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Numero 3 - Marzo
 
il profilo

 

 

Martina Fiorà è nata a Giulianova il 2 ottobre (proprio come Ghandi) del 1995.

 

Il suo innato spirito gandhiano l’ha portata sin da piccola ad essere attiva nel sociale e ad iniziare le prime attività di volontariato all’età di 16 anni, con la Croce Rossa Italiana di Giulianova. Martina ha frequentato il liceo delle Scienze Sociali, presso il Polo Liceale Statale Saffo di Roseto degli Abruzzi.

 

La sua forte passione si è dimostrata nel corso degli anni, a tal punto da essere stata premiata per ben due volte tra gli studenti con la media più alta di tutto il liceo, finendo anche sulla stampa locale.

 

Dopo il liceo si è iscritta al corso di laurea triennale in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali dell’Alma Mater Studiorum di Bologna. In seguito ha frequentato il Master a Londra presso la Brunel University London in Anthropology of International Development and Humanitarian Assistance.

 

Essendo un’amante delle culture oltre che una grande esploratrice (le piace infatti autodefinirsi ‘la ragazza con la valigia in mano’), il 15 maggio 2019 è partita due mesi da sola per il Ghana, dove ha condotto la ricerca di tesi e fatto volontariato.

 

Neanche il tempo di rientrare in Italia che è dovuta subito partire per la Francia, ancor prima di terminare il Master a Londra, per andare a lavorare presso un’associazione che si occupa della gestione amministrativa e sociale dei richiedenti asilo e rifugiati. Ad oggi svolge ancora lo stesso lavoro a Strasburgo, capitale europea.

 
 
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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2021

 

di Ludovico Raimondi
 
Operatrice dell'accoglienza a Strasburgo

Martina Fiorà, una luce giuliese nella Capitale d'Europa

 

 

MARZO 2021 - Lei ama definirsi la "ragazza con la valigia in mano", perchè, giovanissima, ha iniziato a scoprire il mondo da sola, con grande coraggio e una visione dell'umanità e della natura a tutto tondo, alla ricerca di se stessa e del suo karma, nell'accezione originale del termine di buona azione. Finché non è arrivata l'occasione di trasferirsi a Strasburgo, l'ultima meta del sentiero  lungo il quale ha camminato con ogni passo scandito dal battito del suo cuore.

 

E' lì, nella Capitale Europea, che Martina Fiorà, giuliese venticinquenne, vive e lavora nel campo del sociale, guidata spiritualmente e idealmente dal suo mantra intimo, il pensiero del Mahatma Gandhi, con il quale è fiera di condividere il giorno della nascita, il 2 ottobre. Un segno del destino.

 

Imparando a conoscerla, Martina rivela qualità umane, culturali e professionali non comuni e Giulianova può ben fregiarsi di una rappresentante di cotanto valore all'estero, per di più nella Capitale d'Europa.

 

 

Martina con la famiglia nel giorno della proclamazione a Westminster Abbey, a Londra. Da sin.: il fratello Stefano, che abita e lavora a Ginevra, dove si occupa di marketing presso la Procter & Gamble, la mamma Lina Di Sante e il papà Luciano

 

 

Martina, in cosa consiste il tuo lavoro a Strasburgo?

Lavoro presso una NGO locale, con diverse sedi sparse in tutta la regione, che accompagna i richiedenti asilo e rifugiati durante il loro percorso in Francia. Per l’esattezza, oltre a supportarli nella loro vita quotidiana favorendo la loro integrazione nella comunità, li accompagno anche nel loro percorso legale con la Prefettura, OFPRA (Ufficio Francese per la Protezione dei Rifugiati e degli Apolidi), CNDA (Corte Nazionale del Diritto d’asilo) ed altre azioni amministrative. Affinché la loro richiesta di ottenere l’asilo, ovvero il titolo di soggiorno, venga accettata è importante che mostrino interesse e impegno nell’integrarsi nella società, quindi cerchiamo di aiutarli per quanto possibile da questo punto di vista. Dall’altra parte, la risposta deve ovviamente essere ufficiale e venire dai piani superiori, quindi li aiutiamo, prima della convocazione, con delle interviste in cui poniamo le stesse domande che potrebbero essere loro poste all’OFPRA, li aiutiamo anche nel fare il ricorso nel caso in cui la risposta dovesse essere negativa etc. È un lavoro che mi stimola molto perché non ho una giornata tipo, decido la giornata in base agli impegni delle famiglie delle quali sono responsabile, generalmente tra le 12 e 15 massimo. Ogni operatore dell’accoglienza decide come svolgere il proprio lavoro. In generale i miei colleghi preferiscono restare in ufficio, io invece vado alla ricerca continua del lato più umano.

