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L'angolo acuto

di Lino Manocchia

 

 

Donald Trump, una muraglia messicana per andare alla Casa Bianca

 

NEW YORK, 7.11.2015 - L’elezione presidenziale  americana edizione 2016 appare alla massa votante come un volante, confuso Carnevale politico senza senso e poca importanza.

Sono i cittadini elettori che hanno dato il via al pandemonio, coinvolgendo Repubblicani, Democratici e Liberali Socialisti.

Non è una sorpresa. E’ la presenza dell’americano Bernie Sanders, che si definisce liberalsocialista, che paga regolarmente le tasse, che si investe dell’ipotetico titolo di sinistra e che, attaccando con tono baritonale, ha messo sull’attenti, momentaneamente, anche l’ex Segretaria di Stato Hillary Clinton, la quale, però, passata la cosiddetta bufera “parolaia”, ha preso le redini ed intende proseguire alla volta del traguardo democratico finale: La Presidenza 2016.

La grande sorpresa nel campo avverso appare con 18 candidati che si sono presentati, pimpanti e pronti a schiacciare il partito contrario che -è la verità - presenta soltanto 6 candidati democratici pronti e decisi a conquistare lo scettro elettorale Usa.

Senza dire che i repubblicani, questa volta, si sono scagliati decisi a vincere, con in testa il novellino della politica Usa, Donald Trump, il quale in virtù dei suoi  dichiarati milioni, in veste di costruttore di night club, teatri  e cinematografi, crede di  poter abbindolare i meno esperti.

Quando per la prima volta il Trump apparve nello Jowa, oltre 15 mila anime curiose ascoltarono la “forbita” parola di colui che “conquisterà tutto, frenerà la Cina, farà pagare tanti dollari alle nazioni che hanno contratti commerciali con l’America. E il Messico dovrà pagare anche tutte le spese sostenute per aver mandato il “marcio” della razza nelle brillanti metropoli, a rovinare gli Usa”. Infine, ”La Cina ci ridarà tutti i nostri dollari con interesse…”.

Di fronte a questa magnifica minestra finanziaria, un votante come potrebbe star lontano dal miliardario gaudente che avverte: ”Un momento, prima di tutto costruirò una muraglia lunga 1900 miglia, fonda 4 metri onde evitare tunnel e mura alte quattro metri onde impedire lo scavalco”.

 

Immediatamente i messicani abitanti in America hanno  dato ascolto al “profeta”, il quale ha subito posto una postula: Tutti gli undici milioni di messicani abitanti in America, senza regolari documenti, verranno immediatamente rimpatriati ignorando che un cittadino che è vissuto diversi anni lavorando in questa nazione e procreato uno o due bambini, per diritto diventa cittadino, essendo il figlio nato in Usa. La storia del Messico e della sua muraglia è il soggetto aperto da milioni di votanti, metà dei quali sono pienamente d’accordo che la legge nazionale non va mutata.

C’è voluto l’intervento della rete televisiva Univision a dare via libera ai suoi rappresentanti, guidati dal tecnico Jorge Ramos il quale, ormai stufo di questa cantilena inconcludente, ha aperto il rubinetto della verità.

 

Dice Ramos: ”Mi chiedo come un uomo che non conosce cosa sia un muro di protezione, possa costruire 1900 miglia di protezione – tenendo conto dell’economia! - onde impedire infiltrazioni illegali, senza fermarsi a calcolare l’ingente spesa a cui l’America andrebbe incontro. Questo poichè Trump non è un costruttore, ma un impresario. Infatti, il  milionario non ha mai costruito i suoi palazzi di 95 piani, tanto è vero che non è capace nemmeno a costruire una casetta per il cagnolino”.

 

“Già, perchè sono state le migliaia di operai del mestiere (come i cinesi) ad erigere palazzi sino al cielo mentre il Trump si bea in ufficio a mandare i dollari in banca”.

 

Dulcis in fundo, il Trump sarebbe pronto a imporre al Messico di pagare le spese necessarie per l’accennata costruzione. Altro sfocato proiettile elettorale che sollecita il riso!

E’ bastato questo bagno d’acqua calda a far perdere la voce al chiassoso concorrente, colui cioè che pensa di ricevere migliaia di voti  elettorali, tanto che anche un pastore anglicano lo ha scavalcato nel “poll” (sondaggio) insieme ad una schiera di repubblicani desiderosi, ma non capaci, di salire la scala regale.

E sì, perchè la politica può fare anche di questi scherzi.

 

Lino Manocchia

 

Nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921. Nel corso della sua lunghissima carriera negli Usa, dove si è trasferito nel '50, ha incontrato ed intervistato i personaggi più famosi e potenti del mondo.

 

 
 

 

 
 

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