CHIETI, 20.7.2017 -
La Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti
è stata il principale ente creditizio teatino.
Con decreto del 5 settembre 2014 è stata
commissariata dal Ministero dell'Economia e
delle Finanze su proposta della Banca d’Italia,
posta in amministrazione straordinaria e, dal 22
novembre 2015, in liquidazione coatta
amministrativa. Al momento Carichieti non esiste
più. Sono state concluse, infatti, le procedure
di compravendita da parte della Ubi Banca,
gruppo bancario bergamasco nato una decina di
anni fa dalla fusione tra Banca Lombarda e
Banche Popolari Unite. Vi sono confluite la
Nuova Carichieti, la Nuova Banca delle Marche e
la Nuova Banca dell’Etruria.
Rimane una domanda: chi ha ucciso Carichieti?
Potrebbe essere stato proprio l’intervento della
Banca d’Italia a provocare lo stato d’insolvenza
nel vecchio istituto di credito causando il vero
danno patrimoniale ad azionisti ed
obbligazionisti?
Un saggio del Prof. Valerio Lemma, ordinario di
diritto pubblico dell’economia, uscito
recentemente sulla rivista trimestrale di
“Diritto dell’Economia-Rassegna di Dottrina e
Giurisprudenza” (www.rtde.luiss.it),
analizza i contenuti della sentenza del
Tribunale di Chieti che il 18/07/2016 dichiarò
l’insolvenza della Carichieti Spa, giungendo
alla conclusione che proprio l’intervento di
vigilanza della Banca d’Italia potrebbe aver
determinato un vero e proprio “omicidio
d’azienda”.
Il saggio di Lemma si pone a corollario
dell’inchiesta avviata a fine 2016 dalla Procura
di Chieti - nello specifico dal pm Giuseppe
Falasca - per presunta bancarotta fraudolenta
con iscrizione nel registro degli indagati di
due ex commissari nominati da Bankitalia -
Salvatore Immordino e Francesco Bochicchio -
per violazione
della legge fallimentare - la
n. 223 del 1942 in merito alla liquidazione
coatta amministrativa - nel
periodo di gestione commissariale.
Immordino, nominato da Bankitalia al posto di Riccardo
Sora, fu anche amministratore delegato della
Nuova Carichieti, per poi passare al vertice
della Rev - Gestione Crediti Spa, società
che acquisisce e gestisce crediti in sofferenza
o anomali tra cui
quelli dell’ex Cassa di Risparmio di Chieti,
Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Etruria e
Banca della Marca (cosiddette“bad bank”) sottoposte
a risoluzione dal decreto legge 183/2015.
Alcuni giorni dopo la nomina di Immondino alla
Rev, Nicola Valletta, giudice fallimentare di
Chieti, emette la sentenza relativa allo stato
d’insolvenza dell’istituto di credito teatino,
tirando in ballo proprio la gestione
commissariale e sottolineando, tra le sue
pagine, come non vi fossero elementi che
permettessero di affermare l’esistenza dello
stato d’insolvenza nel settembre del 2014 quando
invece Bankitalia invia i suoi commissari e
viene avviato il procedimento di risoluzione.
Insolvenza che però, specifica Valletta, vi era
senza alcun dubbio l’anno successivo, nel
dicembre 2015, quando veniva emanato il
provvedimento di liquidazione coatta
amministrativa e che si basava su
«perdite
scaturite da rettifiche di valore netto dei
crediti di cui però non è stata data alcune
giustificazione».
Oltre a ciò, come evidenziato da Lemma, il
Tribunale evidenzia, in un’altra parte della
sentenza, che la Banca d’Italia non ha
sottoposto all’esame dell’esperto indipendente
la valutazione relativa all’incapacità della
banca di pagare i propri debiti in scadenza,
particolare da cui si trae il convincimento che
la stessa Banca d’Italia non reputasse esistenti
«elementi
oggettivi per ritenere che nel futuro prossimo
tale incapacità si sarebbe manifestata».
«Vicende
che - conclude Lemma - evocano lo spettro
dei cosiddetti “omicidi d’impresa”: quelli
commessi da soggetti privati/pubblici che,
nell’esercizio delle proprie funzioni,
determinato la perdita della vitalità aziendale
con condotte assunte per ingordigia di denaro
e/o potere, per insipienza e
deresponsabilizzazione, per protagonismo
mediatico o per altre simili debolezze umane». |