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I ricordi

di Lino Manocchia

 

Il lungo conteggio di Dempsey e Tunney

di Lino Manocchia

New York, 6.02.2012 - Cento quindici anni fa nell’arrancante nazione Yankee vivevano due personaggi che gli eventi posero sul piedistallo della storia irlandese, due colossi del mondo guantato: Willard Harrison Dempsey (al secolo Jack Dempsey) detto il “Manassa Mauler”, “Il massacratore di Manassa”, dal nome della città natale, in Colorado, e James Joseph (Gene) Tunney, il “Professorino”. Entrambi scrissero pagine indelebili di pugilato con i loro incontri di Filadelfia e Chicago.

Da sinistra: Gene Tunney e Jack Dempsey

 

 

New York, 6.02.2012 - Cento quindici anni fa nell’arrancante nazione Yankee vivevano due personaggi che gli eventi posero sul piedistallo della storia irlandese, due colossi del mondo guantato: Willard Harrison Dempsey (al secolo Jack Dempsey) detto il “Manassa Mauler”, “Il massacratore di Manassa”, dal nome della città natale, in Colorado, e James Joseph (Gene) Tunney, il “Professorino”. Entrambi scrissero pagine indelebili di pugilato con i loro incontri di Filadelfia e Chicago.

Ostinato, veemente, sicuro della sua potenza il primo, possessore di un  sinistro continuo, stordente, una mascella di pietra, ed una tecnica intelligente l’altro. Dempsey e Tunney incontrarono i piu’ forti pugili del tempo, degni del sopranome di “uomini della caverna” i quali, in maggioranza, saggiarono piu’ volte il duro del canovaccio. A ben diritto hanno potuto vantarsi di avere contribuito a rendere famosa “pugilandia” contro il parere degli esperti moderni che definivano il pugilato ”sport per uomini di ferro”.

Famosi due incontri, a Filadelfia e a Chicago, con i quali il "professorino" tolse definitivamente il titolo al "masscratore" contrapponendo all'impeto e alla forza dell'avversario una tecnica e un'astuzia degne della migliore tradizione pugilistica.

I due famosi avversari , attratti dall’allora solida borsa  in palio - spesso di due milioni per match- decisero di incontrarsi la prima volta a Filadelfia, nel 1926.

E laggiu’ l’ex marines Tunney strappo’ la vittoria a Dempsey, in dieci riprese, dinanzi a 121 mila spettatori, un record. Tornato nello spogliatoio, lo sconfitto ma non vinto Jack, pronuncio’ alla giovane consorte, l’attrice Estelle Taylor, la famosa frase che il Presidente Ronald  Regan avrebbe ripetuto a sua moglie dopo l’attentato subito per mano del giovane Jack Hinckley, nel marzo del 1981: ”Cara, e’ colpa mia, ho dimenticato di evitare i colpi”.

Due mesi dopo Dempsey sgranchi’ i muscoli mandando gambe all’aria il gigante Jack Sharkey e subito il pubblico e la stampa iniziarono un battage affinchè si ripetesse il combattimento con Tunney. Cosa che Dempsey accetto’ e sostenne il 21 luglio 1927 a Chicago, l’incontro che fu definito  “The long count” (il lungo conteggio), entrato nella storia del pugilato.  

Come uomo Dempsey aveva una spiccata personalita’ e cio’ contribui’ a renderlo popolare fra il pubblico americano. Durante gli anni venti Dempsey si cimentò anche con il cinema, girando 14 film, e continuo’ a recitare anche negli anni trenta e cinquanta.

