Francesco Lo Sterzo, il giovane che sfida il
“Bosone”
New
York,
16.10.2012
-
Questo Abruzzo”forte e gentile”, esteso campo di
“cervelli”, vanta una schiera di ricercatori e
scienziati emersi dalla massa di studiosi,
attratti dal voler conoscere, studiare e
scoprire i più nascosti segreti dell’Umanità.
Il cronista ha avuto la fortuna di incontrare,
durante la sua lunga carriera, un buon numero
di “saggi” del vasto orizzonte che portano il
nome, tra l’altro, di Gaetano D’Achille (giuliese),
che ha consumato anni onde scoprire importanti
segreti del pianeta Marte, la dottoressa Luisa
Luciani (pescarese), il prof. Nicola Perone
dell’Universita’ del Texas, Maria Rita D’Orsogna
(lancianese), il Nobel Prof. Mario Capecchi.
L’ultimo della serie, in senso temporale, il
giovane “ricercatore” al C.E.R.N di Ginevra,
dott. Francesco Lo Sterzo, con parentela a
Giulianova,
il quale ha partecipato all'analisi dei dati
sperimentali di misurazione ottenuti facendo
collidere tra loro, ad altissima velocità,
pacchetti di protoni. Metodo, questo, che
consente di rilevare l’esistenza del “Bosone”
di Higgs. Sulla scoperta, il giovane scienziato
ha tenuto di recente una conferenza anche al
Palazzo Kursaal di Giulianova, davanti ad una
nutrita platea ammaliata, magnetizzata,
presa dalla trattazione illuminante di un tema
pur complesso.
Lo Sterzo è nato a Roma da genitori abruzzese-lucani, ha 27 anni, occhio ironico e
guizzante. Quel che esce dalla sua bocca, non
ostruita da sigari e sigarette, entra subito,
senza filtri, nel cervello di chi ascolta.
Brusco e squisito, sommesso e altero, non e’
superstizioso e crede nella Provvidenza.
Ecco, in esclusiva, l’intervista che ci ha
rilasciato per www.giulianovailbelvedere.it.
Lo Sterzo a che punto si trova il lavoro di
ricerca del Bosone?
«Dopo il 4 luglio, giorno in cui è stata
annunciata la scoperta di un nuovo bosone molto
simile a quello teorizzato dal Prof. Higgs, le
ricerche si sono concentrate sulla
"caratterizzazione" di questo bosone: la
particella teorizzata da Higgs ha delle
caratteristiche ben precise e si sta cercando di
capire se il nuovo bosone corrisponda
effettivamente o alle previsioni o se sia
qualcosa di completamente nuovo».
Come e quando nacque la passione per le
ricerche?
«Direi che sono sempre stato curioso di capire le
cose. E andando dietro a questa curiosità mi
sono iscritto al Corso di Laurea in Fisica,
anche se non era l'unica opzione: le cose che mi
incuriosiscono e mi affascinano sono tante anche
oggi. Poi all'Università ho avuto la grande
sorpresa e fortuna di incontrare dei Professori
che su questa mia curiosità, voglia di capire e
di fare hanno scommesso, e a cui io mi sono
aggrappato, appassionato dalla loro passione».
Cosa nella vita più la incuriosisce?
«Tantissime cose. In generale tutto quello che ci
porta a capire un po' di più quello che abbiamo
intorno, e noi stessi: diciamo tutti gli sforzi
dell'uomo per capire. Poi un'altra cosa che mi
incuriosisce tanto è il "lato umano" degli
avvenimenti: noi, o almeno io, tendiamo a vedere
i protagonisti dei grandi avvenimenti come
circondati da un'aura particolare, mentre non
dobbiamo dimenticarci che sono persone come noi.
E mi piace documentarmi su questo, leggere libri
scritti dai protagonisti di queste vicende, per
scoprire il loro lato umano: ad esempio libro di
Alex Zanardi (ex pilota che ha perso le gambe in
un incidente di gara), ma che non si è dato per
vinto. Credo che uno dei prossimi libri che
leggerò sarà il libro dell'astronauta Paolo
Nespoli, in cui racconta della sua esperienza
nello spazio. Diciamo che se non fossi
l'intervistato, leggerei questa intervista molto
volentieri!»
Se non avesse abbracciato la scienza, che
avrebbe scelto?
«Non saprei in dettaglio: come ho accennato prima
la strada della ricerca non è una cosa che ho
scelto da bambino, ma è una possibilità nata con
il tempo dalla curiosità e grazie alle persone
che ho incontrato in Università. Certo le mie
idee da bambino erano quelle di molti bambini:
astronauta, calciatore, motociclista Però credo
che se rinascessi forse proverei a fare il
medico».
Il momento più drammatico della sua carriera?