Quanto la pandemia ha ingigantito il problema dell’emigrazione e dei disagi sociali? E le prospettive quali sono, toccando con mano la situazione?

La pandemia da questo punto di vista ha avuto notevoli conseguenze e le prospettive in concreto sono due: il verificarsi di una nuova forma di immigrazione interna al paese e l’aumento dell’arrivo di singole persone che, una volta terminato il virus, a mio avviso verranno raggiunte dal resto della famiglia. Nonostante la situazione sia leggermente migliorata rispetto al primo lockdown, le frontiere continuano ad essere chiuse, Prefettura compresa, non permettendo ai richiedenti asilo di avanzare nel loro processo per ottenere o meno il titolo di soggiorno. Tutto ciò ha portato ad un aumento di isolati, termine tecnico per riferirsi a singoli individui, e non più di famiglie intere, come accadeva prima del COVID-19. È più facile per gli uomini dormire nella foresta di notte da soli e tentare più volte di attraversare illegalmente il confine, piuttosto che farlo con tutta la famiglia. COVID-19 o meno queste persone fuggono dalla morte, per loro il virus non è motivo di ostacolo o paura e questo mi rincuora.

 

Una foto di Martina insieme ai colleghi durante un periodo di formazione a Narbonne, al sud della Francia

 

Ti riconosci un “innato spirito gandhiano”, tanto da rimarcare la coincidenza del tuo giorno di nascita con quello del Mahatma. In che cosa, particolarmente, hai scoperto questa affinità?

Ovviamente non sono e non sarò mai come Gandhi, ma mi piace pensare che la data della mia nascita non sia una pura coincidenza rispetto a quella che sono e al mio carattere. Ho scoperto Gandhi dopo aver letto, per caso, il suo aforisma: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Per me questo non è un semplice aforisma ma da anni è diventato il mio mantra di vita. Molte persone hanno la grande abilità di criticare e giudicare gli atri senza far niente di concreto per mostrare il contrario. Gandhi invece dà una lezione di vita grandissima, spronando ognuno di noi a fare meglio, ogni giorno sempre di più. Siamo tutti a conoscenza della situazione climatica nella quale ci troviamo. Seguendo il mantra gandhiano sono diventata vegetariana da ormai diversi mesi, compro locale e second-hand, vado ogni giorno a lavoro a piedi o in bici (ad eccezione di un tratto obbligatorio in treno), etc. In molti mi prendono per pazza, a partire dai miei genitori e amici, ma non ho mai pensato un secondo di mollare. Ogni nostra azione, anche la più piccola, ha inevitabilmente degli effetti sugli altri. Alcuni si vedono nell’immediato mentre per altri bisogna aspettare. In questo ci rivedo ancora una volta Gandhi: investire e privilegiare le relazioni umane e il contatto con la natura, piuttosto che le cose materiali e inanimate. Il mio stile di vita eco-friendly è solo una conseguenza del mio amore per l’umanità e per la natura. Come dice Gandhi “Qualsiasi cosa tu faccia potrebbe non fare alcuna differenza, ma è molto importante che tu la faccia.” La lezione più grande che mi porto a casa ogni giorno è il coraggio di lottare per le cose in cui credo senza farmi condizionare dal giudizio della gente, positivo o negativo che sia.

Cosa si scopre dell’essere umano e del mondo che lo circonda attraverso il tuo lavoro?

Indubbiamente si scopre la forza dell’essere umano. La cosa principale infatti alla quale spesso non si presta attenzione è la resilienza. Grazie al mio lavoro ho scoperto come la resilienza sia universale, appartiene veramente a tutti senza alcuna distinzione. Ho sentito storie di mamme incinte dormire per strada d’inverno con zero gradi, famiglie intere camminare per giorni in mezzo alle foreste per riuscire ad attraversare illegalmente il confine, padri arrivati in nave mentre la famiglia è arrivata con un pullman clandestino pagato metà alla partenza e metà all’arrivo per essere sicuro che tutti arrivassero sani e salvi nella giusta destinazione, mamme violentate davanti ai figli, etc. I motivi per i quali queste persone decidono di lasciare il loro paese sono tanti e tutti diversi, ma hanno un fattore in comune: la resilienza di andare avanti e trovare rifugio in un posto più sicuro. Si scopre anche la fragilità dell’essere umano e il bisogno innato di sentirsi amati e protetti.

