TERAMO,
28.1.2013 - Martedì
29 gennaio 2013, alle ore 21 e in replica
mercoledì 30 gennaio alle ore 17 e alle ore 21,
nel Teatro Comunale di Teramo, si svolgerà il
quinto appuntamento dell’VIII Stagione di
Prosa organizzata dalla Società della
Musica e del Teatro “Primo Riccitelli”.
In scena il “Wordstar(s)”
di
Vitaliano Trevisan per la regia di
Giuseppe Marini,
con Ugo Pagliai e Paola Gassman.
“Sebbene poco incoraggiata, quando non
decisamente maltrattata – si legge nelle note di
regia - la nostra drammaturgia contemporanea
mostra, malgrado tutto, importanti segnali di
vitalità da cui si stagliano delle punte
avanzate di cui vale la pena occuparsi. Un
plauso e un ringraziamento particolari, dunque,
al Teatro Stabile del Veneto e al suo direttore
per questa esemplare e significativa
controtendenza.
Wordstar(s) di Vitaliano Trevisan è, lo
affermo subito e con imprudente faziosità, un
testo importante, a suo modo, un classico. In
primo luogo per la sua qualità meta-testuale e
metadrammatrica, capace di fare del medium
usato il proprio tema e la propria
narrazione. Il linguaggio e la scrittura
diventano, in modo autoriflessivo, materiale del
racconto, la forma stessa diventa
sostanza narrativa.
Ulteriore motivo di originalità e fascinazione,
Wordstar(s) è scritto senza
punteggiatura e con gli “a capo” tipici delle
strutture versali e funzionali alla proposta di
una lingua artificiale, ricreata in provetta,
che aspira a farsi distillato purissimo,
partitura. L’artificio è tuttavia così abilmente
condotto e sorvegliato da conservare al
linguaggio il suo simulacro di quotidianità.
A ribadire la centralità tematica della
scrittura, insieme al titolo (“Word” oltre al
suo significato in inglese - parola - è
anche, nel linguaggio del computer, un
programma di scrittura) lavora un
sottotitolo, altrettanto suggestivo: “ritratto
di scrittore come uomo vecchio” (mi è
parso subito il titolo di un quadro di F. Bacon
e questa forte suggestione non ha mancato di
reclamare i suoi diritti e le sue urgenze in
sede scenografica, nei costumi, nell’uso della
luce e del colore, appunto, alla Bacon).
Ma è la scelta dello scrittore a chiudere
coerentemente il cerchio di questa profonda
meditazione sulla scrittura. E quale altro
scrittore se non Samulel Beckett, che ha
dedicato (sacrificato) l’intera esistenza alla
sua irriducibile ossessione per il linguaggio e
che ha spinto la letteratura e il teatro al
limite delle loro (im)possibilità espressive,
portandole al collasso per usura. Lo scrittore
che, partendo dal presupposto che
l’immaginazione è morta e la vena creativa
esaurita, corteggia l’idea della fine della
letteratura e della parola che si
stempera nel silenzio da cui trae origine e a
cui vuol fare ritorno. Lo scrittore più fedele
all’idea dell’arte come fallimento inevitabile
(“essere artista è fallire –
scriveva - così come nessun altro ha il
coraggio di fallire” o ancora “nessuna
capacità di esprimere…insieme all’obbligo di
esprimere”). Tenendosi al riparo dalla
cronistoria o dalla biografia teatralizzata,
Wordstar(s) narra (con libertà immaginativa
che ha consentito possibili e pertinenti
pennellate bernhardiane nella composizione del
ritratto) gli ultimi giorni - o forse
ore - di vita del grande scrittore, colto nella
sua quotidianità comicamente scandalosa. La
vertigine del pensiero e il tormento creativo
dell’artista si coniugano con la tragicomica
goffaggine dell’uomo, letteralmente in mutande,
e di un corpo, cervello compreso, che va in
malora e che impedisce le più elementari
attività quotidiane, come tagliarsi le unghie
dei piedi. Al flusso monologante del
protagonista fanno da contrappunto le due figure
femminili di Suzanne e Billie – la moglie e
l’amante - che nel loro chiacchiericcio post
mortem, logorroico e delirante, sembrano
proprio (e così le ho trattate registicamente)
due creature beckettiane nel loro teatrino
purgatoriale…così da avere sullo stesso
palcoscenico lo scrittore e il suo teatro in un
alternante doppio registro con cui, a mio
avviso, respira il testo-spettacolo.
Analogo trattamento, un po’ meno marcato, per la
figura del giornalista - professore - biografo
Knowson, che vagheggia fortune editoriali sulla
vita di Samuel.
Ringrazio ancora chi ha ritenuto di dover
affidare a me la cura registica di questo atto
di nascita. Nel farlo ha forse tenuto conto di
quella sorta di primo amore per il
gigante irlandese come nulla osta ad occuparsi
di Wordstar(s), o, forse, per favorire un
avvicinamento di due beckettiani incalliti,
quali Trevisan e me…
E grazie a Ugo Pagliai che ha immediatamente
creduto nel progetto abbracciandolo col coraggio
e la spericolatezza del grande artista della
scena…anche se abbiamo immediatamente escluso di
lavorare in maniera mimetica alla costruzione di
questo ritratto, fare Beckett non era uno
scherzo…guardatelo e ascoltatelo: una
meraviglia”.
Note dell’autore
“WordStar(s) – si legge nelle note
dell’autore Vitaliano Trevisan - il più diffuso
programma di scrittura prima dell’avvento di
Microsoft Word. Niente più stelle, solo parole.
Allo stesso modo, come un programma di scrittura
ormai obsoleto, si spegne un vecchio scrittore,
Samuel – direttamente ispirato alla figura e
alla biografia di Samuel Beckett - incalzato dal
ricordo della moglie e dell’amante, entrambe
inaspettatamente morte prima di lui, e
tormentato dalla presenza del direttore di una
rivista di studi a lui dedicata, che cerca di
carpirgli un’ultima “illuminante”
dichiarazione”. |