No al petrolio
in Abruzzo: Altra lettera a Chiodi.
Anche
Vittorio Verì scrive al Presidente della Regione
Illustrissimo Presidente Gianni Chiodi,
Sono un cittadino abruzzese residente a San Vito
Chietino. Il motivo che mi spinge a scriverle
nasce da due sentimenti che mi attanagliano:
l’amore e la paura, amore per la mia, e la sua,
terra, e paura di vederne compromesse le sua
caratteristiche naturali attraverso un
irreversibile processo di degrado ambientale.
Questa paura fino a poco tempo fa era chiara e
definita in un nome ed uno spazio: Centro Oli,
Ortona.
Dalla professoressa Maria Rita D’Orsogna ad
Antonello Tiracchia, alle numerose associazioni
(per citarne una, Nuovo Senso Civico), molti si
sono spesi per tentare di far nascere nei
cittadini e nelle istituzioni una coscienza
collettiva capace di contrastare la deriva
petrolifera e puntare su uno sviluppo
sostenibile. Già, sostenibilità: questa parola
così tanto usata e capace di entrare nei
discorsi relativi a qualsiasi argomento. A me
sembra che ci sia una evidente dicotomia che si
apre nel passare dalle parole ai fatti, nel
sentirsi ripetere sostenibilità, ambiente,
innovazione, turismo e poi vedere nei fatti un
insieme di interventi sul territorio che non si
conciliano affatto con tali idee.
E’ una questione che si è ulteriormente
complicata nel momento in cui la paura ha perso
il suo spazio definito, cioè la sola Ortona, e
si è allargata all’intero territorio regionale,
al nostro mare e alle nostre montagne. Oltre
alla realizzazione del Centro Oli, si parla ora
delle concessioni per la ricerca e l’estrazione
dl petrolio in molti punti dell’Abruzzo. Voglio
tralasciare il discorso legato agli effetti
delle sostanze chimiche che verranno usate, dal
rischio per la salute derivante dall’emissione
nella aria dei residui derivanti dalla ricerca
prima , dall’estrazione e dalla lavorazione del
petrolio poi. Chiunque in questi mesi si sia
informato e abbia avuto modo di documentarsi
sulle conseguenze derivanti dall’incondizionato
sfruttamento delle risorse minerarie , per altro
esigue, della nostra Regione, ha motivo di
credere che essi siano rischi da evitare e che
le istituzioni preposte debbano dire in maniera
decisa e autorevole: No, Grazie.
La mia paura è che si faccia dell’Abruzzo un
distretto petrolifero, che si renda legale la
distruzione di un patrimonio ambientale in
maniera irreversibile e incontrollata, e
aggravata come se non bastasse, da un pericolo
ancora maggiore, il più grave: quello di mettere
a repentaglio la salute degli abitanti.
Da libero e comune cittadino, non legato ad oggi
ad alcuna associazione e non inserito in alcun
partito, sento il bisogno di esprimervi la mia
preoccupazione perché si parla di qualcosa che
sento coinvolgermi pesantemente. E qui forse
arriviamo all’amore. L’amore per questa terra
per cui sento il dovere di cercare di
difenderla, perché credo a ragion veduta che
essa possa esprimesi veramente e al meglio
attraverso i concetti di sostenibilità, di
turismo, di responsabilità e innovazione.
Sono concetti che laddove esistono non hanno
bisogno di essere invocati ad ogni discorso
perché divengono fenomeni quasi tangibili.
Concetti che per un abruzzese vengono a trovarsi
in alcune espressioni e termini per noi comuni e
che ci identificano includendo nel loro
significato l’idea stessa di sostenibilità.
Per cui quando sento parlare di Regione Verde
d’Europa penso che non sia la coccarda da
cucirsi addosso, ma è la strada, l’obiettivo da
perseguire e a cui condurre gli sforzi e le
decisioni che si prendono ai vari livelli della
politica. La tutela del paesaggio, la ricerca di
fonti rinnovabili per l’approvvigionamento di
energia, una politica efficace per lo
smaltimento dei rifiuti devono essere priorità
assolute. Priorità che devono essere comunicate
e condivise, passate dalle istituzioni ai
cittadini per educarli e renderli coscienti e
responsabili del vivere in un determinato
contesto. Quando i cittadini ne saranno
consapevoli, si sentiranno essi stessi abitanti
della Regione Verde d’Europa e l’Abruzzo verrà
percepito come tale dal di fuori , senza bisogno
di scriverlo sugli autobus.
