TERAMO, 2.7.2013 -
Se la Sanità, al
pari della Giustizia, deve essere amministrata
in nome del popolo (e a tutela della sua
salute), il problema del “caso Vicentini” è
proprio questo: che il popolo non è d’accordo
con le decisioni che riguardano la salute dei
cittadini, prese da una Direzione ASL cieca,
ottusa e per nulla trasparente.
È appena il caso di ricordare come la ASL di
Teramo abbia rinnovato la convenzione con
l’Università di Medicina di L’Aquila approvando
un modificato protocollo di intesa che guarda
caso non prevede più la divisione di Urologia e
che, di conseguenza, comporta l’inevitabile
perdita dell’illustre Prof. Carlo Vicentini,
primario storico che non dirigerà più l’Unità
Operativa Complessa di Urologia dell’Ospedale di
Teramo, nonostante sia uno specialista tra i più
noti e affermati della sanità teramana, in
servizio al Mazzini sin dal 2000.
Varrassi invita a
non strumentalizzare la protesta, la qual cosa
suscita sdegno e orrore. Siamo noi ad invocare a
gran voce la depoliticizzazione della sanità,
siamo noi a chiedere di non strumentalizzare – a
fini di distrazione di massa – il caso
specifico, siamo noi a pretendere l’ostensione
di tutta la documentazione che sorregge
amministrativamente la decisione di allontanare
il Prof. Vicentini dal nosocomio di Teramo,
affinché i cittadini possano giudicare la bontà
e l’imparzialità della decisione.
Perché non sono
certo un mistero la reputazione e la fama che
accompagnano il Prof. Vicentini, relative ai
risultati della sua attività professionale oltre
che alla sua statura umana ed alla caratura
intellettuale dello specialista.
E sentir solo
ventilare ipotesi di idiosincrasie fra lo stesso
Vicentini e l’urologo-politico Robimarga, di
polemiche fra Vicentini e Varrassi, di
“vendette” che si consumerebbero alle spalle dei
cittadini e ai danni dei pazienti urologici,
ripugna al comune buon senso.
Il comunicato
diramato dalla ASL di Teramo nel becero
tentativo di arginare una protesta popolare che
– lungi dal sorgere per biechi motivi di lucro
politico – si solleva dal passaparola, dalla
stima e dal rispetto che Vicentini si è
guadagnato sul campo, è una difesa inaccettabile
e come sempre omissiva.
La ASL si sente
libera di esternare considerazioni che non sono
suffragate e supportate dai documenti:
- “Si
è ben visto negli anni che la Sanità locale è il
terreno su cui chiunque sia in odore di
candidatura nella vita amministrativa, entra più
volentieri; nella certezza che alzare il tono
della discussione contro chi gestisce la Salute
dei Cittadini procuri immagine e voti”;
- “È
il caso di ragionare di riduzione della mobilità
passiva.
Quella relativa ad Urologia è molto alta
(€2.576.165,14 nel 2012).
Vale a dire che oltre il 50% dei cittadini
teramani che necessita di cure Urologiche, va a
curarsi in altra provincia”.
Ammesso e non
concesso che possa essere in atto un tentativo
di lucrare politicamente sulla vicenda, una ASL
che si rispetti deve essere pronta ad allegare
tutti i dati e i documenti che dimostrino senza
margini di dubbio che le decisioni adottate
siano inoppugnabili. Deve, ad esempio,
distinguere i dati della mobilità passiva
urologica di Teramo (ammesso che ci siano) da
quelli della mobilità passiva urologica di
Giulianova e di Atri, tanto per cominciare. Deve
fornire i risultati di soddisfazione dei
pazienti e le percentuali degli interventi con i
relativi buoni esiti. Deve motivare le strategie
adottate ed esplicitare i percorsi logici
seguiti.
Se non fa tutto
questo, la ASL perde il diritto di difendersi e
rinuncia alla possibilità di pretendere di agire
per il meglio, consentendo che si fertilizzi il
terreno del dubbio e del sospetto di chi, non
potendo valutare i documenti, ha buon gioco nel
paventare omissioni, reticenze, giochi oscuri,
vendette e tutta la sentina dei vizi umani.
Per questi motivi
anche le scriventi Associazioni si uniscono a
coloro che invocano trasparenza da parte della
ASL nel “caso Vicentini”, e annunciano la
propria convinta adesione ad ogni manifestazione
di protesta nei confronti della direzione
aziendale, almeno fino a quando ogni dubbio in
merito non sia stato ragionevolmente sciolto.
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