’uomo.
Valentina Valentini
studiosa
dei problemi dello spettacolo nel Novecento,
insegna e Arti performative e Arti Elettroniche
e digitali presso il dipartimento di Storia
dell’ Arte e Spettacolo dell‘Università "La
Sapienza", Roma . Le sue ricerche comprendono
il campo delle interferenze fra teatro, arte e
nuovi media . Fra le sue più recenti
pubblicazioni ricordiamo: Nuovo Teatro MAde in
Italy 1963-2013; Drammaturgie sonore.Teatri del
secondo Novecento ( 2012); Mondi, corpi,materie.
Teatri del secondo Novecento, Bruno Mondadori
2007; le due antologie Le pratiche del video e
Le storie del video, Bulzoni, Roma 2003. Ha
curato la prima monografia su Bill Viola .Vedere
con la mente e con il cuore, su Studio Azzurro:
percorsi fra video, cinema e teatro e altri
volumi che analizzano autori, opere di arte
elettronica e multimedia (Video d’autore
1986-1995, Allo specchio, Dal Vivo, Il video a
venire).
Ha diretto per Rubbettino Editore. una collana
dedicata al teatro contemporaneo in cui ha
pubblicato Franco Scaldati, 1997, Squat Theater,1998
Compagnia della Fortezza,1998, Peter Sellars,1999,
Eimuntas Nekrosius,1999, Totò e Vicé, 2003, S.M.
Ejzenštejn, Quaderni e piani di regia,2003
Teatro Valdoca,2004
I suoi saggi sono pubblicati su varie riviste
sia in ambito nazionale che internazionale,
come: Biblioteca Teatrale, The Drama Review,
Theaterschrift, Close-Up, Drammaturgia,
Performance Research., Maska, Frackija, PAJ, il
supplemento culturale del quotidiano
l’Avanguardia.( Barcellona).
“Ho
sentito il bisogno crescente di fornire immagini
o visioni rivolte al processo di guarigione,
alla possibilità di trascendere la nostra
condizione, al processo di varcare la soglia. Se
il mondo intero sta fallendo e crollando in
pezzi, io sento il bisogno di innalzare un mondo
perfetto contro tutto questo. Se l’Io è
frammentato, ho bisogno di immaginare un Io che
non sia scisso” (Bill Viola, 1999)
Dalla Treccani on line
Viola
(vióulë),
Bill. - Videoartista statunitense (n.
New York
1951). Dopo un esordio in campo musicale, si è
dedicato alla
videoarte.
Nelle sue opere, filmati video o
videoinstallazioni multimediali incentrate sulla
rappresentazione allegorica di cicli vitali (del
giorno e della notte, della nascita e della
morte, ecc.), convergono influenze diverse,
dalla musica alla filosofia, alle immagini
tratte dai mass media che V. trasfigura in
sequenze di forte impatto emotivo, dense di
significati metaforici e spesso d'accento
lirico.
VitaHa
studiato (1969-73) nel dipartimento di studi
sperimentali del College of visual and
performing arts della Syracuse University (New
York). Accanto all'interesse per il video come
mezzo espressivo ha coltivato quello per la
musica, studiando con David Tudor (1926-1996) e
collaborando con il suo gruppo Composer inside
electronics (1974). Dal 1974 al 1976, a
Firenze,
è stato direttore tecnico di produzione dello
studio di videoarte Art/Tapes/22, collaborando
con artisti europei e americani (G.
Paolini,
M. Merz,
J. Kounellis,
V. Acconci).
Con un lungo soggiorno in
Giappone
(1980-81, nell'ambito della Japan/US creative
arts fellowship) ha approfondito lo studio delle
tecnologie avanzate del video e i suoi interessi
per le filosofie orientali studiando con Daien
Tanaka, pittore monaco zen.
OpereOltre
a videotapes (A million other things,
2, 1975; The reflecting pool, 1977-79),
ha realizzato videoinstallazioni sonore: Il
vapore (1975); Room for St. John of the
Cross (1983); The sleep of reason
(1988);
Nantes
triptych
(1992); Stations (1994); The messenger
(1996, creata per la cattedrale inglese di
Durham);
The crossing (1996); del 2008 è
Acceptance, video in bianco e nero su
display al plasma.
Nel 1995 ha rappresentato gli
Stati Uniti alla Biennale di
Venezia
con Buried secrets (Hall of whispers,
Interval, Presence, The veiling,
The greeting); in quella del 2001 ha
presentato le videoinstallazioni Quintet of
the unseen (2000) e Surrender (2001),
e in quella del 2007 Ocean Without a Shore.
