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Numero 2 - Febbraio
 
il profilo

 

Patrizia Casaccia è nata a Giulianova (nella foto degli '60, eccola bambina con la mamma Lia, il papà Gregorio e il fratello Piergiorgio). Conseguita brillantemente la maturità al Liceo Scientifico "M. Curie", si è laureata in Medicina a 24 anni, con il massimo dei voti e la lode, presso l'Università Cattolica di Roma. Durante la Specializzazione in Neurologia (a 26 anni), è partita per gli Stati Uniti dove ha ottenuto la Seconda Laurea in Biologia Molecolare e Neurobiologia all'età di 32 anni. Quindi il post-dottorato alla Cornell University in New York e il primo lavoro come "Istruttore" allo Skirball  Institute della New York University, per arrivare ad essere Professore Assistente alla University of Medicine and Dentistry of New Jersey, Professore Titolare di Cattedra alla Icahn School of Medicine at Mount Sinai New York e Direttore di Neuroscience  Advanced Science Research center, sempre a New York.

Innumerevoli i riconoscimenti e i premi ottenuti sia come docente che come ricercatrice, e numerosi anche gli importanti incarichi in commissioni e programmi di studio nel campo della ricerca dei disturbi neurologici e glia, e le pubblicazioni sulle riviste scientifiche del settore, in particolare Journal of Neuroscience (Cellular and Molecular Neuroscience section), Journal of Experimental Neurology, Developmental Neuroscience, Glia e Journal of Neurochemistry.

Nel poco tempo libero a disposizione, pratica lo yoga ed è impegnata nel servizio di volontariato per la protezione degli animali abbandonati.

 
 
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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Dal Liceo di Giulianova a New York
Patrizia Casaccia, prima della classe in Neurologia e Genetica
 

 
FEBBRAIO 2020 - Tra i "figli di Giulianova" che in Italia e all'estero danno grande lustro e vanto alla città (e non solo), Patrizia Casaccia occupa un posto di primissimo piano. Il top. Patrizia è una scienziata caleidoscopica nel campo della Neurologia e della Genetica a livello mondiale e questo non meraviglia più di tanto chi l'ha conosciuta giovanisssima. Al Liceo Scientifico di Giulianova era considerata una vera eccellenza, una prima della classe nel senso più positivo del termine, una leader carismatica. Come dire?, una predestinata che ci fa tornare alla mente la frase del protagonista Noodles-Robert De Niro a proposito del successo, nel teatro e nella vita, raggiunto dal suo amore impossibile Deborah-Elizabeth McGovern nel film-capolavoro "C'era una volta in America" di Sergio Leone: “I cavalli di razza si riconoscono alla partenza”.

Figlia di un medico molto conosciuto e stimato in città, Gregorio Casaccia, e sorella di un altro dottore molto conosciuto, anche per il suo impegno nel sociale, Piergiorgio, la nostra eccellenza giuliese ha conseguito a soli 24 anni la laurea in Medicina alla Cattolica di Roma.  Fu il primo trampolino di lancio di una parabola professionale e umana che, costellata di prestigiosi e innumerevoli titoli, riconoscimenti e incarichi, l'ha portata ad essere, oggi, docente presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai New York e direttrice fondatrice del Neuroscience  Advanced Science Research center, ricevendo, in tale veste, il premio NINDS35, che vale un finanziamento di oltre 9 milioni di dollari per la ricerca sui disturbi neurologici.

Fatta la premessa (il più possibile sintetica in rapporto alla statura del personaggio), cerchiamo di conoscere meglio Patrizia Casaccia, permettendoci il tono confidenziale nei riguardi di una concittadina che si è affermata all'estero.

Patrizia, considerate le tue poliedriche attività, ti senti più professoressa, più dottoressa o più ricercatrice?

Decisamente l'aspetto più affascinante per me è la ricerca. Il desiderio di decifrare dei codici complessi, trovare spiegazioni per malattie neurodegenerative o psichiatriche e proporre nuove strategie terapeutiche.

Spiegandolo all’uomo della strada, in che cosa consiste il tuo lavoro?

