TERAMO, 8.4.2013 -
Dalla Signora riceviamo e
pubblichiamo la seguente lettera aperta:
Caro Direttore,
chi Le scrive è quella madre di famiglia salita
agli onori della cronaca a Teramo giovedì 4
aprile u.s. nel tentativo di recuperare dignità
e diritti negati. Subire una grave
ingiustizia e incatenarsi per protesta ha un
costo umano altissimo, e occorre solo provare
per comprendere. Un trauma forte per una persona
semplice e riservata quale sono e mi reputo.
Tuttavia, cosa resta da fare quando ogni giorno
fai i conti con l’indifferenza? Quando invochi
un atto di giustizia che non arriva? Quando, con
una decisione immotivata e illegale, ti viene
improvvisamente tolto il posto di lavoro, poi-
calpestando ogni norma più elementare- assegnato
a una nuova assunta? L’unica strada è quella
suggerita dalla disperazione e dallo sconforto.
Ed è così che ho deciso di andare davanti alla
sede della Confartigianato e della Cooperativa
artigiana di garanzia “Città di Teramo e
provincia”- ex datori di lavoro-, per far
sentire la mia voce di protesta, incatenandomi,
con tutte le poche forze che mi restano. Una
protesta che avrei proseguito, se familiari e
parenti non mi avessero convinta a desistere. Né
so cosa fare ancora per farmi ascoltare. Sarò
costretta a incatenarmi di nuovo per ottenere
finalmente il riconoscimento dei miei diritti e
il risarcimento del danno da chi vorrebbe- con
l’arbitrio e la prepotenza- cancellare norme,
diritti e leggi.
Dopo trent’anni ho perso il lavoro senza
giustificato motivo, seguendo a mio danno una
procedura illegittima e illegale. Ma esiste o no
chi tutela una lavoratrice, una madre, una
cittadina? Mi hanno detto che la Giustizia ha il
suo passo e le sue lentezze. C’è da attendere
(ma quanto tempo ancora?), mentre bisogni e
problemi della mia famiglia non possono
attendere all’infinito. Anzi, la mia situazione
si è ulteriormente aggravata in questa lunga
attesa per essere reintegrata nel mio lavoro,
che ho svolto per tanti anni con attaccamento e
serietà, come dalle numerose testimonianze e
attestati. Tuttavia, il mio ex datore di lavoro
continua a negarmi- oltre agli ultimi stipendi
(4000 € circa)- persino i diritti di fine
rapporto. Mezzi più che mai necessari a una
persona nelle mie condizioni, che dopo aver
subito un licenziamento infondato e capzioso, si
trova improvvisamente ridotta sul lastrico.
Disoccupata con tre figli da mantenere e un
marito sottoposto a dialisi. Ho già avviato due
procedimenti giudiziari contro il responsabile
della Cooperativa, sig. Luciano Di Marzio.
Purtroppo, mi trovo contro un personaggio che ha
un modo tutto suo di comportarsi e, calpestando
impunemente ogni norma e diritto, riesce a
negarmi persino le spettanze maturate. Il mio
legale, inoltre, ha contestato il mio
licenziamento sulla base di elementi e prove
inoppugnabili. Aspetto che la giustizia faccia
il suo corso, ma non basta: ho anche urgenza di
avere subito gli stipendi non corrisposti, oltre
alla liquidazione maturata, per far fronte ad
impellenti necessità personali e di famiglia.
Chiedo forse troppo?
In questi giorni le pagine dei giornali sono
piene di storie di miseria e sconforto,
sopraffazioni e abusi. Da donna lavoratrice e
madre di famiglia vorrei sapere se esiste ancora
chi controlla e fa rispettare le leggi e i
diritti più sacrosanti. Vorrei che qualcuno mi
dicesse, in tempi brevi, se certi comportamenti
sono tollerabili e ammissibili. Se non siano
piuttosto da censurare e punire, in difesa dei
più deboli. Prima che sia troppo tardi. Prima
che la disperazione non finisca per essere
portatrice di atti irreparabili. Come, sempre
più spesso, leggiamo nelle cronache di questi
giorni.
Grazie per l’ospitalità e l’attenzione,caro
Direttore, con i più cordiali saluti. |