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Area Protetta del Cerrano e dragaggio porto di Pescara: Italia chiama Europa, pronto?

 

PESCARA, 2.3.2013 - Ancora un nodo viene al pettine dopo quello del fermo-pesca per il mancato dragaggio del porto-canale di Pescara. E’ quello del permesso per le vongolare, soprattutto di Giulianova, di pescare nelle acque del Parco del Cerrano. E’ risaputo che il tratto di costa in cui esse pescano abitualmente è molto piccolo e per’altro la flotta di quelle zone è la più grande della regione. Quindi soprattutto in periodi di “carestia” come questo non sarebbe di alcun male che essa possa allargare un po’ la sua solita zona di pesca. Come dire: “elementare Watson !”. Ma i dirigenti del Parco del Cerrano non vogliono.

Il perché non è chiaro e forse risiede solo nel fatto che si potrebbe ledere il loro prestigio. Ma l’Autorità Scientifica di zona non ha nulla da obbiettare al fatto che quelle vongolare peschino anche nel Parco, salvo che la pesca avvenga in modo regolamentato da essa. Che in soldoni significa che si potrebbe pescare, rispettando certe regole di tempi o di modi, senza danno per la riproduzione delle vongole o per l’ambiente. E gli addetti alla pesca delle vongole porterebbero così pane a casa, senza incidere sulle casse dello Stato.

L’Autorità Regionale in proposito è l’assessore alla pesca Mauro Febbo, che ha già dimostrato le sue capacità nel far avere ai pescatori pescaresi i rimborsi vitali per la sopravvivenza (perlomeno per quanto di sua competenza e fino alla fine di aprile). Sarebbe un bene per tutti gli operatori che si “corciasse di nuovo le maniche” e affrontasse anche questo nodo.

Avrà da fare perché fra poco (quando il Provveditorato OO.PP. si deciderà a dragare bene e in fretta il porto-canale) ai pescatori pescaresi (ma anche a quelli abruzzesi e a quelli adriatici) si presenterà il nodo che riguarda tutti: le nuove regole della pesca.

In particolare si presenterà ai pescatori a strascico pescaresi dopo e se vedranno risolti i problemi del dragaggio. La scarsità del pescato e la depressione economica, oltre che i tempi e i modi sbagliati di pescare, sta già inducendo i pescatori sanbenedettesi e anconetani a fermare le loro barche. Anche quel poco che pescano infatti non ha sul mercato il prezzo sufficiente a coprire quantomeno le loro spese.

E’ notorio fra gli addetti ai lavori che il periodo migliore per attuare un fermo-pesca è quello primaverile quando la maggior parte delle specie si riproduce, come conferma l’Autorità Scientifica di zona (IZS). Checchè ne dica l’Europa che lo vuole in Luglio e Agosto o Settembre (quando il turismo è al massimo). Altrimenti è come pretendere di avere figli senza che le donne restino incinte. E’ un po’ crudo ma è così.

Bisogna perciò che l’Europa dimostri di capire queste regole semplici e non si affossi nelle sue stupide alchimie che mettono solo in difficoltà gli addetti ai lavori: come, per esempio, la misura delle maglie delle reti e l’uso di strumenti insensati, come il computer per inoltrare subito alle Capitanerie la quantità e le misure dei pesci pescati. Capitanerie che oltretutto manco guardano quelle statistiche, perché hanno altro da fare. E per i pescatori sarebbe come diventare ad un tempo anche commercianti, con il bilancino e quant’altro. Questo è ed è sempre stato un compito dei direttori dei Mercati Ittici.

Bisogna che l’Europa capisca che non sono queste stupide regole a risolvere o a trovare la soluzione dei problemi. Altrimenti forse è meglio che ce li risolviamo da soli. Come potremmo risolvere da soli quello del ristoro e ristorno ai pescatori pescaresi dei 3 milioni disponibili per il (mancato) dragaggio. All’assessore regionale alla pesca, Mauro Febbo, chiediamo di usare tutte le sue capacità anche qui.

Ma rimane il problema principale dei pescatori pescaresi. Possibile che per portare avanti un Piano Regolatore completamente sbagliato, e oneroso per le casse pubbliche, QUALCUNO si intestardisca a boicottare il dragaggio del porto-canale?

da Walter Squeo e Antonio Spina

 

 
 
 
 

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