PESCARA,
26.1.2017 -Sono
ormai trascorsi parecchi giorni dall’ondata di
maltempo e dalle nuove scosse di terremoto che
hanno interessato l’Abruzzo.
Come abruzzesi e come volontari di
un’associazione che opera in questa regione da
oltre quarant’anni vogliamo in primo luogo
manifestare il nostro cordoglio per le vittime e
la nostra vicinanza alle loro famiglie.
In secondo luogo sentiamo il bisogno di
ringraziare quanti si sono prodigati e si stanno
prodigando per portare soccorso in condizioni
spesso difficilissime. Il nostro grazie va alle
donne e agli uomini delle Forze dell’Ordine e
delle Forze Armate, agli amministratori e ai
dipendenti degli Enti locali investiti da un
carico di lavoro e di impegno straordinari, ai
tanti volontari della Protezione Civile, ma
anche a tutti quei cittadini che si sono
organizzati spontaneamente per portare aiuti, da
soli o in piccoli gruppi, rafforzando così quel
senso di comunità che dovrebbe essere la
caratteristica del nostro vivere.
In terzo luogo ci sentiamo però di affermare
che, per quanto le situazioni verificatesi siano
state difficili, i ritardi accumulati nel
ripristinare l’energia elettrica (e di
conseguenza in moltissimi casi nel riattivare il
riscaldamento delle abitazioni) e nel
raggiungere interi paesi rimasti isolati per
giorni e giorni non sono giustificabili.
Al di là dell’eccezionale impegno dei singoli,
quanto si è verificato, e che potrà verificarsi
puntualmente alla prossima “emergenza”, non è
soltanto la conseguenza di condizioni
straordinarie, ma anche di un sistema di
gestione che mostra ormai tutti suoi limiti:
continui tagli ai servizi essenziali, riforme
che cambiano situazioni consolidate senza
prospettarne altre, catene di comando saltate,
mancanza di manutenzione producono quanto stiamo
vivendo.
Di fronte a un simile scenario è obbligatorio
cambiare profondamente rotta.
Il movimento ambientalista, riprendendo studi di
scienziati e ricercatori, da decenni ripete che
l’unica grande opera pubblica di cui questo
Paese avrebbe bisogno è la messa in sicurezza
del territorio. E invece la logica che è dietro
alle politiche di tutti i governi, nazionali e
regionali succedutisi negli ultimi decenni, è
quella del consumo del suolo, delle risorse
naturali, dei beni comuni. Cittadini consapevoli
devono chiedere ai propri amministratori
politiche nuove. Amministratori responsabili
devono attuare queste politiche nuove.
Per questo il WWF avanza una precisa proposta:
la classe politica abruzzese, che ha toccato con
mano i disastri e i disagi che derivano da una
cattiva gestione del suolo e che in queste
convulse giornate ha da più parti denunciato i
limiti di scelte ancorate a visioni ormai
superate di uno “sviluppo” che alla lunga porta
solo danno, si faccia promotrice di una
rivoluzione culturale e trovi il modo,
stringendo un vero e proprio “Patto per
l’Abruzzo”, per rivedere totalmente il “Masterplan”,
eliminando le opere che violentano il territorio
e utilizzando quei soldi per la
rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, il
consolidamento antisismico degli edifici a
rischio (a cominciare dalle scuole), il
potenziamento del trasporto ferroviario, la
valorizzazione di una offerta turistica diffusa
e verde (l’unica che ha un futuro), la
predisposizione di piani di emergenza con
strutture e mezzi tenuti sempre in efficienza…
Una classe politica seria deve assumersi questo
impegno. E se non è in grado di farlo, deve
farsi da parte.
Il presidente D’Alfonso e la sua giunta con una
simile scelta resterebbero nella storia di
questa regione, non certo con le ennesime,
inutili e dannose, colate di cemento in ogni
angolo della regione.
WWF Abruzzo onlus |