PESCARA,
23.1.2017 -
Il WWF Abruzzo ha
indirizzato ieri un
appello per la
tutela del lupo in Italia
al presidente della Regione
Luciano D’Alfonso,
agli assessori Dino Pepe (Agricoltura) e
Donato Di Matteo
(Parchi e aree protette) e al
Sottosegretario con
delega all’Ambiente Mario Mazzocca. Nel testo,
ispirato a un comunicato diffuso dal WWF due
giorni fa a livello nazionale, il delegato
Abruzzo della Associazione ambientalista Luciano
Di Tizio (ricalcando una analoga lettera del 24
febbraio 2016) chiede alla Regione Abruzzo,
che ha fatto della
tutela del proprio territorio un preciso e
caratteristico brand, di ritirare il parere
favorevole a suo tempo incautamente rilasciato
al Piano
per la conservazione e gestione del lupo in
Italia,
proposto dal ministero dell’Ambiente, la cui
discussione è prevista per domani, 24 gennaio,
in sede di Conferenza Stato Regioni,
e di chiedere ufficialmente di
cancellare dal
Piano ogni possibilità di abbattimento legale
del lupo.
Si tratta
infatti di una
decisione che, semmai malauguratamente avallata,
riporterebbe indietro l’Italia indietro di 40
anni: nel nostro Paese vige la piena tutela del
lupo dal 1971, grazie proprio al WWF che lanciò
una grande campagna significativamente
denominata “Operazione San Francesco”.
L’ultima
versione del Piano prevede la possibilità da
parte delle Regioni di applicare la deroga alla
tutela della specie autorizzando abbattimenti
legali. Un’azione che il WWF considera del tutto
inutile e dannosa perché certamente non risolve
il problema dei danni alla zootecnia e può anzi
persino peggiorare la situazione rischiando di
legittimare il diffuso bracconaggio sulla
specie. La bibliografia scientifica dimostra,
infatti, come gli abbattimenti non servano né a
ridurre i danni né a ridurre i conflitti, come
si evince anche dal DECALOGO
‘antibufale’ redatto dal WWF con l’aiuto degli
esperti del proprio Comitato Scientifico, che si
trasmette in allegato.
Il WWF
ricorda che si stima in oltre 300 il numero dei
lupi vittime ogni anno in Italia di uccisioni
illegali (dovuti a fucili, lacci e veleno) o di
investimenti stradali, ai quali si potrebbero
aggiungere un numero indefinito di animali
abbattuti legalmente grazie al Piano che, nel
testo in approvazione nella Conferenza
Stato-Regioni, non prevede più neppure il
limite, inizialmente inserito, del 5% di
uccisioni l’anno rispetto alla popolazione
massima stimata (70 individui rispetto ad una
popolazione complessiva di 1600 lupi, indicata
dallo stesso Piano). Saranno infatti le Regioni
ad avere la facoltà di decidere il numero degli
abbattimenti consentiti, in deroga alle norme
comunitarie e nazionali, nel proprio territorio.
Se la
Conferenza Stato-Regioni approverà il Piano
senza le modifiche sollecitate dai 190mila
cittadini, che hanno risposto alla petizione del
WWF nella quale si chiedeva di non autorizzare
l’abbattimento, l’Associazione vigilerà con la
massima attenzione sull’attuazione del Piano
stesso intervenendo anche con azioni legali per
garantire il rigoroso rispetto delle norme
comunitarie e nazionali.
Per il
WWF l’ipotesi di introdurre le uccisioni legali,
sostenuta in particolare da alcune Regioni
(Toscana, Veneto, Basilicata, Calabria, Valle
d’Aosta e, incredibilmente, anche Abruzzo), è
un’autentica operazione di “distrazione di
massa” che, rispondendo alle istanze delle parti
più retrograde degli operatori del settore,
indica una soluzione estremamente pericolosa per
una specie che viene già colpita duramente ogni
anno da bracconaggio e incidenti e del tutto
inefficace e improduttiva per gli allevatori e
per i pastori.
Al
contrario gli studi dimostrano che le tecniche
di prevenzione dei danni (recinzioni
elettrificate e cani da guardia) si sono
dimostrate la soluzione più efficace per
garantire la convivenza della zootecnia con il
lupo.
Per
questo il WWF ribadisce che con le uccisioni non
si risolve il conflitto con la zootecnia ma si
rischia di amplificarlo, come dimostra quello
che sta succedendo nei Paesi europei che da anni
hanno adottato la soluzione degli
abbattimenti (Francia, Slovenia, Svezia,
Svizzera). La zootecnia italiana soffre di
problemi strutturali e di competitività nel
mercato europeo, pur essendo uno dei comparti
dell’agricoltura più sovvenzionati con i fondi
della politica agricola comunitaria, che non
saranno certamente risolti con le misure
previste in questo Piano.
È vero
che (sempre nell’ipotesi che il Piano venga
approvato senza le modifiche richieste nella
petizione “SOS Lupo” del WWF, consegnata il 24
maggio 2015 al Ministro Galletti) sono previsti
12 mesi di tempo prima dell’attuazione delle
uccisioni “legali” durante i quali le Regioni
dovrebbero attivarsi per realizzare tutte le
altre azioni previste, ma si tratta di un
obiettivo del tutto irrealistico, visto che il
Piano precedente è rimasto per 10 anni pressoché
inapplicato.