Ancora nel 2001 la videoinstallazione The
greeting (1995) è stata in mostra nella
pieve di S. Michele a
Carmignano
in diretto confronto con il dipinto che l'ha
ispirata, la Visitazione di Pontormo.
Dalla successiva collaborazione con
P. Sellars
e E.-P. Salonen si è sviluppato il progetto per
la produzione di Tristan und Isolde,
rappresentato per la prima volta all'Opéra
National di
Parigi
nel 2005.Tra le moltissime mostre dedicate alla
sua opera si ricordano quella organizzata dal
Whitney Museum di New York, che è stata
presentata a
Los Angeles,
New York,
Amsterdam,
Francoforte,
San Francisco
e
Chicago
(1997-2000) e, in Italia, le esposizioni
tenutesi a
Roma (2008-2009,
Palazzo delle Esposizioni) e Firenze (2011-12,
Museo Gucci; 2017, antologica articolata in
diverse sedi, da Palazzo Strozzi al Museo
dell'Opera del Duomo).
Dal 10
marzo al 23 luglio 2017 la Fondazione Palazzo
Strozzi presenta al pubblico Bill Viola.
Rinascimento elettronico, una
grande mostra che celebra il maestro
indiscusso della videoarte contemporanea.
In un percorso espositivo unitario tra Piano
Nobile e Strozzina la mostra ripercorre –
attraverso straordinarie esperienze di
immersione tra spazio, immagine e suono
– la carriera di questo artista, dalle prime
sperimentazioni degli anni settanta fino alle
grandi installazioni successive al Duemila.
Esplorando
spiritualità, esperienza e percezione Viola
indaga l’umanità: persone,
corpi, volti sono i protagonisti delle sue
opere, caratterizzate da uno stile poetico
e fortemente simbolico in cui l’uomo è chiamato
a interagire con forze ed energie della natura
come l’acqua e il fuoco, la luce e il buio, il
ciclo della vita e quello della rinascita.
Nella
cornice rinascimentale di Palazzo Strozzi si
crea soprattutto uno straordinario
dialogo tra antico e contemporaneo
attraverso un inedito confronto diretto delle
opere di Viola con quei capolavori di grandi
maestri del passato che sono stati per lui fonte
di ispirazione e ne hanno segnato l’evoluzione
del linguaggio.
Si celebra
così la speciale relazione tra Bill
Viola e Firenze. È qui infatti che
l’artista ha iniziato la sua carriera nel campo
della videoarte quando, tra il 1974 e il ’76, è
stato direttore tecnico di art/tapes/22, centro
di produzione e documentazione del video. Il
rapporto di Viola con la storia e l’arte viene
inoltre esaltato attraverso importanti
collaborazioni con musei e istituzioni quali il
Grande Museo del Duomo, le Gallerie degli Uffizi
e il Museo di Santa Maria Novella a Firenze, ma
anche con le città di Empoli e Arezzo.
Con l’acqua e
con il fuoco del video
The crossing
(La
traversata,
1996) si apre
Rinascimento
elettronico, la
mostra di
Bill Viola
ospitata da ieri, e fino al 23 luglio, al piano
nobile di Palazzo Strozzi, a Firenze. E con
l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria di
Martyr
series (Serie
dei martiri,
2014) la mostra si chiude, nel sottosuolo dello
stesso palazzo, detto la Strozzina. Gli elementi
che danno
la vita e
anche la morte, il nutrimento e il martirio.
Tutto cambia, tutto si trasforma, viviamo in un
perenne divenire. Anche l’arte, anche la
tecnologia, anche le forme si spostano
continuamente. E dunque per apprezzare appieno
la mostra di un videoartista come Bill Viola
bisogna essere disposti a fare un’esperienza di
cinema che non è cinema, di pittura che non è
pittura, di video che non è (solo) video:
un’esperienza, invece, di intensificazione e
riscoperta della percezione.
E di
meditazione.
“La mia arte è un’espansione dei livelli di
realtà”, dice infatti Viola. Entrare alla
mostra è già di per sé un’esperienza: le grandi
sale sono immerse nel buio, il silenzio è rotto
soltanto dai suoni che provengono dai video. Il
pubblico bisbiglia sottovoce.
