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REGIONE 2017

 

Bussi: Per la Corte d’Assise d’Appello de L’Aquila è avvelenamento colposo delle acque

 

PESCARA, 17.2.2017 (ANSA) - Avvelenamento colposo delle acque. È quanto ha stabilito la Corte d'Assise d'Appello dell' Aquila in merito alla mega discarica dei veleni della Montedison di Bussi sul Tirino (Pescara). Ha così modificato la prima sentenza di due anni fa della Corte d'Assise di Chieti dove il reato non era stato riconosciuto. Nella sentenza di oggi la Corte ha anche riconosciuto la sussistenza di alcune aggravanti in merito al reato del disastro colposo.

In Corte d'Assise, a Chieti, il 19 dicembre 2014, i 19 imputati furono assolti dall'accusa di aver avvelenato le falde acquifere, mentre il reato di disastro ambientale è stato derubricato in colposo e, quindi, prescritto. Prima di chiudere il dibattimento ed entrare in Camera di consiglio la Corte ha rigettato l' acquisizione del piano di caratterizzazione realizzato dal commissario di governo Adriano Goio, convalidato nel dicembre del 2015, perché «l'acquisizione documentale pur possibile in rito abbreviato anche in appello - ha detto Catelli - deve avvenire prima dell'inizio della discussione e non a procedimento iniziato, quindi è inutilizzabile ai fini della nostra decisione». Catelli ha voluto chiudere il processo ringraziando tutte le parti e «il clima di serenità nel quale si è svolto il dibattito».

 

 

La reazione del WWf: «Cambia lo scenario per il processo di Bussi»

 

Cambia totalmente lo scenario di quello che è diventato ormai famoso come il “processo di Bussi”: la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha emesso poco fa una sentenza nella quale sostanzialmente riconosce la verità storica di entrambi i reati: sia l’avvelenamento delle acque sia il disastro ambientale riqualificandoli in fatti di colpa. Il trascorrere del tempo conduce alla prescrizione il reato di avvelenamento ma non quello del disastro ambientale che viene affermato anche in termini di responsabilità penale per 10 degli imputati condannati a pene, condonate, variabili tra i 2 e i 3 anni.

 

L’affermazione di responsabilità ha portato anche alla condanna al risarcimento del danno da quantificare in separata sede nonché alla condanna a varie provvisionali per oltre tre milioni di euro, che vanno da un milione di euro in favore dell’ATO, a 500mila euro in favore della Regione Abruzzo, a 200mila euro in favore di tutti i Comuni, a 10mila euro in favore del WWF Italia e di Legambiente, a 5mila euro in favore delle restanti associazioni ambientaliste che si erano costituite parte civile.

 

Appena dopo la lettura del dispositivo della sentenza, l’avv. Tommaso Navarra, che ha rappresentato il WWF in questa lunghissima vicenda giudiziaria, ha dichiarato: «Dopo due anni di lavoro e di assoluta fiducia nella giustizia oggi possiamo dire che anche i reati ambientali possono trovare un giusto accertamento di verità. Un ringraziamento particolare va ai nostri associati che negli anni hanno saputo credere in questo percorso giudiziario tanto tribolato quanto importante».

 

Luciano Di Tizio, il delegato Abruzzo che ha seguito il processo per il WWF Italia, aggiunge: «Oggi è stato compiuto un passo avanti importante nell’accertamento della verità ma l’obiettivo finale, come abbiamo sempre detto, resta la bonifica del territorio e l’applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi».

 

WWF Abruzzo onlus

Modificata la prima sentenza di due anni fa della Corte d'Assise di Chieti dove il reato non era stato riconosciuto.
 

WWF: «Cambia lo scenario del processo: 10 imputati condannati. Pene condonate ma previsti risarcimenti e provvisionali a favore di enti e parti civili»

 
 

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