In parole semplici, mi interessa capire come l'ambiente influenza il funzionamento del cervello. Per ambiente intendo sia aspetti di natura macroscopica (ambiente sociale, fattori  di vita tipo dieta, stress, etc) sia fattori microscopici (tipo molecole, metaboliti presente nel sangue o nel liquor, elasticità o rigidità  di vasi sanguigni o del parenchima cerebrale). Il mio gruppo studia come questi fattori influenzano la crescita e il funzionamento di cellule chiamate oligodendrociti, di recente implicate in una vasta serie di patologie, dalla sclerosi multipla all'Alzheimer.

(Patrizia Casaccia con il gruppo di colleghi dell'Advanced Science Research Center)

I vari riconoscimenti e il prestigioso premio NINDS R35 rappresentano motivo di gratificazione e di orgoglio sul piano professionale. Sul piano umano e personale, soprattutto per un Direttore Donna, che significato hanno?

Per la verità, ho imparato a non crogiolarmi troppo sui successi. La vita è fatta di alti e bassi. Ogni momento può insegnarti qualcosa di positivo. Ciò che mi sta a cuore è aiutare le nuove generazioni ad avere perseveranza e a non scoraggiarsi per gli insuccessi, ma a realizzare che per ogni premio che viene propagandato ci sono dieci o venti progetti che non sono menzionati, perché rifiutati.

Quali sogni si sono realizzati che non ti aspettavi e quali, al contrario, quelli che non si sono realizzati e sui quali contavi di più?

Il mio sogno era di fare ricerca ad alto livello, ed è la parte più  bella del mio lavoro. Ogni giorno svegliarmi con la stessa passione che avevo a 18 anni, anzi forse cresciuta. Avrei sperato di trovare un nuovo farmaco per bloccare la neurodegenerazione. Quattro anni fa credevo che le nostre ricerche avrebbero portato dei risultati miracolosi. Purtroppo questo sogno non si è  avverato.

Una professione come la tua è una cornucopia di talento, amore, passione, dedizione, altruismo, missione, vocazione e tant’altro... Tu come la definiresti?

Una sintesi di tutto ciò. Io la definirei una "strada". Ognuno di noi ha dei talenti. L'importante è di seguire la strada giusta per poter dare il meglio di noi stessi.

Non intendo porre la questione della “fuga dei cervelli” e della meritocrazia, ma…?

Mi chiedi cosa sarebbe successo se fossi rimasta in Italia? Non so... Tuttavia, non c'è dubbio che negli Stati Uniti le regole sembrano più chiare e ci sono meno giochi politici. Insomma, se lavori sodo ce la fai e sei supportato. Ci sono anche più fondi disponibili per la ricerca e, in generale, più mobilità e quindi più opportunità.

 

 

Patrizia Casaccia (prima a sinistra) ai tempi del Liceo Scientifico "M. Curie" di Giulianova

 

 

Da “cima” al liceo scientifico di Giulianova a docente universitaria di Neurologia e Genetica, e direttrice fondatrice del Graduate Center sulle Neuroscienze all'Advanced initiative Science Research Center of the City University di New York: se ti considerassi una predestinata mi risponderesti...?

A dire il vero ci sono stati tanti passi intermedi dall'università di Medicina alla Cattolica di Roma: la decisione di prendere un'altra laurea in Biologia Molecolare in America, il post-doctoral training... tanta fatica, tante delusioni e insuccessi ma anche tanta sete di conoscenza, entusiasmo per la ricerca, tanto lavoro e disciplina, tenacia e perseveranza.

Che ricordi ti accompagnano dei tempi del liceo e degli anni giovanili?

Dei bei ricordi di amicizia, complicità, studio di gruppo, i viaggi a Londra con l'insegnante di Inglese Ester Di Felice, le trasmissioni a Radio G, gli impegni di natura sociale, le serate a studiare fisica,  i compiti di matematica col professor Mancinelli, le discussioni di filosofia con Silvana Carbone...

Papà Gregorio medico, tuo fratello Piergiorgio medico… Medicina nel dna di famiglia, ma come e perché è nato il tuo interesse verso la Neurologia e la Genetica?