 

Martina in classe durante il suo volontariato nella scuola in Ghana

 

Il volontariato è ciò che si sente o ciò che si pensa sia altruismo e solidarietà?

Il volontariato è entrambe le cose, sia ciò che si sente sia altruismo e solidarietà. Sono tante e tutte diverse le ragioni per le quali le persone scelgono di iniziare a fare volontariato, tra queste ci sono anche le brutte intenzioni, se così possiamo chiamarle. Alcuni decidono di fare del volontariato solo per arricchire il proprio CV, altri per aumentare la propria autostima, altri si sentono in dovere di aiutare il prossimo, il classico white saviour complex (complesso di superiorità dei bianchi). A tal proposito sono molti i dibattiti attivi tra le persone impegnate nel sociale. Personalmente credo non sia giusto dare la possibilità a chiunque di fare del volontariato. Chi si trova in uno stato di bisogno sente la necessità di avere qualcuno di sincero e vero al proprio fianco, semplicemente per sfogarsi, o sentirsi protetto e al sicuro. Quando il volontario è spinto da false intenzioni ovviamente non sarà mai empatico, o non abbastanza, e questo lo porta inevitabilmente a non svolgere come dovrebbe l’attività di volontariato.

Si può prendere a prestito il titolo del libro di Susanna Tamaro “Va dove ti porta il cuore” per spiegare la tua vocazione al sociale?

Direi che titolo più adatto per spiegare la mia vita credo non ci sia. Tutto iniziò per l’esattezza quando venni a conoscenza di tutto il male che una grande multinazionale provoca in Africa. Da quel momento mi sono ripromessa che avrei fatto anche l’impossibile per cercare di migliorare la situazione, iniziando dal porre fine a queste morti ingiuste. I bambini sono gli adulti del domani ed è nostro diritto cercare di proteggerli e salvaguardarli il più possibile. Sin da quando sono piccola lotto per i miei ideali, porto avanti in silenzio le mie battaglie e vado dritta per la mia strada. Non scorderò mai quando mia madre mi iscrisse a mia insaputa al liceo Marie Curie ed io già con grande determinazione le spiegai di come le materie scientifiche non sono la mia passione, sono da sempre stata portata per quelle umanistiche. Così, insieme andammo al Marie Curie a cancellare l’iscrizione e subito dopo ad iscrivermi al liceo delle scienze sociali.

Ho da sempre desiderato lavorare con gli immigranti e richiedenti asilo, ma in Italia la mentalità purtroppo non è ancora quella più giusta per quanto riguarda l’accoglienza e non ci sono fondi per questo tipo di lavoro. La grinta gandhiana mi ha portata a frequentare il master in Anthropology of international development and humanitarian assistance, presso la Brunel University London. Grazie a questo master ho avuto la possibilità di realizzare finalmente il mio sogno più grande di andare in Africa. Sin da piccola ho il desiderio di visitare l’Africa ma non da classica turista, voglio fare qualcosa di più concreto e significativo: così il 15 maggio 2019 sono partita due mesi per il Ghana, dove ho svolto volontariato la mattina, mentre il pomeriggio ho condotto le ricerche per la tesi.

Più di tutto però il mio cuore mi porta da sempre a scegliere la gentilezza. Molti purtroppo la confondono ancora con la debolezza, io invece penso sia l’arma migliore al mondo, oltre all’istruzione, per sperare in un mondo migliore. Ci vuole coraggio ad essere diversi in un mondo che ci vuole tutti uguali e scegliere la gentilezza è l’atto di ribellione più grande. Come dico sempre la vita è una questione di scelte e io ho deciso di seguire questa vocazione nel mio quotidiano, ogni giorno.

E l’associazionismo è sempre e comunque un sinonimo?

L’associazionismo viene usato come sinonimo di volontariato, mentre la “vocazione al sociale” e il mondo che lo concerne non la ridurrei soltanto a questo aspetto. La vocazione al sociale è un qualcosa di molto più grande, che può essere effettuato in una miriade di forme diverse. In generale sono contraria alle etichette, associazionismo o meno la cosa più importante è fare un piccolo gesto ogni giorno: donare qualcosa di caldo al clochard sotto casa, aiutare il cameriere mentre prende i nostri piatti, riciclare la plastica, cercare di inquinare il meno possibile, etc. Sono tutte azioni sociali che possono essere svolte da singoli individui, senza necessariamente dover essere iscritti ad associazioni. La società attuale ci vuole insicuri e ci porta a far credere di non essere in grado di far niente da soli, quando la realtà non è affatto così. Credo sia importante dedicarsi quotidianamente al prossimo, ma ognuno può farlo in modo diverso e tenendo conto dei vari impegni personali. Molte persone pensano di non fare niente semplicemente perché non iscritti presso tale associazione X o perché non fanno parte di nessun gruppo attivo nel sociale. Il messaggio che mi piacerebbe mandare oggi è quello di smetterla di farci condizionare da questa società che ci fa sentire continuamente sbagliati o non appropriati a determinate situazioni, contesti. Fare del bene non richiede nient’altro che un buon cuore e una buona anima pronta all’ascolto e all’azione.