Ogni video
dura un tempo lungo, che permette e favorisce la
riflessione: riflessione sulla tecnica, sul
movimento, sulla lentezza, sul trascorrere delle
cose, sul nascere e il morire,
sull’apparire allo sguardo e lo svanire,
sul passato dell’arte e sul presente.
D’improvviso il tempo sembra sospendersi,
fermarsi, ripiegarsi su se stesso. E’ questa la
disposizione che la mostra chiede, uscire fuori
dal tempo, dal nostro maledetto
Chronos, che ci schiaccia, che
ci padroneggia con la sua implacabilità. Qui
siamo invece in un altrove: “Tutta l’arte è
contemporanea – dice ancora Viola – E’
senza tempo, universale ed eterna”.
Molte opere
di Viola derivano da suggestioni pittoriche:
l’artista americano aveva infatti cominciato il
suo percorso proprio a Firenze, quando, appena
ventitreenne, era venuto a lavorare in una
società di arte elettronica, negli anni
Settanta. In Toscana aveva
scoperto la profondità dell’arte, e anche la sua
magia: nella chiesa di Santa Felicita, davanti
alla Deposizione del Pontormo, quella
citata da Pasolini nella Ricotta, lo
choc fu violento: “Uscendo mi domandai
che cosa avesse fumato il pittore
per dipingere quei rosa, per dipingere quegli
azzurri incredibili. Sembrava avesse lavorato
sotto l’effetto dell’LSD”. Quelle immagini,
fossero un altro Pontormo, quello della
Visitazione, o il Cranach del dittico
Adamo/Eva, o l’allucinato Paolo Uccello del
Diluvio universale e recessione delle acque,
o, ancora, il Masolino del Cristo in Pietà
di Empoli, sono state poi all’origine di
altrettanti video: da The Greeting (Il
saluto, 1995) al dittico Man Searching
for Immortality/Woman Searching for Eternity
(Uomo alla ricerca dell’immortalità/Donna
alla ricerca dell’eternità, 2013), da
The Deluge (Il diluvio, 2002) fino
a Emergence (Emersione, 2002).
Scolpire
il tempo: questa è la più suggestiva definizione
che Bill Viola ha dato della sua attività di
videoartista. E in effetti si può dire che
la materia prima dei suoi lavori è il tempo.
L’intensificazione emotiva e mentale della
percezione della dimensione temporale delle
immagini (attraverso la dilatazione, la
ripetizione, il rallentamento, la fluidità
sensoriale degli effetti cromatici e luminosi,
la spazializzazione dislocata) sta alla base del
suo inconfondibile stile estetico caratterizzato
da una peculiare tensione verso l’ineffabile e
l’indicibile.
Questa
particolare tensione espressiva e formale crea
le condizioni per la messa in scena di profonde
e inquietanti meditazioni visive su questioni
esistenziali e metafisiche fondamentali.
L’artista si interroga sulla vita, la morte, la
trascendenza, la rinascita, il destino
individuale e collettivo, il rapporto fra la
realtà esterna e quella interiore. E lo fa senza
cercare di dare delle risposte, che sono al di
là della nostra portata.
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?
il titolo del grande dipinto di Gauguin del
1897, potrebbe funzionare anche per Viola, in
particolare per la complessa e spettacolare
installazione multivideo
Going Forth By Day (2002) che è l’opera
centrale intorno a cui ruota tutta la sua mostra
antologica aperta attualmente al Grand Palais di
Parigi.
In questa
installazione ambientale, che si presenta come
una vera e propria sinfonia visiva (ma dove
anche la dimensione sonora è essenziale) tutti i
temi chiave della sua ricerca sono messi in
gioco attraverso cinque proiezioni simultanee,
della durata di 35 minuti ciascuna. Sono delle
visioni e delle narrazioni sospese e
enigmatiche, di intenso impatto allegorico, che
si sviluppano con andamenti temporali variati:
l’emergere di una figura umana dalla fluidità
informe della luce e del fuoco (Fire
Birth); una sequenza senza inizio né fine
di individui che camminano in slow motion
attraverso un bosco (The
Path); un edificio con delle persone che
stanno andando via prima di una catastrofica
alluvione (The Deluge);
la fine della vita terrena di un vecchio, in una
casa in riva all’acqua (The
Voyage); e infine la paura e la speranza
di una nuova alba (First
Light).
