New York, 16.4.2012 - Non e’ una di
quelle notizie che ti tolgono il sonno. Si
tratta di riferire ai nostri lettori che la Rai
Corporation, fondata nel 1960, alle 16 di
venerdì ha ufficialmente chiuso i battenti del
suo ufficio allestito, dopo una lunga permanenza
nel maestoso grattacielo lungo la Avenue of
America - il non plus ultra della modernità-
quindi trasferitasi nella TreBeca, laggiù sulla
32ma avenue. Una brava, accurata segretaria sta
compilando la lista dei ”cimeli” di quella che
fu un’organizzazione invidiata in America, per
poter dare il via all’asta che tantissimi
interessati seguiranno tra qualche giorno.
Intanto la Rai ha deciso che, riducendo il
lavoro di produzione, si potranno chiudere
alcune branche dell’organizzazione. Un passo
senza dubbio drammatico che consentirebbe alla
Rai di salvare 115 milioni di dollari mettendo
all’asta tutta la disponibilità nel 2012,
unitamente ai 95 milioni annunciati lo scorso
maggio. A Roma si pensa, insomma, che se tutto
va secondo i piani il “board “della Rai potrebbe
chiudere alla pari agli inizi del 2013.
Scuotendo la testa la brava signora sussurra:
”Son sicura che il Direttore Pachetti si girerà
nella tomba ed imprecherà”.
Personalmente ricordo di aver lavorato fianco a
fianco con Ruggero Orlando, giornalista sobrio
ed attento alle spese, e mi sovviene un
episodio, allorche’ presentai Ruggero Orlando a
mia madre, che da buona Toscana non seppe tener
chiusa la bocca e disse ad alta voce: ”Signor
Orlando, lei viene a lavorare alla Rai con la
stozza, vero?”. Infatti Ruggero aveva
l’abitudine di preparare a casa il panino per
mezzogiorno.
Va detto che il periodo direttivo di Renato
Pachetti e Umberto Bonetti fu uno dei più
interessanti e prolifici della Corporation, la
quale ha consegnato il bigliettino rosa di
licenziamento a 66 impiegati di varie categorie,
salvando i tre corrispondenti ufficiali Rai,
grazie all’affitto di tre cubicoli, della
Associated Press.
Alle risentite proteste degli impiegati, che la
Rai di Roma combattè contro l ’ammissione di un
sindacato - meno potente di quello italiano- il
direttore Guido Corso spiega: ”Noi intendiamo
creare una differente situazione nello Stato,
forse Roma procederà ad assumere una compagnia
esterna capace di condurre avanti un’altra Rai
corp.”
Ed i 66 defenestrati? Una dozzina di tecnici
riceveranno soltanto il compenso di un anno di
paga il cui 50% verrà assorbito dalle tasse.
“Abbiamo molti dipendenti tutt’ora con la
cittadinanza italiana. Volendo, in Italia
potrebbero trovare lavoro anche per loro”.
Dichiarazione che ha trovato la risposta con
aggettivi come “astrusi,divaganti, faciloni”.
Purtroppo anche il Consolato di New York, che da
poco ha a capo la dottoressa signora Natalia
Quintavalle, si trova con le spalle al muro.
Lo fa presente la Vice Console signora
Pasqualini: ”Mentre il Governo italiano lotta
per liberarsi dal disastro economico, il budget
ha imposto tagli alla maggioranza del personale,
del consolato, e suggeriscono anche la chiusura
del minuscolo consolato del New Jersey, causa il
ridotto di un terzo, del budget.”
Saggio il commento di un addetto al montaggio di
servizi televisivi della Rai: “Prima hanno fatto
fuoco e fiamme a chi faceva spendere di più alla
Rai ed ora, come un topolino nella trappola,
inventano storie ignorando ciò che tutto è
andato perduto”.
Un particolare, al quale il cronista era
presente: un’arrogante giornalista (Giovanna
Maria Maglie), amante dei viaggi d’oltr’Alpe,
mandata quale premio in America, assunse
l’incarico di “inviata”. Presentatasi al
direttore Renato Pachetti, l’audace signora
impose l’assunzione di un truccatore, il quale
durante la settimana rendeva attraente la
giornalista, al “modesto prezzo” di 600 dollari
la settimana.
Sulle avventure e disavventure della Rai
corporation si potrebbe stilare un volume di
prim’ordine, ma a tagliare le corna al bue, come
dicono in Toscana, è giunto, gradito o meno,
l’attuale Presidente italiano Mario Monti, da
qualcuno definito “il Mister salva spese che
strozza i poverelli” mentre il direttore Lorenza
Lei “tende a pianare le ascosità”: La chiusura
non costituisce un depotenziamento
dell’attività dell’agenzia ma una variazione del
modello di produzione.”
I licenziati ridacchiano e commentano: “Belle
parole, difficili a pronunciarsi, che però
rendono difficile ogni tentativo di ripresa”.
Intanto la docile segretaria trascorre le sue
otto ore al giorno per allineare il prodotto da
vendere all’asta, che frutterà alcuni milioncini
di dollari alla Rai di Roma, la quale è già
pronta a cedere il ricavato a qualche cantante
stonato dal tempo e dai fischi, in barba a buon
senso e comprensione.
Lino Manocchia |