GIULIANOVA, 8.10..2018
-
"AC
Milan comunica di aver
sollevato Marco
Giampaolo dall'incarico
di allenatore della
Prima Squadra. Il Club
intende ringraziare
Marco per l'attività sin
qui svolta e gli augura
i migliori successi
professionali".
Questo lo scarno e
classico comunicato con
il quale il Milan ha
ufficializzato nel tardo
pomeriggio odierno
l'esonero di Marco
Giampaolo, legato alla
società rossonera da
contratto fino a giugno
2021 con opzione per
il 2022.
L'allenatore giuliese,
nonostante la vittoria
di Genova e i 7 punti in
classifica, non è
riuscito a salvare la
sua panchina, diventata
troppo bollente, e
conclude la sua
esperienza rossonera
dopo 7 giornate di un
campionato che avrebbe
dovuto essere di
transizione con un
programma di medio e
lungo termine nella
ricostruzione di una
società gloriosa che,
finita in mani
straniere, aveva dovuto
rinunciare alla
partecipazione alle
Coppe europee per
dissesto finanziario.
Proprio la condizione
ideale per ripartire
dalle fondamenta ha consigliato
il Direttore dell'Area
Tecnica,
Paolo Maldini, di puntare
fortemente su Giampaolo,
notoriamente allenatore-programmatore.
Anche a causa della fame
di successi di una
piazza abituata a titoli
nazionali e
internazionali come
poche altre al mondo ed
evidentemente non bene e
sufficientemente
preparata da chi di
dovere a una stagione di
attesa e di sacrifici, l'investimento tecnico-programmatico
non ha avuto successo
sia per una serie di
concause oggettive sia per una serie di errori
di Giampaolo e,
soprattutto, della
dirigenza, al cui
vertice
sono saliti, nella
nostalgica rincorsa ai
fasti dei tempi
migliori, giocatori dal
passato illustre, quali Maldini e Boban, ma
dalle esperienze modeste
in specifici ruoli di
grandi responsabilità.
Giampaolo, dopo un
calciomercato
contraddittorio in cui
aveva chiesto giocatori
di determinate
caratteristiche
vedendosene arrivare
altri di caratteristiche
diverse e che
probabilmente ha
provocato una frattura
insanabile in primis con Boban,
ha probabilmente
commesso il maggiore
errore di essere stato
troppo fedele alla sua
inflessibile coerenza
ideologica e di rimanere "integralista"
(per definizione di alcuni
addirittura "talebano")
nel pretendere di
impostare un discorso di
"universalità" degli
elementi a disposizione,
vale a dire di sapere
svolgere più ruoli in
campo, proprio
nell'obiettivo di una
crescita graduale
nel tempo del Milan che
pure l'anno scorso aveva
sfiorato l'ingresso in
Champions Ligue con
Rino Gattuso (a sua volta in
rotta di collisione con
Maldini).
In parole povere, il
tecnico di Giulianova ha rincorso,
rendendosene quasi
schiavo e vittima, un
sogno fin troppo
idealista per il livello
njon eccelso
dell'organico,
tanto che la squadra non
ha quasi mai espresso il
verbo predicato da
Giampaolo al quale è
stata mossa l'accusa di
voler adattare le
caratteristiche degli
uomini a disposizione ai
suoi schemi e alle sue
idee e non viceversa.
Diversi i giocatori che
sono entrati in stato
confusionale, rendendo
neanche la metà rispetto
allo scorso anno, e
presumibilmente
contribuendo, per
questo, alla deriva
verso l'esonero
dell'allenatore.
Giampaolo, difendendo
rigidamente e
strenuamente le sue
idee, ha dato
l'impressione di gestire
in maniera emotivamente
stizzosa la pressione di
una piazza difficile ed
ha avuto - aspetto non
secondario - un
rapporto stridente con
la stampa. Una stampa
che ha vissuto le glorie
del passato o che è
cresciuta all'ombra
delle glorie del
passato, e che si è
dimostrata persino
corporativa nelle
critiche, spesso feroci, al tecnico.
Quello che rimarrà di
questa esperienza,
purtroppo, sarà
l'etichetta di "non
essere un allenatore da
grande squadra" che
Giampaolo si porterà
dietro di qui in poi, nonostante la
sua maniacale
professionalità e le sue
indubbie capacità. E
dire che, prima
dell'avvento di Roberto
Mancini, in molti lo
reclamavano alla guida
della Nazionale da
ricostruire!
Ora
al Milan va Pioli, un
"normalizzatore" ma una
scelta di ripiego del
ripiego che avrebbe
dovuto essere Spalletti. |