 

DEMPSEY E BENVENUTI

Nell’aprile del 1968, in occasione del 45mo anniversario del  grande incontro con Tunney, Jack venne a  New York, dove aveva un lussuoso Ristorante-bar lungo Broadway, e qui ebbi modo di conoscerlo personalmente insieme ai rappresentanti della nazionale pugilistica italiana, presenti per l’occasione. Al termine della sfilata, sulla decapottabile al fianco della nuova gentile consorte Deanna Piatelli (nella foto), Jack si intrattenne col cronista per parlare della box italiana dell’epoca e soprattutto di Nino Benvenuti. Di Nino, disse: “E’ un  pugile di classe e intelligenza, ma desidera compiere un salto di categoria pericoloso (da medio a mediomassimo; ndc). Ho sempre pronosticato le vittorie di Nino Benvenuti, un pugile di grande interesse, vanto della nazione italiana, ma l’idea di un incontro con Foster e’ pazzesco. Il nero lo pesterebbe. E’ da stolti tentare la scalata a tre titoli. Ricordi cosa successe a Sugar Ray Robinson quando decise di assalire il titolo dei mediomassimi contro Joe Maxim? Benvenuti potrebbe fare la fine di Robinson”, sostenne Dempsey.

Non potevamo evitare di chiedergli, tra l’altro: Jack per il match di Willard, il gigante, hanno affermato che il tuo “secondo” infilo’ nei guanti il “ferro di cavallo” che ti fece vincere. Quanto c’e’ di vero?
”Balle, chiacchiere, scuse che si prendono quando si perde. Io ho il ferro nei miei pugni, nelle  braccia, e non temo nessuno. Senza quel conteggio lungo, io avrei battuto Gene per K.O. Ma non ci faccio caso. Il mio palmares parla chiaro”.

Dempsey,  che durante i 40 anni di matrimonio con la Piatelli aveva imparato varie espressioni italiane,  separandosi dal cronista affermò: “Al prossimo incontro useremo la “dolce lingua”. Prometto”.

 

LA "VITTORIA" DI JACK

La curiosita’  del grande incontro del secolo’, se vogliamo chiamarlo tale,  mostro’ due grandi pugili darsene senza pieta’ sino alla settima ripresa quando un impressionante colpo al mento sferrato da Dempsey mando’ al tappeto il rivale. Va detto che 15 giorni prima la commissione pugilistica aveva stabilito che al knockdown, il colpitore doveva recarsi subito all’angolo opposto del ring per dare modo al referee di contare sino a nove e dichiarare  eventualmente “l’out” e la vittoria.

Ma il “Massacratore di Manassa”, incurante, tento’ di colpire Tunney ancora al tappeto mentre l’arbitro contava sino a otto, ma quando Dempsey si reco’ all’angolo il conteggio aveva raggiunto il tredicesimo secondo. Ai più sembrò un eccesso di tolleranza verso Tunney e i sospetti e le chiacchiere si sarebbero sprecati su quel lento scandire del tempo. Invece, per l'arbitro fu colpa di Dempsey che non aveva rispettato il regolamento specifico sul conteggio... Il fatto è che Tunney, rialzatosi dal tappeto, colpì con un duro uppercout lo stanco Jack il quale crollò in ginocchio, restando fermo sino al nono secondo. Questa volta l'arbitro non ebbe esitazioni e, senza preamboli, dichiaro’ vincitore Tunney.

Gli strascichi di questo avvenimento perdurano al punto da farne una leggenda. Dempsey fu considerato il vincitore morale, ma per la storia il vincitore è rimasto Tunney. La grandezza di Dempsey e’ racchiusa nel suo commento al verdetto: per lui è sempre rimasto un incontro tra due veri amici, a prescindere da chi fosse il vincitore.

Dopo questo “storico” incontro il “Manassa mauler” continuo’ a dare lezioni di forza, coraggio e determinazione sino a raggiungere  il numero 83 di incontri, con 64 vittorie di cui 51 per K.O.

Ritiratosi per tenere cura del suo “Dempsey bar”, il campione irlandese mori’ a New York il 31 maggio 1983 all’eta’ di 88 anni.

Manocchia riaccende i fari su due miti dell'epopea del pugilato, in particolare Jack Dempsey che, dal verdetto sfavorevole, per molti ingiusto, del secondo match di Chicago, ha saputo lanciare un significativo messaggio di vera amicizia

 

 

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