VAsto,
13.6.2017 -
Si inaugurerà il 16 giugno a
Vasto, presso la sala Mattioli del Palazzo
Mattioli in Corso de Parma, la personale del
Maestro Pino Procopio che porterà i visitatori
in un viaggio nel mondo fantastico del
movimento, della irrealtà e della introspezione.
Mi piacerebbe esordire chiedendo fantasticamente
ad un bambino cosa risalta all’occhio se osserva
una opera del Maestro Pino Procopio. Mi
risponderà prontamente che è attratto dal
colore. Se a quel bambino chiedo di far posto
all’adulto e gli porgo la medesima domanda,
quell’adulto mi risponderà che ciò che risalta
sono delle figure colorate, dettagliando quindi
la qualificazione più semplice data dal bambino.
Per cui diviene doveroso chiedere all’uomo di
far posto all’avvocato ponendo la medesima
domanda: cosa risalta all’occhio osservando
l’opera del Maestro Pino Procopio? Egli farà
riferimento alla solo apparente e formale
confusione che risiede nelle opere stesse. Come
se fosse un invito al rispetto e alla
applicazione delle regole per mettere ordine e
provare a vivere una vita normale. Una normalità
che è categoria dello spirito solo per coloro
che ritengono di doversi uniformare alla massa e
non contribuire con la propria individualità e
la propria singolarità all’evolversi del mondo.
Ebbene, tutti i soggetti interpellati allora,
saranno concordi – ciascuno con il proprio
linguaggio precipuo e peculiare – nel ritenere
che ciò che vedono non è banale.
Sarà chiaro che la rappresentazione contenuta in
quei ginecei colorati e profondamente
multicromatici fatti di linee, figure e tinte
vistose ed accecanti non potrà che dare diretto
sfogo alla ironia. Una ironia che è il filo
conduttore dell’estro creativo del Maestro e che
è capace di spingere l’uomo a guardare il mondo
come se fosse un bambino. Ciò qualificherà le
figure distorte e deformate, frutto di una lente
di ingrandimento su di una vita quotidiana
legata alle regole dell’egoismo e della
sopraffazione, ove il leone appare innamorato ma
esprime questo sentimento accecante ed
annientante insieme, in modo diverso dal
capitano che osserva la sua sposa lasciva ed
oscena in una immagine di inizio secolo
allorquando, il bianco e il nero erano già
strabilianti per il loro dinamismo che diventerà
presto colore. Immagini che non hanno un tempo e
che non hanno uno spazio come se si librassero
senza confini e senza età a testimoniare una
produzione d’arte che appassiona riflettendo
sentimenti di grande ilarità ma anche di
indagine intima nelle storture del mondo;
immagini che saranno più spigolose se dirette
alla descrizione dell’universo incontaminato dei
cattivi pensieri sdentati e pungiformi e più
ampollose e curve allorquando ci faranno godere
della fotografia di un sentimentalismo schietto
e vivace, tipico di menti aperte e profondamente
anticonformiste.
Una opera del Maestro Pino Procopio riempie: una
stanza, un muro, un luogo, un mondo, una vita,
una giornata. Proietta quelle immagini che a
primo impatto possono sembrare strane e
insignificanti in un contesto fatto di storie,
desideri e obiettivi anche di carattere sociale,
popolare e profondamente moderno. La sua chiave
di lettura è data dall’ironia, dall’umorismo e
dal dinamismo che trasportano l’uomo comune nel
mondo onirico, nel mondo dei sogni di ognuno.
Sogni che possono essere incubi deformi del
vivere quotidiano fatto di razzismo, consumismo,
amori virtuali ma sempre espressioni di vita: la
medesima vita di ogni uomo che, comunque, è
stato un bambino!
Gianfranco
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