«Per fortuna non ci sono stati momenti drammatici
nel senso letterale del termine. Credo che i
momenti più faticosi siano stati i momenti di
transizione: ad esempio quando mi stavo
laureando dovevo decidere se fare il Dottorato
di Ricerca oppure no, e questo mi dava molte
preoccupazioni visto che anche il lato più
applicativo di quello che studiamo mi piace e mi
incuriosisce quindi non scarterei a priori
l'idea di un lavoro fuori dalla Ricerca di base.
Però direi che questo non è paragonabile ai
drammi che si vivono in altri tipi di lavori».
La chiave del suo successo?
«Direi sicuramente il non risparmiarsi
nell'impegno richiesto dallo studio prima e dal
lavoro poi. Questo sempre guidato dalla voglia
di capire: capita che a volte si lavori un po'
in automatico, come macchine. In quei momenti
magari si arriva anche a "produrre" qualcosa, un
risultato, ma se si va con "il pilota
automatico" non si arriva a capire che cosa si è
trovato, cosa ci sta dicendo quel risultato e
quindi anche la capacità di comprenderlo e
magari migliorarlo viene meno. Ecco io cerco
sempre di andare con "il pilota manuale", solo
che non sempre capita».
Esiste la speranza che le sue ricerche, e dei
suoi colleghi, raggiungeranno l’apice del
successo?
«Vincere il Premio Nobel? Beh, magari! Ma credo
che il successo della scienza sia quello di
aprire un po' di più i nostri occhi su quello
che ci circonda. Quindi in questo senso spero di
sì».
Influisce il successo sulla scienza?
«Come accennavo prima, direi che nella scienza il
concetto di "successo" è un po' diverso dalla
concezione comune. Se viene elaborata una teoria
sbagliata potremmo dire che sarebbe un successo
dimostrarne la "falsità". In questo senso ogni
passo avanti (sia nel confermare una teoria che
descrive correttamente la realtà, sia nel
falsificare una teoria che non la descrive
correttamente) ci dà coraggio e segna una strada
per continuare la ricerca».
Cosa non potrà mai darci la scienza?
«Io penso che la scienza sia un metodo molto
potente, e che lo scienziato usandolo possa
arrivare a conoscere quello che ci circonda.
Però penso che la scienza non possa rispondere
alle nostre domande più intime, quelle che ci
rendono umani.Al CERN si studiano i componenti
fondamentali della materia, cioè anche i mattoni
fondamentali che ci compongono, si studiano i
fenomeni che hanno avuto luogo appena dopo il
Big Bang, quindi in qualche modo si studia da
dove veniamo. Ma questo ci basta? Per rispondere
alla domanda su chi siamo basta elencare tutte
le particelle, atomi, molecole, cellule che ci
compongono?»
Cosa avrebbe voluto fare che non ha mai fatto ma
conta di farlo?
«Forse lanciarmi con il paracadute».
Si sente “Divo”? Le piace essere riconosciuto
per strada?
«Mi gratifica perché significa che quello che ho
spiegato in un certo modo ha lasciato il segno,
però a volte mi imbarazza pure: non mi sento, e
non credo di esserlo, una persona speciale o con
qualcosa di più rispetto agli altri».
Chi le disse il primo “bravo”?
«Non saprei ... Forse mio padre o mia madre? Non
credo che fosse a scuola perché anche se andavo
bene ero molto vivace e "casinaro"».
Cosa ricorda più volentieri dell’infanzia?
«Sicuramente i giochi con i miei fratelli, in cui
ogni volta ci inventavamo qualcosa. Giocavamo
tanto insieme e poi, visto che ne siamo tanti,
non ci si annoiava mai».
Che c’e’ in lei di abruzzese?
«Io sono nato e ho (quasi sempre) vissuto a Roma.
In aggiunta a questo però, c'è una forte
componente abruzzese, visto che mio padre e
tutti i miei parenti paterni, a cui sono molto
legato, sono tutti abruzzesi. E questo credo che
abbia avuto (e abbia tutt'ora) un influsso su di
me.
In più piace molto il detto "Abruzzo forte e
gentile".Quando vedo il bellissimo Gran Sasso o
torno a Giulianova...sono posti che sento miei»
Chi è Francesco Lo Sterzo?
«Sono il secondo di 7 figli: 6 naturali, 5 maschi
e una femmina, l'ultima, più uno in affido. Sono
curioso un po' di tutto, mi piace scherzare e
stare in compagnia. Sono appassionato di sport
(gioco a calcio, basket, mi piace arrampicare
anche se soffro un po' di vertigini), scienza,
musica (suono la chitarra e un po' il basso, mi
piace anche cantare) e tecnologia. Sono uno
studente di Dottorato all'Università di Roma "La
Sapienza", ma sto per finire, e mi sto
guardando intorno per il futuro» |