TERAMO,
9.1.2013 - Giovedì
10 gennaio 2013, alle ore 21 e in replica
venerdì 11 gennaio alle ore 17 e alle ore 21,
nel Teatro Comunale di Teramo, si svolgerà il
quarto appuntamento dell’VIII Stagione di
Prosa organizzata dalla Società della
Musica e del Teatro “Primo Riccitelli”.
In scena il “Il
discorso del re”
di David Seidler
per la regia di Luca Barbareschi, con
Filippo Dini e lo stesso Barbareschi.
“Dopo aver portato in scena “Il Gattopardo”, ho
sentito il bisogno di approfondire la capacità
del teatro nell’interpretare e rappresentare la
società, soprattutto in relazione alla
descrizione e interpretazione che la
drammaturgia riesce a dare del presente e della
storia, come forma conoscitiva superiore alle
altre, per dirla con Harold Bloom “un
teatro-mondo”. Ha ispirato la mia riflessione un
ritorno a Shakespeare, a quel 1603 che segna una
svolta storica per il teatro inglese.
“Il discorso del re” per me si inserisce in
questo filone dove il teatro resta soprattutto
un inno alla voce e all’importanza delle parole.
La vicenda è ambientata nel XX secolo quando i
mezzi di comunicazione di massa assumevano
un’importanza capitale per il vivere quotidiano
del cittadino, quando poche parole del Re via
radio potevano donare un briciolo di
rassicurazione alla povera gente, specie durante
i conflitti bellici.
La commedia è ambientata in una Londra surreale,
a cavallo tra gli anni 20 e 30, ed è centrata
sulle vicende di Albert, secondogenito
balbuziente del Re Giorgio V. Si parte dai fatti
storici per addentrarsi in un dramma personale,
senza abbandonare mai la storia, che non è
fondale sottofondo ma è presenza imprescindibile
di ogni istante della commedia al fianco dei
protagonisti.
Recentemente ne è stato fatto un film di grande
successo pluripremiato con gli oscar, ma in
origine nasce come testo teatrale. Una commedia
umana, sempre in perfetto equilibrio tra toni
drammatici e leggerezze, ricca di ironia ma
soffusa di malinconia, a tratti molto
commovente, ma capace anche di far ridere. Non
di risate grasse o prevedibili, ma di risate che
nascono dal cervello e si trasmettono al cuore.
Così come le lacrime non nascono da un intento
ricattatorio ma dall’empatia, da una
condivisione sentimentale di difficoltà umane.
E’ una bellissima storia sul senso di
responsabilità e sulla dignità del ruolo, anche
quando tale ruolo non è atteso né desiderato,
sulla solidarietà familiare e sulla forza di
volontà che permette di superare ostacoli
apparentemente insormontabili. Albert è il
minore dei figli di Giorgio V e soffre di una
pronunciata balbuzie, che è il lascito di
un’infanzia poco amata, trascorsa nelle mani di
una bambinaia che lo detesta, mortificata
dall’imposizione di apparecchi ortopedici e
dalla correzione del mancinismo. La balbuzie lo
rende poco adatto al suo ruolo istituzionale in
un’epoca in cui la radio comincia a modificare i
rapporti fra il potere ed il popolo comune.
Forse perché la famiglia reale gli è sempre
apparsa piuttosto una “ditta”, dopo una gioventù
dissipata al traino del fratello maggiore
brillante e gaudente, si è formato una famiglia
basata sull’amore e la solidarietà con una donna
che non aspira alle luci della ribalta, ma che
sarà perfettamente in grado di sostenerlo nei
momenti difficili e di assumersi lei stessa
responsabilità più grandi del previsto.
Proprio lei lo spinge, dopo numerosi tentativi
falliti, a chiedere l’aiuto di un logopedista
australiano dai modi inconsueti, con cui
sviluppa un rapporto conflittuale che fa anche
emergere da una parte la grande considerazione
che Albert ha di sé e della sua posizione,
dall’altra la possibilità che egli si trovi
prima o poi a dover sostituire sul trono il
fratello maggiore, invischiato in un amore
sconveniente con una divorziata risposata e dal
passato discutibile. La morte di Giorgio V rende
più concreta questa possibilità che è però alto
tradimento agli occhi di Albert. Il personaggio
di Logue diventa il punto focale intorno a cui
ruota il conflitto interiore di Albert.
La rinuncia di Edoardo VIII al regno in nome del
suo diritto ad amare, porta Albert sul trono e
contrasta efficacemente con l’accettazione da
parte di questi della responsabilità di essere
la voce che deve tenere unita la Nazione alla
vigilia della seconda guerra mondiale. Per tale
responsabilità Albert è costretto a richiedere
nuovamente l’opera del logopedista, ma alla
vigilia dell’incoronazione scoppia una nuova
crisi. L’arcivescovo di Canterbury, geloso del
credito che l’uomo riscuote presso il re, scopre
che Logue, che non si è mai presentato come
dottore, non è che un ex attore. Albert si sente
tradito ma, in una scena memorabile, Logue,
dignitoso e ironicamente irriverente si
riguadagna la fiducia e la stima del re e lo
accompagnerà fino al temuto discorso con cui
Albert, ormai re Giorgio VI (Albert è nome
troppo germanico per essere bene accetto
nell’Inghilterra di quegli anni) annuncerà al
suo popolo l’entrata in guerra guadagnandosi al
tempo stesso il rispetto del governo e della
nazione”.
Luca
Barbareschi |