Mercoledì 19 Maggio 2010 - Dal
Prof. Enzo Di Salvatore riceviamo e
pubblichiamo:
Ad una prima
lettura del nuovo disegno di legge in materia di
idrocarburi, l'impressione che se ne ricava è la
seguente: esso sembra fondamentalmente
preoccuparsi di porre un vincolo alla Regione,
chiamata ad esprimersi attraverso l'intesa. Il
meccanismo previsto è, in effetti, ingegnoso. O
almeno pare esser tale. Il disegno di legge
regionale non stabilisce - cosa che del resto
non potrebbe stabilire - quando occorre
conseguire l'intesa. A ciò ci pensa già la legge
n. 239 del 2004, che nell’elenco delle funzioni
amministrative esercitate dallo Stato (all'art.
1, comma 7, lett. n)) ricomprende "le
determinazioni inerenti la prospezione, ricerca
e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le
funzioni di polizia mineraria, adottate, per la
terraferma, di intesa con le regioni
interessate". In questo modo, però, il disegno
di legge regionale, recando "disposizioni
programmatiche per il rilascio dell'intesa" e
disposizioni "di indirizzo per il Comitato di
coordinamento regionale - VIA", finisce di fatto
per circoscrivere la possibilità che la Regione
possa opporsi allo Stato; essa, dunque, non sarà
libera di dire no alle determinazioni del
governo in sede di rilascio dei permessi e delle
concessioni, ma dovrà dimostrare l'effettivo
pregiudizio che il mancato rilascio dei titoli
abilitativi produrrebbe per quelle aree
elencate. Questo meccanismo è ingegnoso perché
lo Stato, nella sua normativa (legge 239 del
2004, legge n. 99 del 2009 e decreto del
ministro dello sviluppo economico del 26 aprile
2010) non è riuscito a “indebolire” il contenuto
dell'intesa, in quanto se l'avesse fatto la
Corte avrebbe potuto senz'altro bocciare tale
previsione (nella sentenza n. 383 del 2005, la
Corte ha, infatti, affermato che l'intesa di cui
alla legge n. 239 del 2004 va considerata come
"forte", cioè, a dire: se non c'è l'accordo con
la Regione interessata, lo Stato non può
procedere unilateralmente, ma deve chiedere alla
stessa Corte di risolvere il problema). Così
facendo, la Regione, invece, si lega le mani. Ad
ogni modo, occorre aggiungere quanto segue:
1) anzitutto, la legge dello Stato prevede che
l'intesa vada raggiunta solo in relazione alla
"ricerca e coltivazione" degli idrocarburi e non
in relazione ad ogni altra attività, come,
invece, sembra stabilire il disegno di legge
della Regione Abruzzo (per esempio in relazione
alla "lavorazione"): non vorrei sbagliarmi, ma
la legge dello Stato non ne parla. Perché il
disegno di legge regionale attribuisce questa
competenza allo Stato? e come potrebbe
legittimamente farlo?;
2) proprio questo richiamo alla "lavorazione"
degli idrocarburi liquidi non scongiura affatto
la possibilità che in Abruzzo sorgano
raffinerie; forse non ad Ortona (in quanto lì
dovrebbe essere istituito un Parco nazionale),
ma di sicuro altrove;
3) un ulteriore profilo di illegittimità
potrebbe riguardare quella parte del disegno di
legge, che stabilisce disposizioni di indirizzo
per il Comitato di coordinamento regionale -
VIA. Se non mi inganno, queste disposizioni
atterrebbero alla VIA, nel senso che il Comitato
dovrebbe rispettare dette disposizioni (o farle
rispettare) nel momento in cui si effettua la
valutazione di impatto ambientale. Ma sulla VIA
la competenza è dello Stato, in quanto essa
ricade entro la materia della "tutela
dell'ambiente" e non, come si legge, invece, nel
disegno di legge, nella materia della
"valorizzazione dell'ambiente ed agricoltura"
(che non esiste come materia: la Costituzione
parla di "valorizzazione dei beni culturali e
ambientali"!).
4) il disegno di legge si richiama alla tutela
della salute: però poi manca il riferimento alla
VIS (abrogata dalla legge n. 32). Dunque questo
richiamo a cosa dovrebbe servire?
5) il disegno di legge si richiama alla materia
del governo del territorio: sono quisquilie,
certo; ma questa materia coincide con quella
dell'urbanistica. Cosa c'entra questa con gli
idrocarburi?
6) il disegno di legge distingue tra due elenchi
di opere: quelle che ricadono entro le aree di
cui all'elenco del comma 2 e quelle che ricadono
entro le aree di cui all'elenco del comma 3.
Faccio presente che per nessuno dei due tipi di
aree si esclude l'esercizio delle attività
concernenti gli idrocarburi. Il disegno di legge
si limita, infatti, ad affermare che in via di
principio sono incompatibili quelle attività che
trovino esercizio entro le aree naturali
protette, SIC, ecc.; ma questo non vuol dire
porre un divieto assoluto: ciò dipenderà solo da
quello che stabiliranno di volta in volta lo
Stato e la Regione assieme. Che sia così lo si
capisce dal fatto che il comma 2 inizia con
queste parole: "Ai fini... del rilascio
dell'intesa...". Se si volesse davvero vietare
ogni attività in relazione a quelle aree non
dovrebbe parlarsi di ...intesa, perché non ci
sarebbe nulla su cui mettersi d’accordo!;
7) il disegno di legge non riguarderebbe le
concessioni e i permessi in mare; non perché
così risulta ivi espressamente stabilito, né
perché, come ho avuto più volte modo di
precisare, la Regione non avrebbe competenze...in
mare. Questo accade solo perché lo stabilisce
(illegittimamente) la legge n. 239 del 2004. Del
resto, questo disegno di legge si occupa solo
dei permessi e delle concessioni sulle quali la
Regione è chiamata a stringere l'intesa con lo
Stato; se, dunque, secondo la legge n. 239 del
2004 le attività in mare sono autorizzate
unicamente dallo Stato, questo vuol dire che il
disegno di legge non si applica alle attività in
mare (e, pertanto, lo Stato può fare in
proposito quel che vuole);
8) nel disegno di legge manca una norma
transitoria, che disciplini la situazione
venutasi a determinare dopo l'entrata in vigore
della legge n. 32; forse il Presidente Chiodi
dimentica che l'entrata in vigore del disegno di
legge non pone riparo al divieto sancito dalla
legge n. 32: l'abrogazione ha effetti ex nunc
(vale per il futuro), a meno che non risulti
disposto diversamente dallo stesso disegno di
legge. Ma così non è. Questo vuol dire che in
ogni momento la Corte potrebbe pronunciarsi
sull'illegittimità della legge n. 32 del 2009;
9) il fatto che il Governo si sia impegnato a
non impugnare la nuova legge regionale non
esclude, però, che la stessa sia illegittima e
che la Corte possa in futuro dichiararla tale. A
disposizione del Governo nazionale e del
Presidente Chiodi c'è, infatti, solo il processo
costituzionale (diretto), non la Costituzione!
E' sufficiente che una società petrolifera
(concessionaria) si rivolga ad un giudice
amministrativo e che questo sollevi la questione
davanti alla Corte perché la legge sia
dichiarata illegittima. Quindi, come fa Chiodi a
dire - come si apprende dalla stampa - che
finalmente "l'Abruzzo chiude con il petrolio?". |