PESCARA, 20.3.2013 -
In merito al progetto di legge presentato dai
deputati abruzzesi del PD, con cui si intende
modificare l’art. 6, comma 17, del codice
dell’ambiente (nel testo risultante dalla
modifica effettuata con il “Decreto sviluppo”
del 2012), il Coordinamento nazionale No Triv
esprime un giudizio moderatamente positivo.
Il progetto in questione conferma il divieto di
esercitare attività di ricerca, di prospezione
nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi in mare nelle aree marine e costiere
protette così come nelle zone di mare poste
entro dodici miglia dalle linee di costa lungo
l'intero perimetro costiero nazionale e dal
perimetro esterno delle suddette aree marine e
costiere protette. “Al di fuori delle medesime
aree”, le predette attività resterebbero,
invece, autorizzate previa valutazione di
impatto ambientale e sentito il parere degli
enti locali posti in un raggio di dodici miglia
dalle aree marine e costiere interessate dalle
suddette attività (art. 1, comma 2).
La perplessità principale che il progetto
suscita riguarda il comma 2 dell'art. 1, ove si
dichiara che "sono privi di efficacia tutti gli
atti adottati in attuazione delle disposizioni
di cui all’articolo 35, comma 1, del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
134 nel periodo compreso tra la data di entrata
in vigore del decreto legislativo 29 giugno
2010, n. 128 e quella di entrata in vigore della
presente proposta di legge".
Questa previsione appare illegittima, in quanto,
qualora nel periodo compreso tra l’entrata in
vigore del decreto Prestigiacomo e l’entrata in
vigore della legge proposta fossero stati
adottati provvedimenti autorizzatori, le società
petrolifere, pienamente tutelate nel loro
legittimo affidamento, potrebbero citare in
giudizio lo Stato per il risarcimento dei danni
arrecati.
Per questa ragione si ritiene opportuno
eliminare dal progetto di legge il secondo comma
e proporre, proprio al fine di scongiurare che a
seguito del riavvio dei procedimenti si giunga
al rilascio di un titolo abilitativo, l’adozione
di un decreto-legge da parte del (prossimo)
Governo. Il decreto, sostenuto da evidenti
ragioni di necessità ed urgenza e ferma comunque
l’efficacia dei titoli già rilasciati, potrebbe
legittimamente intervenire sui procedimenti in
corso. Contestualmente occorrerebbe procedere
all’istituzione di un tavolo nazionale e avviare
un confronto con tutti i soggetti interessati,
al fine di discutere sull’opportunità di
giungere all’approvazione di una nuova organica
e sistematica disciplina degli idrocarburi.
Il Coordinamento nazionale No Triv ritiene
opportuno che la futura disciplina degli
idrocarburi si colleghi ad un “piano nazionale
di programmazione”, sulla base di quel che
ammette la direttiva 94/22/CE. Questa, infatti,
consente allo Stato di decidere quali parti del
proprio territorio aprire o chiudere alla
ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi e
di limitare dette attività per ragioni di tutela
ambientale, di tutela della salute, ecc. (anche
in considerazione della peculiare geomorfologia
del territorio italiano).
D’altra parte, in conformità all’art. 41 della
Costituzione, l’iniziativa economica privata è
certamente libera, ma non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale oppure in modo
da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana. Una diversa prescrizione,
invece, risulta dettata per la tutela
costituzionale dell’ambiente e della salute, non
condizionate ad alcun limite e perciò ritenute
assolute.
Più in generale – sul piano delle riforme
istituzionali – sarebbe indispensabile tenere
vivo e aperto il dibattito intorno alla palesata
volontà di riscrittura del Titolo V della
Costituzione.
Da questo punto di vista, il disegno di legge di
revisione della Costituzione presentato lo
scorso anno dal Governo Monti – sebbene decaduto
con la fine della Legislatura – non può dirsi
condivisibile. Esso, infatti, avrebbe voluto
cancellare dalla legislazione concorrente
Stato/Regioni la materia dell'energia e
riportarla nelle mani dello Stato. Tornare al
centralismo di Stato sarebbe, però, antistorico
ed oltremodo pericoloso. Occorrerebbe, invece,
invertire il senso di marcia. Avere più
coraggio. Ritrovare la strada del “federalismo”.
Occorrerebbe superare, intanto, il
“bicameralismo perfetto” e trasformare il Senato
della Repubblica in una Camera delle Regioni,
composta di delegati regionali e non di eletti.
Ciò non solo avrebbe immediati riflessi sulla
questione dei costi della politica, atteso che i
delegati sarebbero già retribuiti dalle Regioni,
ma darebbe vita a una più proficua
collaborazione tra il livello statale e quello
regionale a partire dalla sede legislativa. In
questo modo, si avrebbe anche una riduzione del
contenzioso costituzionale, atteso che le
Regioni, contribuendo alla elaborazione della
legislazione dello Stato, sarebbero partecipi
delle scelte politiche assunte.
Entro questa prospettiva la materia energia e
quella della tutela dell’ambiente troverebbero
una differente collocazione. Nel primo caso,
essendo la materia strettamente collegata alla
politica economica nazionale, l’energia potrebbe
essere disciplinata in via esclusiva dallo Stato
(con la collaborazione della Camera delle
Regioni).
Per quanto concerne, invece, la tutela
dell’ambiente, questa potrebbe essere
disciplinata in modo inedito, sulla scorta del
modello adottato in Germania nel 2006 (potestà
legislativa derogatoria).
La legge sulla tutela dell’ambiente sarebbe
adottata dal Parlamento, sempre con la
collaborazione della Camera delle Regioni. Le
Regioni, tuttavia, entro un certo termine
stabilito dal Parlamento, potrebbero
parzialmente derogare alla disciplina nazionale,
ma solo a condizione che accordino all’ambiente
una tutela maggiore. Ciò, peraltro, sarebbe
anche conforme all'orientamento ormai
abbracciato dalla Corte costituzionale italiana.
Il Coordinamento No Triv auspica che chiunque
sia interessato fornisca il proprio parere al
riguardo, affinché si avvii un proficuo
confronto sul tema, in modo da neutralizzare gli
effetti più minacciosi insiti nella Strategia
energetica nazionale, restituire piena sovranità
democratica alle collettività territoriali
finora estromesse da ogni decisione politica e
preparare il terreno per un progressivo e
definitivo passaggio alle energie rinnovabili.
Coordinamento Nazionale No Triv |