ROSETO
DEGLI ABRUZZI
(Te), 16.3.2013
-
Con il nuovo Piano spiaggia, Roseto
finalmente volta pagina: un fondamentale
risultato politico per questa Amministrazione e
uno strumento che darà una spinta propulsiva
all’economia cittadina, creando nuove
opportunità di sviluppo e lavoro.
Strumentali e false le polemiche
dell’opposizione sul fatto che il nuovo piano
ridurrebbe le spiagge libere, lo dimostrano i
dati: le spiagge libere sono garantite in un
rapporto del 35,4% rispetto alle rispetto
alle aree in concessione, ben oltre il 20%
previsto dal Piano demaniale regionale e,
includendo l’area di oltre 1.800 metri della
Riserva del Borsacchio, l’uso libero della
spiaggia è assicurato sul 49%
dell’arenile rosetano. Per farsi un’idea basta
un confronto tra le cartografie dello stato di
fatto e del piano presentato dall’ex assessore
Frattari con quelle attuali.
La revoca del precedente piano, deliberata
nell’ultimo consiglio dalla maggioranza,
rappresenta la fine dell’agonia di uno
strumento fortemente avversato dagli operatori
del settore e sospeso con ordinanza del Tar
Abruzzo. Soprattutto, la revoca rappresenta la
fine della poco lungimirante visione della
precedente amministrazione e di una
scellerata politica urbanistica, che ha
prodotto tanti danni su questo territorio: dalla
cementificazione selvaggia di viale Makarska
alla proliferazione indiscriminata delle
antenne, dai dodici anni per adottare la
variante del PRG al disastro, per gli artigiani,
legato all’insediamento della zona artigianale
adiacente al cosiddetto Autoporto.
Si tratta dell’esito di una battaglia portata
avanti per ben tre anni dalle allora forze di
opposizione, il Pdl insieme al gruppo dei
Liberalsocialisti. Una storia infinita che vale
la pena ripercorrere nelle sue tappe essenziali:
nel 2004 viene approvato il Piano
demaniale marittimo regionale, che detta le
linee guida, alle quali i Comuni entro i
successivi 18 mesi si sarebbero dovuti
uniformare nella redazione dei relativi Piani
spiaggia. Nelle more dell’adozione del piano, il
Comune accumula una sequela di diffide;
mentre l’allora maggioranza politica era
totalmente latitante, riuscendo solamente in
extremis ad evitare il commissariamento. La
delibera di adozione del Piano è del 23
ottobre 2007; da questa data
l’Amministrazione impiega altri tre anni
di tempo per valutare le osservazioni pervenute
e arrivare all’approvazione solo nel mese di
Ottobre del 2010: sono passati 3 anni
dall’adozione all’approvazione del Piano!
Tempi biblici per la gestazione di uno
strumento che tra l’altro presentava gravissime
carenze e lacune, tanto da scontentare tutti.
L’amministrazione di allora andò testardamente
avanti per la sua strada, nonostante i nostri
ammonimenti e i ben 400 emendamenti che
abbiamo presentato, evidenziando tutte le
prescrizioni della Regione disattese. Basti
pensare che, al momento dell’adozione, il piano
fu emendato dalla stessa maggioranza e gli
stessi progettisti si rifiutarono di
sottoscrivere gli emendamenti.
Il Piano spiaggia di Roseto è rimasto così
nel limbo per 5 anni, determinando
gravissimi ritardi nello sviluppo del settore
turistico e balneare cittadino. Sono stati
spesi 5 anni e quasi 100mila euro di risorse
pubbliche per arrivare al nulla, mentre
l’attuale amministrazione è riuscita ad
elaborare e ad adottare il piano in tempi
record, ad appena un anno e mezzo
dall’insediamento e attivando tutte le richieste
procedure di legge, inclusa la procedura di Vas,
a costo zero, grazie al lavoro degli
Uffici dell’Ente.
Stesso discorso vale per il Prg: anche in questo
caso per produrre il nulla il Parito
Democratico, che ha gestito l’urbanistica a
Roseto, ha impiegato 12 anni e ben 400mila
euro di denaro pubblico.
La domanda è: chi risarcisce oggi la
collettività per il tempo, il denaro e le
occasioni di sviluppo e di nuova occupazione che
sono state mandate in fumo? Si consideri che
nel frattempo sarebbero potute nascere ed essere
riqualificate tante concessioni demaniali, come
è avvenuto per i lidi Mirage e Atlantic, sorti
dopo l’adozione del piano, tanto più che al
momento non pendeva sugli operatori del settore
la spada di Damocle della direttiva Bolkenstein.
Nei contenuti il vecchio Piano demaniale è stato
revocato perché prevedeva la cementificazione
selvaggia del litorale cittadino, per un
totale di circa 17mila mq, pari a tre
campi di calcio, con la realizzazione di
impattanti piazze a mare, tali da compromettere
la vista del mare stesso; l’autorizzazione di
ingombranti concessioni fisse, che prevedevano
nuove colate di cemento sulla spiaggia, persino
sui canali di scolo a mare, i cosiddetti fossi,
e sui massi del lungomare sud – in palese
contrasto con la stessa normativa di
pianificazione, che prevedeva 30 metri di
profondità per realizzare nuove concessioni -,
con buona pace del rispetto dell’ambiente e
dello sviluppo sostenibile del territorio. Senza
dimenticare l’assurdo che a servizio delle nuove
strutture alberghiere di viale Makarska, che
maggiormente qualificano l’incoming
turistico locale, non venivano neanche
previsti gli ombreggi. Il precedente piano,
tra l’altro, veniva redatto senza alcuna
procedura di concertazione con gli operatori e
associazioni di categoria, come dimostrano le
ben 250 osservazioni pervenute; e facendo
delle evidenti disparità di trattamento.
Il nuovo Piano, invece, guarda allo sviluppo
armonioso del territorio, alla valorizzazione
della sua vocazione turistica nel totale
rispetto dell’ambiente, alla creazione di nuovi
posti di lavoro – abbiamo stimato a regime
200 nuovi posti di lavoro, derivanti dalla
liberalizzazione a tutte le concessioni delle
attività di balneazione, ristorazione,
ricreative, sportive ecc. - e, a differenza di
quello precedente, fissa una linea di
indirizzo univoca, uguale per tutti, non
facendo distinzioni tra concessioni di serie
A e di serie B, come era nella consolidata
prassi della vecchia amministrazione PD. |