Il rischio
di una eccessiva retorica simbolista è evitato,
perché il tutto è immerso in un’atmosfera visiva
e sonora straniante, aperta alle più diverse
interpretazioni. L’incanto estetico di questo e
degli altri lavori di Viola deriva dal fatto che
le immagini sono percepite simultaneamente come
ferme e in movimento, o meglio galleggiano, per
così dire, fra staticità che si muove e
movimento frenato, sempre all’incrocio fra
spazio e tempo. In altri termini si tratta di un
linguaggio che rimanda da un lato alla pittura e
dall’altro al cinema, ma non è né l’una né
l’altro, o se si vuole le due cose insieme. E
questa è una delle più specifiche
caratteristiche della videoarte (insieme alle
strategie di spazializzazione installativa) di
cui Bill Viola è uno dei maestri seminali,
perché non ha mai dimenticato la sua formazione
di pittore anche quando mette a punto nel tempo
una raffinata capacità tecnica nell’uso dei
mezzi video (da quelli più semplici degli Anni
70 a quelli digitali più sofisticati di oggi).
La
mostra al Grand Palais inizia con un semplice
video del 1977/79 su un solo schermo, che forse
rimane il capolavoro dell’artista. Si tratta di
Reflecting Pool,
dove l’apparente semplice visione di un uomo che
si tuffa in una pozza d’acqua, si trasforma in
un evento magicamente enigmatico, dove l’acqua,
con i suoi riflessi e la sua essenza fluttuante,
diventa il vero medium ottico, metaforico e
simbolico, della visione dell’esistenza
dell’uomo. Viola ha raccontato che all’origine
di questa sua fascinazione e ossessione per
l’acqua c’è un episodio d’infanzia, quando aveva
rischiato di annegare. E l’acqua come principio
di vita (di nascita o rinascita) ma anche come
elemento di distruzione e morte, diventa il
principale elemento caratterizzante del suo
lavoro (anche il fuoco ma in minor misura), in
un certo senso consustanziale alla concezione
«liquida» delle sue immagini video.
Tra gli
altri lavori più significativi in relazione alla
pregnanza simbolica dell’acqua sono da citare
Tristan’s Ascension
(2005) e la sequenza dei sette video dedicati ai
Dreamers (2013). Il
primo (che fa parte delle installazioni per la
messa in scena di Tristano
e Isotta di Wagner) è un’impressionante
visione, su uno schermo gigante verticale, di un
uomo nudo che con epica lentezza emerge piano
piano nell’acqua scrosciante di una cascata. I
Dreamers sono
invece sette persone immerse in acque calme, che
fluttuano lentamente forse annegati o forse
dormienti, o forse come i neonati nel liquido
amniotico: tra la vita e la morte.
In mostra
ci sono anche alcune installazioni con video e
veri oggetti. La più bella è
The Sleep of Reason
(un omaggio a Goya), del 1988, dove si vede in
una stanza un mobile con una lampada e un
vecchio televisore che trasmette in bianco e
nero la scena di un uomo che dorme. Ogni tanto
la luce della stanza si spegne e sulle pareti
compaiono, come degli incubi onirici, dei flash
di immagini drammatiche appena riconoscibili.
NAPOLI - Se Bill Viola, genio poetico
della videoarte, è considerato una sorta di
Caravaggio hi-tech, capace di indagare su
schermi al plasma il forte realismo di
un'umanità contemporanea in balia di tormenti ed
estasi esistenziali, non può che essere uno
spettacolo intrigante e imperdibile vedere i
suoi video per una volta in stretto dialogo col
Caravaggio originale, La Flagellazione del Museo
Capodimonte. E' qui che l'artista newyorchese
doc, classe '51, affronta la sua prova più
audace proponendo, dal 30 ottobre al 23 gennaio,
sei video realizzati negli ultimi dieci anni,
allestiti negli spazi della Sala Causa del
Museo. Sono "The Quintet of
the Astonished" e "Union" del 2000,
"Observance" del 2002, "The Raft" del 2004,
"Transfiguration" del 2007, "Three Women" del
2008. Lo abbiamo intervistato.
Prima di tutto, cominciamo con una domanda
doverosa su Caravaggio. Qual è secondo lei la
sua bellezza, il suo fascino, il suo potere
artistico e il suo segreto?
Caravaggio possedeva un'inestinguibile e
frenetica energia che sembrava emergere da
radici sepolte nella profondità della terra. Per
lui, vita e arte potevano essere vissute a pieno
solo sul filo di un implacabile rasoio sospeso
tra vita e morte. Caravaggio era ossessionato
dall'incarnazione. La sua più grande impresa è
stata la miracolosa fusione di pigmenti e carne.
