FP CGIL: «Quale futuro per
l’Ospedale 'San Liberatore' di Atri»
ATRI,
11.5.2020 - I
dirigenti della FP C.G.I.L. di Atri, in considerazione
della Fase 2 dell’emergenza COVID 19 e della
riconversione del Presidio Ospedaliero San Liberatore di
Atri già utilizzato come presidio CoVid, hanno deciso di
intervenire nel dibattito sul futuro del nosocomio.
Prima di disquisire del futuro è però necessario
ripercorrere gli ultimi 45 giorni che hanno visto il
P.O. di Atri protagonista nella lotta contro il virus.
Dopo la decisione della Regione Abruzzo e dell’Unità di
Crisi della ASL di Teramo di riconvertirlo in un
CoVid-Hospital è accaduto che :
Il personale si è ritrovato catapultato nelle unità
COVID senza formazione ad eccezione di alcune sedute
formative sulla corretta vestizione e svestizione
dei DPI, questo nonostante il 24 febbraio C.G.I.L.,
C.I.S.L. e U.I.L. avessero invitato la Direzione
Aziendale a predisporre corsi di formazione per
tutto il personale dei presidi periferici ;
La formazione sulla corretta gestione del paziente
COVID è stata effettuata solo con tutorial presenti
sul portale;
L’ospedale è stato riconvertito in 24 ore senza la
presenza ed i consigli di un virologo e/o
infettivologo ; il personale sanitario, senza
direttive ben precise, disorientato, confuso e
spaventato, è stato lasciato solo in quella che,
senza esagerazione , si può definire un’ impresa
epica, predisporre reparti e percorsi idonei ,
persino trasformare una sala operatoria in una
rianimazione;
Durante l’emergenza il personale dei reparti ha
lavorato con un numero di DPI insufficienti,
utilizzando talvolta mezzi di fortuna e spesso
costretto a rimanere vestito con le tute di
protezione, all’interno della zona infetta, per
sette o dieci ore senza neanche avere la possibilità
di cambiarsi per andare al bagno, perché dopo non
c’erano a disposizione tute di protezione di
ricambio. Il personale femminile era talvolta
costretto ad indossare mutandine assorbenti monouso
per le funzioni fisiologiche ove queste si fossero
presentate. Spesso il personale ha prolungato
l’orario di servizio per effettuare accuratamente la
fase di vestizione e svestizione per evitare di
rimanere contagiati e/o diffondere il virus
all’esterno. A fine turno molti operatori , sudati e
disidratati, non avevano neanche la possibilità di
farsi la doccia;
I Chirurghi, gli ortopedici, i cardiologi e gli
urologi, si sono trasformati in internisti per
contribuire alla lotta contro il virus ,ma
sicuramente il fardello più pesante è stato
sopportato dai medici internisti e dagli anestesisti
che, in 6, hanno dovuto gestire le numerose
emergenze ed i pazienti critici ricoverati nelle due
rianimazioni.
Durante quei giorni difficili la FP C.G.I.L. di Atri ha
esposto queste problematiche a chi di dovere. Con senso
di responsabilità non ha usato la stampa per denunciare
le carenze e le criticità , ha evitato la visibilità
mediatica non volendo ulteriormente preoccupare la
popolazione, ma le richieste avanzate non hanno avuto
nessuna risposta o soluzione.
Il P.O. di Atri è così salito agli onori della cronaca
con ossequi al personale medico e al restante personale
del comparto, definiti anche eroi. Eroi che hanno
versato sudore e lacrime, che hanno lavorato con
scienza, coscienza e diligenza visto che il tasso di
contagio tra il personale è stato notevolmente basso.
Finalmente il contagio si è ridotto, i ricoveri sono
scesi e le guarigioni aumentate, ed ancora una volta si
è deciso il futuro del San Liberatore senza neppure
confrontarsi, non solo con i sindacati, ma soprattutto
con i lavoratori. Scelte che di nuovo non tengono conto
,nonostante non siamo più in emergenza,della salute e
della salvaguardia dei lavoratori.
