di
Lino Manocchia
Affabile,
premuroso, cortese, metaforico, pesa le
parole, non alza la voce se non quando,
raramente, è necessario, come dice lui:
“quando ci vuole, ci vuole”. Niente
sembra scomporlo. E si che la sua
carriera offre lo spunto a tanti
contrattempi giornalieri che egli
risolve con assoluta semplicità e
bravura.
E’ il “deus
ex machina” del sito internet “Giulianovailbelvedere.it,
e dirige gli sviluppi quotidiani del
“sistema” con abilità. Si chiama
Ludovico Raimondi, 61 anni, dinamico
e prolifico, segue gli avvenimenti,
legge attentamente la ‘prosa’ quotidiana
dei suoi collaboratori, e offre
“prodotti” che i lettori leggono
avidamente.
La sua
voluminosa cornucopia giornalistica
offre dozzine di testate di giornali,
riviste con le quali ha collaborato, da
il Messaggero, Il Centro,
Derby, Il Resto del Carlino
e Bici Sport di Sergio
Neri a Il Tempo, Tutto
sport e Corriere dello sport,
per citarne alcuni.
In campo
pubblicistico ed editoriale, si
ricordano tra l’altro le due edizioni
del libro “Gaetano Braga,
suggestioni in letteratura”, i brevi
saggi sugli illustri giuliesi,
l’umanista Vincenzo Bindi, il
pianista Giuseppe Braga, il
pittore Vincenzo Cermignani. Una
lunga collana di esperienze, tra le
quali la docenza in un istituto
superiore, che fa da sfondo alla sua
professione di Funzionario del Comune di
Giulianova, Responsabile del Settore
Cultura, Sport e Tempo Libero che
compendia Turismo e Manifestazioni e la
conduzione della Biblioteca e del Polo
Museale Civico. Dopo quattro anni di
proficua e intensa collaborazione che ci
ha fatto conoscere più a fondo, il
cronista ha avuto l’idea di sottoporre
“20 domande” a Ludovico Raimondi per
rimarcarne il profilo come in un
confessionale.
Eccone il risultato, che
“Abruzzo Press” ospita cordialmente.
Come
nacque la tua passione per la carta
stampata?
«Io parlerei scrivendo e
scriverei parlando. Fu così che, intorno
al 1970, il collega giuliese
Francesco Marcozzi mi chiamò a
sostituirlo nelle corrispondenze per Il
Messaggero e il Corriere dello Sport.
Anche il compianto e signorile Mario
Santarelli mi ebbe in simpatia e mi
propose di collaborare per Rai Abruzzo.
Per leggerezza giovanile rifiutai, ma il
virus del giornalismo era entrato in
me».
Hai sempre
scritto quello che hai voluto?
«No. La mia professione in Comune mi
obbliga al rispetto di regole
deontologiche. La mia coscienza, invece,
mi detta un codice
di
autoregolamentazione etica e morale. Per
esempio, non pubblico mai una espressa
confidenza»
Il giornalismo
ha tante regole, quale più raccomandi ai
giovani?
«Il buon senso e
tornare a rispettare le regole.»
La chiave del
tuo successo?
«Parola grossa,
successo. Cerco di guadagnarmi un po’ di
credibilità non ingannando i lettori usando
le notizie come pezzi di costruzione per
bambini.»
Cosa vuole oggi,
il pubblico?
«Fondamentalmente la verità,
apparentemente…l’apparenza. O viceversa.»
C’e’ talento
senza entusiasmo?
«Sarebbe un
talento sprecato o non compiutamente
espresso.»
Cosa più ti
esalta?
«Anche una sana
e umana banalità. Mi lascia indifferente,
invece, lo stupefacente ad ogni costo.»
Ti consideri un
custode della tradizione?
«Essendo
un…diversamente giovane, considero la
tradizione un tesoro inestimabile di valori
senza i quali la cultura e la storia di una
comunità regrediscono.»
Primo dovere di
un direttore?
«La
professionalità e il buon esempio, nella
consapevolezza della fallibilità umana.»
Rifaresti tutto
quello che hai fatto?
«Non tutto.
Sa di ipocrisia e autoassoluzione sostenere
il contrario.»
Pensi piu’ al
passato o guardi al futuro?
«Penso al
passato per crearmi motivazioni verso il
futuro.»
Superstizioso?
«Direi di no.
Invito a rileggere “Non è vero ma ci credo”
di Peppino Di Filippo.»
Vorresti
conoscere il tuo futuro?
«Per niente.
Toglierebbe il fascino, l’ansia e il pathos
che sono il motore della scoperta
quotidiana, anche sofferta, del mistero
della vita.»
Cosa c’e’ in te
di abruzzese?
«L’amore
viscerale per le persone e le cose care.»
Ami più il
calcio o il tennis?
«Sono come due
figli diversi, ma non c’è distinzione di
amore. Il calcio è nel dna di famiglia e di
giuliese, il tennis è lo sport che pratico
di più.»
Ti senti un
campione della racchetta?
«Manco per
sogno. Gli amici del circolo mi accostano a
McEnroe – per presa in giro - per la mia
ricerca del tocco prima ancora del punto. Ho
la genialità grezza di un praticante per
passione e autodidatta per ore e ore davanti
alla tv, quando la tv era degna di questo
nome.»
Gli abruzzesi
hanno più intelligenza o carattere?
«In buona dose,
entrambe le doti, condizionate però dal
provincialismo e dalla paranoia di chi non
sa se è il più sudista del nord o il più
nordista del sud.»
Il nostro piu’
amabile vizio?
«La gola o la
cucina. Che è poi una nostra grande virtù,
compreso il boom dei nostri vini.»
Il piatto
preferito?
«Il brodetto
di “vecchie”, i granchi di mare. Lo mangiai
da bambino sul motopeschereccio di famiglia,
preparato dai marinai dopo una battuta di
pesca. Ne avverto ancora oggi il sapore, a
distanza di oltre 50 anni.»
Ti piace sentir
suonare le trombe della fama?
«Sarò diventato
sordo, ma non sento questi squilli di
trombe, semmai i rintocchi delle campane
della normalità. Un patrimonio che si sta
dissipando.»
L.M./Abruzzopress.net