Nei suoi quadri egli portava la Sacra Famiglia e
i Santi giù sulla terra e gli dava un posto
sulla strada, con noi. Egli dava un senso
profondamente materiale, viscerale
all'invisibile mondo spirituale, permettendogli
di esprimersi nel suo giusto posto tra il corpo
e l'anima.
Ci può spiegare il suo rapporto con
Caravaggio vissuto al Museo di Capodimonte?
E' uno straordinario onore per me proporre il
mio lavoro in un contesto museale così
importante dov'è conservata l'opera di
Caravaggio. Molti artisti contemporanei non
fanno che immaginarsi come potrebbe essere
l'esperienza di un dialogo ravvicinato con i
grandi maestri del passato. E questa mostra lo
ha reso possibile per me. Undici anni fa, dopo
la morte di mio padre, ho cominciato seriamente
a riflettere sull'arte degli Antichi Maestri,
dal tardo Medioevo al Barocco. Lacrime e
emozioni profonde sono diventate le mie guide.
Questo è accaduto quando ho realizzato che
un'opera d'arte è qualcosa di vivente, eterna e
costantemente in trasformazione col passare
degli anni, capace di svelare sempre nuovi
segreti. Ecco, in questo periodo così intenso,
Caravaggio e gli altri artisti della storia mi
hanno insegnato che tutta l'arte è
contemporanea.
Lei mette in scena sei video realizzati
nell'ultima decade. Come entrano in contatto con
l'opera di Caravaggio?
Abbiamo progettato un bellissimo programma
espositivo che guiderà il pubblico in un viaggio
attraverso una serie di ambienti che incorporano
sei dei miei lavori dell'ultimo decennio. I
pezzi scelti riguardano alcuni dei lavori fatti
dopo la scomparsa di mio padre, così come pezzi
più recenti creati sui temi universali della
trasfigurazione e della rinascita. Sono sicuro
che Caravaggio vi troverà molti legami con la
sua opera. Mi vien da pensare che sarebbe
un'ottima idea lasciare accesi i video fin dopo
la mezzanotte così che lui possa venire nelle
stanze del museo da solo, con calma, a guardare
i lavori.
Che cosa rappresentano i suoi video? Quali
sono i temi, i sentimenti, gli elementi vitali
che vuole indagare?
Sono interessato alla "soglia", agli ingressi,
specialmente a quei limiti tra ciò che è dentro
e ciò che è fuori della condizione dell'essere.
Uso videocamere e computer digitali per fare
arte perché, come noi, sono fatti di materiale
fisico tangibile, così come di una scintilla
eterea e intangibile. Sono come il corpo e
l'anima. Preferisco transizioni indistinte e
limiti informi piuttosto che situazioni
concrete. Mi piacciono le stanze vuote, il
crepuscolo, un sorriso misterioso, una
destinazione sconosciuta, una canzone
dimenticata, un secondo pensiero, una
indeterminata quantità di tempo. Penso che sia
meglio studiare l'oscurità piuttosto che capire
la luce. Credo in Bubbha quando dice che né il
fuoco, né il vento, né la nascita o la morte
possono cancellare le nostre buone azioni. Credo
che non l'acquisizione o la conservazione della
Conoscenza, ma la presenza dell'eterno mistero
ci porti avanti. Credo al poeta sufi Rumi quando
dice che la ferita è il posto dove la luce ti
penetra dentro. Credo che le lacrime siano
l'espressione più alta dell'essere umano. Credo
che gli esseri umani siano stati posti sulla
terra per ispirarsi l'un l'altro. E sono sicuro
che il gap dello spazio vuoto tra di noi sia la
ragione per la quale abbiamo così bisogno di
toccarci.
Notizie utili - "Bill Viola Per Capodimonte",
Museo di Capodimonte, dal 30 ottobre al 23
gennaio 2011, Napoli. Il progetto, si svolge
nell'ambito delle manifestazioni per il quarto
centenario della morte di Caravaggio.
Orari: tutti i giorni, 8.30-19.30, chiuso
mercoledì.
Ingresso: intero €5 solo mostra, ridotto €2,50
(solo mostra); integrato museo intero €10,
ridotto €5.
Informazioni e prenotazioni: 848.800.288.
Staff Museo
d'Arte dello Splendore |