TERAMO,
6.6.2018 -
Lunedì 4 giugno, alle ore 21, la cassetta di
posta elettronica dell’Osservatorio Indipendente
sull’Acqua del Gran Sasso, insieme a quelle di
altri organismi, ha ricevuto da un indirizzo
sconosciuto una Relazione denominata “Laboratori
Nazionali del Gran Sasso dell’INFN – Affidamento
di incarico professionale finalizzato allo
studio ed alla definizione delle possibili
soluzioni alternative volte alla razionale
captazione e distribuzione delle acque potabili
ed all’eventuale adeguamento della rete delle
acque non potabili all’interno dei laboratori
sotterranei”.
La
Relazione, composta di 43 pagine, è datata “Roma
marzo 2018” e fa riferimento ad un incarico
affidato il 28 luglio 2017.
Il
documento non contiene informazioni
particolarmente rilevanti: trova però piena
conferma la situazione di pericolo esistente
dato che si parla di “rischio elevato di
inquinamento della risorsa idrica”. Vengono
prospettati vari interventi da fare in tempi
brevi che richiederebbero circa 10 milioni di
euro mentre non ci sono impegni sulla
possibilità di allontanare dai Laboratori
sotterranei le sostanze pericolose stoccate.
Non
sappiamo se il documento arrivato sia vero o
meno, né sappiamo da chi e perché ci sia stato
trasmesso. Quello che sappiamo è che gli Enti
competenti dovrebbero relazionare in maniera
pubblica sullo stato dell’arte essendo trascorso
più di un anno dall’8 maggio 2017, quando
l’ennesimo incidente provocò il divieto di
consumo di acqua in gran parte della provincia
di Teramo: 13 mesi e ancora non è stato
presentato un vero progetto per la messa in
sicurezza definitiva dell’acquifero, nonostante
ormai tutti riconoscano che si sia di fronte ad
una situazione di rischio poiché il sistema di
captazione delle acque, legato alle opere di
drenaggio delle gallerie autostradali e dei
Laboratori di Fisica Nucleare, non è sicuro.
Come
Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran
Sasso, fin dalle nostre prime uscite nel maggio
2017, abbiamo chiarito che non era nostra
intenzione rincorrere l’ultimo scoop o andare
alla ricerca di documenti più o meno segreti.
Già in passato le Associazioni ambientaliste
avevano svolto questo ruolo, portando alla luce
per la prima volta all’inizio degli anni 2000, i
problemi di interferenza sull’acquifero del Gran
Sasso delle gallerie autostradali e dei
Laboratori sotterranei dell’INFN, le quantità di
materiale pericoloso stoccato nei Laboratori e
una serie di incidenti verificatisi nel corso
degli anni e tenuti nascosti.
Oggi,
passati quasi 20 anni, riteniamo che non debbano
essere le associazioni di volontariato a
trasformarsi in investigatori, ma che debbano
essere gli Enti competenti a fornire documenti e
informazioni in maniera trasparente e tempestiva
affinché i cittadini possano essere a conoscenza
di quanto si sta decidendo su un bene così
prezioso come l’acqua e possano essere
protagonisti consapevoli delle scelte
decisionali.
Purtroppo, invece, almeno fino ad oggi, ci siamo
dovuti confrontare con un vero e proprio muro di
gomma. La Regione Abruzzo, in particolare, non
ha mai voluto consentire il confronto con la
società civile, vietandoci persino la
partecipazione da auditori alla “Commissione
tecnica per la gestione del rischio nel sistema
idrico del Gran Sasso”.
Ci
attendiamo che si faccia chiarezza su questa
Relazione, ma soprattutto che la Regione
finalmente si apra al confronto reale con i
cittadini e con quanti in questi anni hanno per
primi individuato i problemi e poi hanno cercato
di dare il proprio contributo in termini di
partecipazione e collaborazione, coinvolgendo
migliaia e migliaia di abruzzesi. |