ROMA,
4.5.2013
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Dalla Fnsi-Unci riceviamo e pubblichiamo:
Milioni nei cassetti degli Ordini dei
giornalisti
di Romano Bartoloni
Presidente del Sindacato cronisti romani
40mila giornalisti negli USA, 37 mila in Francia
segnano le mutazioni epocali del mondo
dell’informazione/comunicazione. Da noi 110mila
con il tesserino dell’Ordine composto dalla metà
di fantasmi, da un terzo di dinosauri in via di
estinzione, e dall’altro terzo di sottopagati.
Un OdG che sopravvive fuori del mondo,
accumulando, senza frutto e costrutto, milioni
di euro spremuti agli associati (senza
distinzioni tra contrattualizzati, precari a due
euro a pezzo e disoccupati) persino con la
complicità di Equitalia. E, intanto, la
categoria è sempre più povera e stremata dalla
dilagante disoccupazione, E tormentata dalle
voglie liberticide del sistema dei poteri con il
digitale facile. L’INPGI rischia la pelle per il
tracollo dei contributi previdenziali di
migliaia di posti di lavoro v! olatilizzati, e
ha prosciugato le riserve proprie e i fondi
pubblici sotto le bombe del ricorso a valanga
agli ammortizzatori sociali. La FNSI non sa più
a chi dare i resti, ingolfata come è negli stati
di crisi, e assediata dai free-lance a paghe
risibili. Senza più risorse per davvero o per
finta, gli editori piangono miseria e lasciano
presagire il peggio sul rinnovo del contratto.
Mentre tanti colleghi non riescono ad arrivare
alla fine del mese, l’Ordine nazionale e alcuni
regionali navigano nell’oro. Con soddisfazione
di via Parigi è stato raggiunto il record del
tesoretto con gli avanzi d’amministrazione dei
bilanci arretrati: ben 4milioni 795mila 185,38.
Segue a ruota l’OdG del Lazio con 3milioni
624mila 725,82 euro. Con la Lombardia in testa
tutti gli altri di livello regionale archiviano
bilanci in attivo a livello fisiologico.
Documenti finanziari faticosamente
rintracciabili nelle homepage nonostante
l’evidenza sia obbligata dalla legge sulla
trasparenza delle amministrazioni pubbliche, la
150/2009. Parzialmente la rispetta l’OdG
nazionale documentando solo incarichi e
compensi.
Purtroppo, sono quattrini intoccabili e non
possono essere destinati alla solidarietà verso
i colleghi a spasso, all’arricchimento culturale
e non solo all’aggiornamento professionale di
routine previsto dalla miniriforma del governo
Monti, alle grandi inchieste di mercato sui
destini dell’informazione/comunicazione e dei
sistemi editoriali multimediali. Sul loro
impiego se ne potrebbe discutere soltanto se
finalmente si sciogliesse l’Ordine ormai in
dirittura d’arrivo elettorale per oltre 500
posti da spartire (compresi i consigli di
disciplina destinatari della deontologia finora
nelle mani dei consigli degli OdG).
La legge ordinistica del 1963, partorita ai
tempi della penna bic, è piena di muffe che la
corrodono. Con i commi f e g dell’art. 20 e
persino con il dl luogotenenziale 382 del 1944,
si legano le mani agli amministratori degli OdG.
Sotto l’occhio vigile del ministero della
Giustizia si debbono spendere soldi solo per il
funzionamento dei consigli salvo gli strappi
alla moda sul filo del diritto per la pletora
di premi giornalistici. Altrimenti potrebbe
mettere bocca la Corte dei conti, perché in
teoria il surplus finanziario dovrebbe essere
restituito agli iscritti agli albi magari sotto
forma di riduzione delle quote sociali.
E allora gli addetti ai lavori come giustificano
i castelletti di avanzo di amministrazione? Al
nazionale si accantona da epoca immemorabile un
fondo per l’acquisto della sede e che ha
raggiunto il tetto di 3milioni 630mila. Sede che
probabilmente non si acquisterà mai (ora in via
Parigi si è in locazione con l’organismo di
famiglia, l’INPGI) e che, tuttavia, le risorse
vengono conservate a futura memoria. Gli altri
quasi un milione e 200mila sono destinati,
come ha spiegato recentemente il segretario
Giancarlo Ghirra, alla formazione professionale
diventata obbligatoria per tutti i 110mila
iscritti, centenari compresi fino a prova
contraria.
Per la verità, anche in questo campo, le
funzioni dell’OdG nazionale sarebbero
esclusivamente di indirizzo, mentre la patata
bollente è nelle mani degli OdG regionali (la
loro autonomia è piena diversamente da quanto
avviene nel sindacato dove le associazioni sono
unite dal patto federativo nella FNSI).
Peraltro, a livello europeo, si sta valutando la
possibilità di aprire la partecipazione dei
corsi anche ad interventi di terzi.
Fra gli Ordini regionali, di gran lunga il più
ricco è quello del Lazio (22mila soci, numero
inferiore solo ai lombardi) con euro accantonati
per 3milioni 624mila e 725,82, più o meno la
cifra messa da parte dal nazionale, e con
destinazione, guarda caso, per l’acquisto di una
sede, peraltro, senza troppa convinzione. |