«Il Collegio – spiegano i consiglieri - ha ritenuto fondati i nostri rilievi contenuti nella richiesta di parere che in qualità di consiglieri dell'opposizione (Idv; Rifondazione Comunista, PdCI, Verdi, Sel) abbiamo presentato nei giorni successivi all'approvazione dello sconsiderato provvedimento».
Dopo aver esaminato l’ istanza il Collegio per le Garanzie Statutarie ha espresso parere di non conformità allo Statuto Regionale della deliberazione consiliare per il «contenuto irrimediabilmente contraddittorio» e quindi «su tale disposizione è necessario che torni a pronunciarsi il Consiglio Regionale».
Il Collegio ha verificato «un insanabile contrasto nel contenuto di una singola disposizione legislativa». «Inutilmente», dicono ancora i consiglieri, «durante ore di ostruzionismo avevamo fatto presente questa discrepanza agli energumeni del cemento che per 3 anni hanno costretto il consiglio regionale a discutere del Borsacchio invece che di sanità, ricostruzione, lavoro».
Ora la questione torna all'esame delle commissioni e del Consiglio Regionale: «ci auguriamo che un sussulto di buon senso porti la maggioranza trasversale che ha votato il provvedimento (Pdl-Fli-Api-Udc più Ruffini del PD) a seguire la strada del dialogo isolando posizioni forsennate come quelle del cementificatore Rabbuffo».
«Per l’ennesima volta», replica proprio il capogruppo di Fli Rabuffo, «i veterocomunisti tornano a issare la bandiera dell’ideologismo ambientalista, cercando in maniera antidemocratica di bloccare la legge sulla riperimetrazione della Riserva del Borsacchio, condivisa dagli abitanti di Roseto e di Giulianova, oltre che dai Consigli comunali delle due città, dalla Provincia di Teramo e dalla maggioranza del Consiglio regionale».
In realtà – spiega Rabbuffo – «il parere è limitato solamente a una presunta contraddizione tra i 1150 ettari indicati nell’articolato e i 1148 stimati dalla cartografia. Vale a dire che non viene contestata la validità della legge, né tantomeno la regolarità dello svolgimento del dibattito e della votazione in Consiglio. Si tratta dunque di un’incongruenza solo formale, che verrà sanata nella prima seduta utile dell’Assemblea, senza alcun ritorno in Commissione».