 

Foto emblematica della vita e del pensiero di Martina: "Immersa nella natura in Ghana, seguendo il mio percorso, ovvero dove mi porta il cuore" 

 

Tu hai iniziato l’avventura di vita da sola, giovanissima, in terre lontane. L’intraprendenza è coraggio o sana incoscienza?

Bellissima domanda. Per me l’intraprendenza è la consapevolezza di poter realizzare tutti i nostri sogni e avere il coraggio di lottare affinché si avverino. Ho sempre preso ogni singola decisione, anche la più piccola, con cura, attenzione e logica.

Sono partita di casa la prima volta all’età di 18 anni per iniziare l’università a Bologna, perché in Abruzzo la facoltà di Antropologia non esisteva. Per me fu un colpo duro, non ero abituata a vivere da sola ed avevo tutti i miei affetti a Giulianova. Prima di partire per l’università i miei mi dissero di essere disposti a comprarmi una macchina nuova, da me tanto desiderata. Rimasi spiazzata, non me lo aspettavo per niente e, senza pensarci due volte, rifiutai la macchina e chiesi ai miei genitori di investire quei soldi nell’università. La macchina mi avrebbe portata ovunque in Abruzzo, i libri ovunque nel mondo.

Finita la triennale, mi sono ritrovata di fronte ad un bivio, o meglio il mio paese mi stava mettendo di fronte ad un bivio: inseguire il mio sogno e quindi cambiare paese, o arrendermi e vivere una vita triste e piena di rimpianti a casa di mamma e papà. Presi la decisione anche grazie ad una frase di Mark Twain che lessi un giorno per caso: “Sail away from the safe harbour. Catch the trade winds in your sails. Explore. Dream. Discover”. Era come se quelle parole cercassero di dirmi “Martina vai, lascia il tuo amato porto di Giulianova, lascia la tua famiglia e i tuoi amici. Parti e prendi il rischio di perderti, finirai per iniziare a conoscerti davvero”. Così sono partita per Londra, dove ho iniziato davvero ad esplorare, sognare e scoprire la città, il mondo e anche me stessa. Per molti ero la classica ragazza incosciente in giro per il mondo semplicemente perché non condivido il lato professionale sui social, in realtà in silenzi e a piccoli passi stavo (e sto tutt’oggi) costruendo il mio futuro, da sola e con tanti sacrifici.

Vivere a Strasburgo, capitale europea, è stata una destinazione “inevitabile” per uno spirito e una visione del mondo come i tuoi?

In realtà ci sono finita molto per caso, è stata la mia “vocazione al sociale” a condurmi fino a qui. Come ho detto prima sono nata con questo amore inspiegabile e incontrollabile per l’Africa tanto che mi piacerebbe vivere e lavorare lì e per farlo il francese è indispensabile, apre più porte e molte più opportunità lavorative. Nonostante venire a Strasburgo sia stato uno dei traslochi più difficili della mia vita, ad oggi posso dire di essere soddisfatta della scelta fatta e di aver trovato il mio posto nel mondo, per il momento. È bello vedere come la Francia sia pronta ad investire sui giovani e come la meritocrazia non sia solo una vana utopia. Questa città mi sta dando tantissimo. Lo scorso anno prima del lockdown ho partecipato ad una formazione in cui eravamo una trentina di giovani circa in totale, riuniti con il solo ed unico scopo di collaborare per cercare di dare un futuro migliore a chi rischia tutto per cercare rifugio e protezione in un posto diverso dalla loro città natale. Se dovessi descrivere la felicità probabilmente la descriverei con questa frase e grazie a Strasburgo per me la felicità non è più utopia ma parte della mia vita quotidiana.

 

Martina mentre si dedica al Colibrì Onlus di Giulianova

 

Hai iniziato da poco la collaborazione con l’associazione Il Colibrì di Giulianova, che proprio in questi giorni ha presentato la sua nuova iniziativa di aiuti in Senegal. E’ questo che ti ha legata all’associazione o cos’altro? E come partecipi alla sua attività?

