TERAMO, 28.3.2014
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Dopo quasi venticinque anni di contenzioso la
Provincia vince contro la D’Annunzio che
chiedeva agli enti locali già aderenti al
Consorzio per la Libera Università una somma
complessiva, a titolo di contributi arretrati,
si circa 10 milioni di euro; due milioni e
mezzo di euro nei soli confronti della Provincia
di Teramo.
Prima la Cassazione e poi la Corte d’Appello
dell’Aquila (con la sentenza n.152/2014,
depositata lo scorso messe di febbraio) chiudono
una vicenda iniziata nel 1989, quando la
D’Annunzio citò la Provincia di Teramo, nonché
le Province di Chieti e Pescara ed i Comuni di
Teramo e Pescara, per i contributi richiesti e
non versati dalle amministrazioni locali
aderenti al Consorzio per la Libera Università
degli studi “Gabriele D’Annunzio”, organismo
costituitosi nel 1965 e poi soppresso nel 1982
con l’istituzione, per effetto della L.
590/1982, dell’omonima Università statale.
Il Consorzio era stato formato proprio fra le
Province di Pescara, Chieti e Teramo e dai
Comuni capoluogo, i quali, come scritto nello
Statuto, “dovevano provvedere a sostenere
annualmente le spese dell’Università secondo
riparto proporzionale risultante dallo Statuto
del Consorzio”.
Nel 1989, l’Università D’Annunzio cita in
giudizio gli enti locali richiedendo la
complessiva somma di 8 miliardi e 415 milioni
delle vecchie lire - oltre a rivalutazione,
maggior danno ed interessi - per spese
precedentemente sostenute dalla Libera
Università.
Ci sono voluti tre gradi di giudizio – la
Provincia è stata difesa dagli avvocati Gennaro
Lettieri e Piero Zanfagnini, nonché
dall’avvocato dell’ente Antonio Zecchino - ma
la Corte d’Appello, all’esito della cassazione
delle precedenti statuizioni sfavorevoli agli
Enti locali e del rinvio ad essa della
decisione, ha rilevato che le richieste
dell’Università sono infondate e che, quindi,
devono essere respinte: ciò anche sulla scorta
dei principi statuiti con la sentenza del 2009
della Corte di Cassazione, secondo cui “sono
dovuti dagli enti consorziati i soli contributi
delle spese di impianto della Università sempre
che le stesse risultino da progetti, perizie e
preventivi preventivamente approvati” e comunque
deliberate in data antecedente a quella di
entrata in vigore della L. n. 590/1982.
Ma i conti consuntivi di dieci anni del
Consorzio venivano approvati tutti insieme con
un unico atto deliberativo nel 1982 e solo
successivamente alla legge di statizzazione e,
altresì, non tutte le spese risultavano
riconducibili a quelle rimborsabili da Statuto.
Così la Corte d’Appello, sulla scorta dei
principi formulati al riguardo dalla Cassazione,
ha “respinto tutte le domande proposte
dall’Università” D’Annunzio nei confronti degli
Enti locali già consorziati, fra cui la
Provincia di Teramo. Una materia, comunque,
“tanto nuova e complessa” da far sentenziare la
compensazione fra le parti delle spese di tutti
i gradi di giudizio. |