Quindi la FP C.G.I.L. di Atri ha deciso di consultare
attraverso il web e Whatsapp, non potendo
organizzare un'assemblea, i propri iscritti e
simpatizzanti per ascoltare il loro parere e le loro
proposte. La maggioranza dei lavoratori da noi
contattati ha espresso parere negativo sulla divisione
del San Liberatore in un'ala Covid e una no-Covid, vuole
il ripristino dell’ospedale con la completa funzionalità
di tutte le UU.OO. e dei servizi consapevole che un
ospedale ridimensionato non possa erogare a pieno tutte
le prestazioni precedenti la pandemia.
L’alternativa alla zona no-CoVid è quella di
ristrutturare, anche con un eventuale ampliamento, la
palazzina adiacente l’ospedale e che ora ospita il
Distretto Sanitario che potrebbe essere trasferito in un
piano dell’ospedale dove era allocato fino a qualche
mese fa. Questa struttura , alla fine dell’emergenza,
non si trasformerebbe in una cattedrale nel deserto,
infatti potrebbe essere utilizzata come RSA o come
reparto per la riabilitazione ortopedica. Lo stesso
Presidente della Regione Abruzzo, durante la visita al
Mazzini di Teramo, ha dichiarato che ci dovranno essere
aree attrezzate esclusivamente ai pazienti affetti di
coronavirus , aree nettamente separate dal resto degli
ospedali e completamente dedicate al coronavirus, come
lo sono il terzo lotto a Teramo e la palazzina che
stanno allestendo a Pescara.
La strategia sanitaria di realizzare Covid-Hospital in
ogni territorio è suggerita anche dal ministro Speranza,
il quale afferma che nel decreto di maggio saranno
stanziati 3 miliardi di euro per creare strutture
dedicate in tutte le regioni. D’altronde nessuno può
sapere quando il CoVid sarà sconfitto e la funzionalità
dell’ospedale San Liberatore potrebbe essere compromessa
per troppo tempo. Neanche le parole del consigliere
regionale Di Matteo ci rassicurano, siamo certi che,
dopo le sue dichiarazioni, il Presidio di Atri tornerà
ad essere il presidio che era, ma, se l’emergenza
dovesse durare anni, chi ci assicura che chirurghi del
calibro di Paone, Liberatore, Fascione e Narcisi
aspetteranno il ripristino della completa funzionalità
dell’ospedale?
Crediamo che le decisioni sul futuro del San Liberatore
vadano partecipate e quanto più possibile condivise. Non
vorremmo che le stesse siano state già prese non tenendo
in considerazione le nostre riflessioni e le nostre
proposte, a cui aggiungiamo, tra le molte perplessità e
dubbi che ci attanagliano, una curiosità, dove
troveranno gli anestesisti per gestire le sale
operatorie e le due rianimazioni, una Covid ed una free?
Non ci vengano a raccontare che a breve l’ala CoVid sarà
smantellata (altrimenti non si giustificano neppure gli
investimenti annunciati su Pescara), gli scienziati non
hanno assolutamente escluso una seconda ondata pandemica
ed infatti l’Unità di Crisi ha previsto un eventuale
nuova riconversione di tutto il presidio se ciò dovesse
accadere. La FP C.G.I.L. non permetterà che i lavoratori
dell’Ospedale di Atri corrano il rischio di lavorare per
anni in una struttura CoVid che non garantisca la
sicurezza degli operatori e dei pazienti. Altro che
piccole opere di muratura.
Non siamo più in emergenza e i reparti del vecchio
padiglione dovranno avere tutti i requisiti di legge:
camere singole a pressione negativa con pareti lavabili,
servizi igienici all’interno, ingresso dotato di
lavelli, percorsi sporchi e puliti, una dotazione
organica adeguata per un paziente che necessita di una
assistenza intensa, numero adeguato ed idoneo di DPI ed
infine spogliatoi idonei dotati di docce. Se la Asl di
Teramo non adeguerà il vecchio padiglione del San
Liberatore secondo le indicazioni qui appena accennate,
avvieremo i necessari ricorsi per via amministrativa
(impugnando gli atti), oltre a rivolgerci alla giustizia
ordinaria (con denuncia alla Procura) per la tutela, il
benessere ed il diritto alla salute delle lavoratrici e
dei lavoratori del Presidio Ospedaliero di Atri.
Il dirigente della
FP CGIL Abruzzo – Molise Delo Tosi
Il dirigente della
FP CGIL Teramo Natale Di Marco
Testata
giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della
Stampa del tribunale di Teramo