La collaborazione con il Colibrì è stata del tutto inaspettata. Nonostante volessi contattarli già da tanto tempo non avevo trovato mai il coraggio, fino a quando un pomeriggio di ottobre mi sono fatta coraggio ed ho contattato Ambra Di Pietro, Presidente del Colibrì. Ambra si è dimostrata da subito disponibile e gentile, ma anche determinata nel rispettare le persone e il paese per il quale lavora. Prima di avviare la collaborazione, infatti, abbiamo fatto una videochiamata in cui era presente anche il suo socio Egidio Casati. Durante la videochiamata abbiamo parlato di come avrei potuto dare il mio contributo concreto, vista la distanza che ci separa. Dato il mio interesse per il mondo dei social e dei siti web, hanno deciso di affiancarmi a Maria Paola. Ad oggi ci occupiamo della sponsorizzazione del Colibrì e della gestione del profilo Instagram. In poco tempo sono già tanti i risultati che stiamo ottenendo e ci reputiamo davvero soddisfatti: abbiamo ingrandito il gruppo, abbiamo aperto un blog sulle “pillole antropologiche”, abbiamo avviato la convezione dei tirocini con l’Alma Mater Studiorum e l’università di Macerata, abbiamo spedito il sesto container in Senegal etc. Sono tantissime le attività in corso e in progetto per il futuro. Devo dire di aver trovare un team davvero speciale, che prende seriamente il lavoro nonostante si tratti di volontariato.

Oltre al Colibrì, che legami conservi e coltivi con Giulianova?

A Giulianova ho ancora i miei amati genitori, i miei amici e tutti gli affetti più cari. In questi 7 anni di lontananza tra cui 4 passati all’estero, mi sono costruita la mia vita altrove che mi rende davvero felice e mi permette di sentirmi a casa nonostante i 1.007 km di distanza da Giulianova. Amo la mia famiglia e i miei amici da morire, ma viaggiando ho capito che, come dice Pino Cacucci, «le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”. Nasciamo per caso in un posto e non deve restare lo stesso per il resto della nostra vita se, per una ragione o l’altra, non ci rende completamente felici. Non rinnego le mie origini e sono orgogliosa di essere nata in Abruzzo, la situazione attuale però purtroppo allontana sempre più giovani che hanno voglia di acquisire le giuste competenze per poi, perché no, un giorno tornare a casa e aiutare la nostra città natale a diventare un posto migliore per i nostri figli o i giovani di domani.

Una ragazza con le tue vocazioni avrà, mi viene da immaginare, anche hobby e interessi particolari...

Più che particolari sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli e interessi. In questo momento a causa delle limitazioni COVID­19 mi sto dedicando molto alle escursioni. In Alsazia ci sono dei paesaggi fantastici e sarebbe un peccato non approfittarne. Durante lo scorso lockdown ho iniziato a studiare la lingua dei segni in francese e a suonare l’ukulele, mi piace perché è facilmente trasportabile e permette a più persone di riunirsi e passare dei momenti di spensieratezza e allegria insieme. In generale mi piace qualsiasi cosa possa essere fatta in gruppo, anche se amo molto (a volte fin troppo) essere sola e passare dei momenti soltanto con me stessa. Da come si è già capito ovviamente mi piace viaggiare e sto già programmando un viaggio da fare in van quando tutto sarà tornato alla normalità.

La domanda d’obbligo ai Giuliesi nel Mondo: se ti dico Cupola di San Flaviano pensi subito a....?

Penso alle colazioni al Gran Caffe dei Baroni con quella vista mozzafiato che rende i cornetti e il cappuccino ancora più buoni, penso al tragitto in treno Bologna - Giulianova del 22 aprile obbligatorio qualunque cosa accadesse per andare alle giostre, penso alle risate e alla spensieratezza delle sere d’estate insieme ai miei amici.

Vorresti aggiungere altro che non ho sollecitato con le mie domande?

Ci tengo molto a ringraziarti per questa opportunità che mi è stata data e farti i complimenti per la pagina e la sezione “Giuliesi nel mondo”, spero possa essere in qualche modo motivo di riflessione e di presa di coraggio per molti giovani che hanno bisogno di una piccola spinta “per prendere in mano la loro vita e farne un capolavoro".

 
(foto poste a disposizione da Martina Fiorà, che ringraziamo)
 

  Testata giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della Stampa del tribunale di Teramo