Penso al Montepulciano D’Abruzzo: è il vino per
eccellenza della nostra regione che ogni giorno
viene bevuto ovunque nel mondo e grazie al quale
veniamo anche riconosciuti. Addirittura nelle
sue caratteristiche si ritrovano elementi comuni
ai cittadini abruzzesi, quando si parla di forte
carattere, ruvidezza e genuinità. Non accadrebbe
con prodotti d’altra “natura”. La nostra
riconoscibilità come una regione affascinante,
ed anche fortunata, avviene quando sulle tavole
di qualsiasi parte del mondo compare un buon
bicchiere di vino, uno squisito formaggio, un
determinato zafferano, una pasta di grano duro
lavorata in un certo modo. Sono sensazioni che
si legano non solo al gusto verso determinate
cose, ma anche all’immaginario che quei prodotti
sono in grado di evocare, immaginario fatto
della sagoma dolce della Maiella e di quella più
aspra del Gran Sasso, di colline verdeggianti ,
di vigne e olivi, delle terre coltivate e della
montagna a due passi dal mare.
Il mare appunto, con tutte le sue
caratteristiche di mutevolezza, di potenza e
maestosità, con le sue storie e la gente, anzi
la nostra gente… e i nostri trabocchi. Davvero
strane macchine i trabocchi! L’uomo ha imparato
a costruirsele sfruttando le caratteristiche dei
propri fondali e proprio per questo risultano
differenti da quelli di altri lidi. Essi davvero
sono il simbolo di una regione, racchiudendo in
loro quella vicinanza tra terra e mare, quell’essere
contemporaneamente l’una e l’altro. In piena
costa dei trabocchi, proprio lì, troverebbe
spazio il Centro Oli, un progetto che al
territorio su cui va a insediarsi non chiede
nulla perché non ha bisogno di determinate
caratteristiche, non ha bisogno della cultura
del posto, di certe caratteristiche che il luogo
può offrire. Ha bisogno di un sito, qualsiasi,
su cui impiantare una centrale che ne causerebbe
gravi conseguenze. Quel tempo in cui certi
problemi non ce li ponevamo è finito, ora siamo
in un’epoca diversa dove non chiedersi come con
le nostre azioni arrivino a influire sulla
qualità della vita e sul futuro, non è
ammissibile.
Veniamo poi all’Abruzzo, cosa rappresenta questa
terra per me è difficile dirlo. Significa molte
cose, e tante non riesco nemmeno a spiegarle. E’
difficile darne una definizione eppure nel
pronunciarla c’è qualcosa che mi salta subito
alla mente: le Radici. E’ la terra dei miei avi
e che, comunque e dovunque vada, sarà per
sempre, la mia. E ho capito che se ti toccano le
radici toccano te, la tua identità e quello che
sei realmente. Lì nelle radici c’è una parte di
te che ti porterai ovunque dietro e che non
cambierai mai perché è la tua essenza. Lo sa
bene questo la Dottoressa D’Orsogna, altrimenti
che cosa l’avrebbe spinta dalla California a
prendere parte così attivamente in questa
avventura? Probabilmente lei, che non vive in
Abruzzo, sente quotidianamente quanto di lei è
rimasto
prepotentemente abruzzese. Dovrebbe essere
d’esempio a tutti coloro che credono, stando in
Abruzzo, che questa terra sia solo il contorno
territoriale di un Io. Di questi tempi in realtà
il Noi che l’Abruzzo potrebbe essere in grado di
esprimere farebbe invidia al mondo.
Non credo in virtù dell’amore per la mia terra
di essere più Abruzzese di altri e di Lei, che
occupandosi della cosa pubblica ha scelto come
missione quella di interessarsi della vita dei
cittadini; come tali chiediamo a voi, che con le
vostre scelte influenzate le nostre vite, di
parlare apertamente e di chiarire la maniera in
cui vi inciderete. Le migliorerete? Assicurerete
un futuro più sicuro e qualitativamente
soddisfacente a chi oggi sta nascendo?
Resto ora in fiduciosa attesa di una risposta.
Non potevo esimermi dallo scriverle. Mi ha
spinto una strana sensazione fatta di paura e di
amore, mi ha convinto il trovarvi conferma nella
ragione.
Distinti Saluti,
Vittorio Verì
Sul blog della Dottoressa Maria Rita D'Orsogna
http://www.dorsogna.blogspot.com/ ci sono anche gli indirizzi e-mail degli
Assessori Regionali, oltre alle informazioni sul
tema.