A dire il vero io non mi considero un medico. Papà a suo tempo e adesso mio fratello Piergiorgio e mia figlia Valentina (nella foto) sono medici reali, persone che aiutano la sofferenza di altri, persone dedicate al benessere dei pazienti. Io mi sento un detective, sono portata a valutare indizi, fare ipotesi, disegnare protocolli sperimentali, proporre nuove teorie, cercare di rompere le barriere attuali. Da quando avevo 16 anni ero interessata all'Astrofisica o alle Neuroscienze. Per questo a 18 anni il regalo più grande e bello per me è stata la grande enciclopedia della scienza e della tecnica. Mi ricordo ai tempi del liceo, mi piaceva trascorrere intere giornate nell'ambulatorio di papà a studiare l'Enciclopedia, leggere sui buchi neri e sui meccanismi della coscienza. A 17 anni scrissi una lettera in Inglese ad un professore in Stanford per chiedere come fare per lavorare con lui sulle reti neuronali che regolano l'essere coscienti. Poi a Medicina, tutti i miei internati sono stati relativi al cervello, neuroanatomia, biochimica, elettrofisiologia. La mia tesi di laurea era uno studio del sonno nei pazienti con ritardo mentale.

A proposito: sei cresciuta in una famiglia di fede cattolica, e di riconosciuti valori morali e di solidarietà, diremmo “all’antica”. Quanto è stato importante nella tua vita in una realtà così diversa, come New York e gli Usa, e nella tua carriera in un mondo scientifico non immune da competizione?

Essere competitivi vuol dire dare il meglio di sé, credere in un ideale e cercare di realizzarlo con fatica e sacrifici. Competizione non è  cattiveria o arrivismo. La ricerca è bellissima quando è  collaborativa e più menti si mettono insieme per risolvere un problema. New York mi ha insegnato a lavorare sodo e a credere in me stessa, ma in modo positivo. Non ha cambiato i valori morali, anzi li ha rinforzati.

Hai ricordato la lettera scritta in inglese a un professore di Stanford... Fin da ragazza avevi padronanza della lingua: avevi chiara già da allora la strada da percorrere lontano da Giulianova e dall’Italia?

Ricordo anche le gite a Londra! Ester Di Felice mi ha decisamente incoraggiato a viaggiare senza avere paura, ma ai tempi del liceo non avevo un'idea chiara. Non sapevo come poter andare in America. Scrivevo lettere per il mondo, e a pensarci ora mi viene da sorridere. Solo durante la specializzazione in Neurologia alla Cattolica di Roma il professore di Neurologia mi convinse a partire per approfondire la ricerca sulle malattie neurologiche. All'epoca si trattava dei prioni.

Ti ritieni una persona qualunque?

Io credo che ognuno di noi abbia una strada, una missione, sia portatore di una storia. In questo senso sì, mi sento una persona che segue la propria strada cercando di restare autentica.

(Patrizia Casaccia in famiglia in uno dei suoi rientri in Abruzzo. Al suo fianco mamma Lia)

Quanto tempo riesci a dedicare alla famiglia e ai tuoi hobby o interessi personali in una dimensione non certo a “misura d’uomo” come la piccola Giulianova in cui sei cresciuta?

Ad essere sincera, questo aspetto è in via di evoluzione. Ho lavorato sempre tantissimo, forse troppo. Di certo sette giorni a settimana almeno dieci ore al giorno, per decenni. Di recente ho cercato di migliorare il bilancio e lo yoga è una passione che mi ha aiutato a riequilibrare la mia vita, trovare più tempo per leggere, ascoltare musica, viaggiare, approfondire la conoscenza di nuove culture, dedicarmi al servizio degli altri, fare volontariato al centro per animali abbandonati.

Quante volte torni a Giulianova?

Cerco di farlo una volta l'anno, se possibile anche due.

Cosa ti manca della tua città d’origine?

Mi mancano i miei cari amici, la mia famiglia, le mie nipoti, i miei cugini e zii. Mi mancano la vista del mare e del Gran Sasso dalla punta del porto vecchio, le passeggiate in bicicletta sul lungomare, il ritorno delle barche al porto, la cupola di San Flaviano.

E lì, nel tuo laboratorio di New York, sarebbe esagerato un pensierino al Nobel?

Decisamente si. Il Nobel è un riconoscimento di contributi alla scienza. E solo il tempo può giudicare, ma non è la motivazione per la ricerca. La motivazione reale sono i pazienti...

 
(foto poste a disposizione da Patrizia e Piergiorgio Casaccia, che ringraziamo)
 

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