La
Conferenza Stato-Regioni è ancora in tempo per
cancellare la possibilità dell’abbattimento
legale del lupo, rafforzando invece le altre
azioni previste dal Piano stesso per la
prevenzione dei danni, il monitoraggio della
specie, le attività di informazione e la
formazione degli allevatori.
L’Abruzzo
torni indietro e prema per questa soluzione,
certamente la più gradita alla maggioranza dei
suoi abitanti, moltissimi dei quali sono tra i
190mila firmatari dell’appello “SOS Lupo”.
#soslupo
IL DECALOGO
‘ANTIBUFALE’ DEL WWF SUL LUPO
10 BUONI
MOTIVI PER DIRE NO AGLI ABBATTIMENTI
Le obiezioni
tecnico-scientifiche del WWF al nuovo Piano di
gestione
C’è
sicuramente bisogno di un nuovo piano per la
conservazione e la gestione del Lupo ma la
definizione dei criteri per la concessione delle
deroghe sugli abbattimenti è una forzatura che
ci porta lontano rispetto a quanto prevede la
direttiva Habitat europea. Questa scelta è
destinata ad acuire il conflitto tra allevatori
e altre realtà produttive locali con il lupo e
con ampie fasce della società civile.
Ecco i 10
motivi principali per dire NO.
1)
CARENZA DI CONOSCENZE
Il Piano
distingue in modo arbitrario una
sottopopolazione appenninica e una alpina quando
una è frutto dell’altra; al momento non ci sono
conoscenze sufficienti sul numero di esemplari e
la loro reale distribuzione che possano
‘sdoganare’ la deroga alle normative di tutela
del lupo autorizzando gli abbattimenti. Non c’è
neppure la prova di uno stato di conservazione
favorevole della specie che giustifichi una
scelta così drastica.
2)
MANCANO DATI SUL LUPO APPENNINICO
Si vuole
applicare l’abbattimento sulla popolazione
appenninica giustificando la scelta con la
‘condizione favorevole’ di questa
sottopopolazione; la valutazione deriva però da
un insieme di conoscenze non comparabili con
quelle alpine e frutto di un modello predittivo
e non da censimenti standardizzati e
pluriennali. Non esistono nemmeno dati
attendibili sull’effettiva incidenza del
bracconaggio.
3) LA
SPECIE ANCORA VULNERABILE SULLE ALPI
La
sottopopolazione alpina è, al contrario,
conosciuta in modo abbastanza approfondito e
sappiamo che essa non si trova in un favorevole
stato di conservazione. In particolare sulle
Alpi centro-orientali la specie è tuttora
ragionevolmente da considerarsi vulnerabile e
con dinamiche di colonizzazione tutt’ora in
atto.
4) PIANI
DI PREVENZIONE: CHI L’HA VISTI?
Adeguati
piani di prevenzione dei danni da predatori non
sono stati finora né predisposti né implementati
in molte Regioni. Ci sono stati risultati
ottimi, invece, laddove sono stati realmente
messi in opera interventi di riduzione dei
conflitti e protezione del bestiame.
5) DANNI
DA LUPO?
I danni
dovuti ai grandi carnivori costituiscono
certamente un problema serio per gli allevatori,
ma non sono tra i principali problemi della
zootecnia italiana, come ammesso dagli stessi
addetti ai lavori.
6)
ITALIANI DALLA PARTE DEL LUPO
Sondaggi e
raccolte firme mostrano come la stragrande
maggioranza dei cittadini italiani sia
nettamente contraria agli abbattimenti legali.
7) IL
PARADOSSO DEGLI ABBATTIMENTI
Uccidere
individui di lupo sperando di contenere i danni
agli allevamenti è una chimera: una ricca
bibliografia scientifica internazionale mostra
che questa pratica produce in molti casi un
effetto contrario e sicuramente indesiderato per
chi svolge attività di pastorizia. Molti studi
dimostrano infatti che il numero dei danni è
aumentato, per motivazioni legate all’etologia
della specie. Sta accadendo ad esempio in
Francia dove 5 anni fa si era deciso di
applicare queste deroghe, e tale scelta si sta
dimostrando inefficace, oppure in Slovenia,
paese che vede le quote di abbattimento in
costante diminuzione ogni anno a favore di
strategie di prevenzione non letali.
8)
OBIETTIVO: TENIAMOLI INSIEME
Gli esperti
dicono che i branchi di lupi stabili e
strutturati tendono a nutrirsi prevalentemente
di Ungulati selvatici (soprattutto cinghiale e
capriolo), mentre gli individui singoli tendono
a preferire gli animali domestici. Ogni attività
di selezione e abbattimento tende a
destrutturare i branchi con il risultato
contrario a quello sperato: i lupi si disperdono
sul territorio e aumentano così la pressione
sugli animali domestici.
9)
ESPERIENZA FALLIMENTARE
Anche la
bibliografia legata alle scienze sociali mostra
come la concessione di abbattimenti non abbia
portato alla diminuzione del conflitto, anzi, in
diversi casi ha portato all’acuirsi delle
proteste e degli scontri sociali.
10)
UNA FORZATURA EVIDENTE
La parte del
Piano che ipotizza gli abbattimenti è frutto di
un’interpretazione delle attuali conoscenze,
delle esperienze e della legislazione vigente
che fa prevalere le pressioni delle componenti
più retrograde di alcune categorie sul volere
dei più, sulle evidenze scientifiche e sui
principi di tutela nazionali e comunitari e non
garantisce alcuna difesa efficace nemmeno per
allevatori e pastori.
WWF Italia Onlus, Abruzzo
abruzzo@wwf.it
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