pescara,
23.7.2018 -
Il WWF Abruzzo ha inviato questa mattina alla
Regione le proprie osservazioni sul calendario
venatorio per la stagione 2018/19. Le
osservazioni partono da una premessa di
carattere generale per poi scendere nei dettagli
di alcune problematiche specifiche.
Nella premessa si
sottolinea una ormai cronica inadempienza della
Regione che, benché la legge consenta il
prelievo venatorio sulla sola base del criterio
della caccia programmata, continua a
disattendere tale normativa “persino in merito
alla redazione del più importante strumento di
pianificazione faunistico-venatoria di cui
dovrebbe dotarsi: il Piano Faunistico Venatorio
Regionale, in
prorogatio
da oltre 10 anni (2007)”. Una grave carenza di
pianificazione che è stata tra l’altro più volte
censurata dai giudici amministrativi in varie
sentenze emesse a seguito di ricorsi presentati
dal WWF e che è ancora più grave visto che non
ha mai visto la luce neppure l’Osservatorio
Faunistico Regionale (OFR), importante strumento
di studio monitoraggio e tutela previsto dalla
legge regionale n. 10/2004.
Per queste ragioni
il
WWF ritiene che la Regione Abruzzo non possa
legittimamente svolgere la propria azione
amministrativa di programmazione dell’attività
venatoria per la stagione 2018/19 in mancanza
dei dati che attestino l’effettiva presenza
della fauna sul proprio territorio: dati che non
possono essere limitati a quelli cosiddetti “di
carniere”, insufficienti per qualsiasi
valutazione di merito.
In assenza di un quadro scientifico di
riferimento sarebbe indispensabile richiamarsi
al principio di precauzione (ribadito anche
dalla recente Ordinanza del Consiglio di Stato
n. 8713 del 2016) approvando un calendario
venatorio che tenga conto della mancanza di dati
che non permettono di superare i limiti della
tutela stabiliti dall’ordinamento nazionale. In
caso contrario, si creerebbe un grave danno alla
fauna selvatica e agli equilibri biologici.
Scendendo nel
dettaglio, il WWF ricorda di aver apprezzato,
nel 2017, l’iniziativa presa dalla Giunta
Regionale abruzzese di eliminare finalmente la
preapertura a settembre e di effettuare una
apertura unica al 1° ottobre. Purtroppo, nella
proposta di calendario venatorio in esame, la
Giunta Regionale reintroduce l’apertura dal 16
settembre, vanificando la scelta innovativa e
coraggiosa dello scorso anno,
dimenticando
tra l’altro che l’apertura generale a ottobre
era stata chiesta anche dall’ISPRA. Eliminando
la preapertura torneranno a crearsi impatti
negativi della caccia sulla fauna selvatica,
anche su quella non cacciabile, in quanto, come
è noto, a settembre molte specie sono ancora
nella fase di cura della prole. Aumenterà il
fenomeno del bracconaggio che avviene
soprattutto quando la caccia è consentita solo
ad alcune specie.
Il WWF ritiene
inoltre che sia un grave errore prevedere di
estendere la caccia alla
Beccaccia
sino al 10 gennaio nonostante i pareri contrari
di ISPRA (vedi da ultimo quello con protocollo
n. 35919 del 30/05/18) e la decisione
dell’Ordinanza del Consiglio di Stato (n. 8713
del 2016) che chiedono di fissare come data
ultima il 31 dicembre.
Il calendario
venatorio proposto prevede inoltre la
possibilità di estendere il periodo di caccia
alla specie
Colombaccio
fino al 10 febbraio 2019. Ciò è incompatibile
con le carenze di cognizioni scientifiche della
Regione Abruzzo e delle Province, già in passato
censurate dai giudici amministrativi che hanno
evidenziato come l’estensione dei periodi di
caccia non può essere decisa solo sulla base di
alcuni dati relativi agli abbattimenti e senza
un Piano Faunistico Venatorio vigente. La caccia
a febbraio è estremamente dannosa e pertanto da
non consentire.
Circa la caccia
alla
Coturnice,
come già evidenziato in precedenti note
indirizzate agli Uffici regionali e all’ISPRA,
si spiega come recenti studi abbiano dimostrato
una distribuzione della specie frammentaria e
con nuclei tra loro isolati, situazione che
implica uno scarso o assente scambio
d’individui. In una tale situazione l’unica
proposta possibile è la sospensione della caccia
alla Coturnice in Abruzzo, per un periodo di
tempo sufficiente alla raccolta di dati puntuali
e aggiornati sulla diffusione e sul trend della
specie.
Da alcuni anni l’ISPRA
indica poi come sia indispensabile
impedire la caccia vagante sul territorio dal 1°
gennaio in poi,
indistintamente dalle specie cacciate. Si
ritiene infatti, giustamente, che in tal modo si
riduca l’impatto dell’attività venatoria sul
territorio e sulle specie animali in genere. Va
dunque introdotta nel calendario una
disposizione che preveda dal 1° gennaio la
caccia sul territorio abruzzese possa essere
esercitata esclusivamente sotto forma di
appostamento fisso o temporaneo, peraltro ciò
consentirebbe un migliore controllo
dell’attività da parte degli organi di polizia.
Il WWF ricorda
anche che, con Deliberazione n. 480 del
5/7/2018, la Regione Abruzzo ha approvato la
perimetrazione dell’area contigua al Parco
Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. È opportuno
che il calendario in approvazione recepisca
quanto definito dalla relativa normativa di
attuazione. Va poi
portato il carico venatorio a 1 a 40 in tutta la
ZPE abruzzese del Parco, adeguandosi al carico
di Lazio e Molise.
Ancora: va abolita la possibilità di effettuare
la caccia in forma collettiva con l’utilizzo di
tre cani (cosiddetta “mini-braccata”) nella Zona
di Connessione ed Allargamento (ZPC) e vanno
uniformate le modalità e le forme di caccia tra
ZPC e ZPE (Zona di Protezione Esterna al Parco
d’Abruzzo), aree nelle quali è accertata la
presenza dell’Orso Bruno Marsicano.
«Proprio
per la
salvaguardia dell’Orso bruno marsicano dal
pericolo di estinzione vanno adottati
provvedimenti più incisivi
-dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF
Italia -. Appare quanto mai opportuno
estendere le misure previste per la ZPE a tutto
l’areale dell’Orso nonché adottare nell’area
contigua del Parco Nazionale d’Abruzzo tecniche
di caccia a minor impatto (caccia di selezione).
L’integrazione tra il calendario venatorio e il
Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano
(PATOM), deve essere reale e concreta se la
tutela della specie rappresenta effettivamente
una priorità. L’attuazione di pratiche venatorie
a minor impatto non può essere, quindi, relegata
alla sola ZPE, ma va estesa a tutto l’areale
della specie a cominciare dall’introduzione del
divieto di braccata al cinghiale a vantaggio di
tecniche venatorie a minor impatto».
«Siamo alle solite - conclude Luciano Di
Tizio, delegato WWF Abruzzo -. Se lo scorso
anno era stato fatto qualche passo avanti in
materia di gestione faunistica, la Regione
Abruzzo sembra ora voler tornare indietro.
Ribadiamo per l’ennesima volta che la fauna è
patrimonio di tutti e non dei soli cacciatori e
che la sua gestione deve essere svolta su basi
scientifiche e nel rispetto delle normative di
tutela. Ci aspettiamo che la Regione riveda il
calendario prima di approvarlo, altrimenti
saremmo costretti a ritornare nelle aule
giudiziarie che finora hanno sempre visto la
Regione soccombente». |