TERAMO, 11.10.2016 -
Le
interviste e gli articoli apparsi sui vari
quotidiani nei mesi scorsi, in merito alle note
vicende dell’ex Credito Cooperativo teramano mi
hanno dato lo spunto per riflettere sulle cause
che hanno determinato la sua fine e sul perché
passerà alla storia per essere stata definita la
“Banca della 5° C”. In quanto la
“governance” era costituita da: cognate, cugini,
compagni di società e compagni di ex e attuali
partiti. Sintomo di capacità di facili
trasformismi che denotano mancanza di coerenza,
di pensiero e di azione. E’ proprio vero! Chi è
capace di fondare. E chi è altrettanto bravo ad
affondare. Peccato! Una bella realtà tutta
teramana ha concluso la sua “breve esistenza”.
Quante Istituzioni, con sede a Teramo, hanno
preso il volo per posarsi altrove? Poi tutti
lamentano l’impoverimento della nostra
provincia.
Teramo nel 2009 ebbe
il triste e negativo secondo posto nazionale per
l’elevato numero di fallimenti che,
complessivamente raggiunsero dal 2008 al 3°
trimestre2015, la ragguardevole cifra di 615.
Nello stesso periodo si cancellarono dal
Registro delle imprese della Camera di Commercio
ben 19422 attività. La responsabilità non è un
po’ di tutti? In modo particolare di coloro che
rappresentano le Istituzioni? Certamente la
crisi finanziaria è stata globale, ma perché
Teramo ha dovuto subirla più di altre province
abruzzesi? E la banca locale, a differenza delle
altre consorelle dell’Abruzzo e del Molise, è
stata l’unica a dover morire? Evidentemente sono
stati commessi tanti errori. Possibile che in
città non ci sia stato, eccetto qualche caso
sporadico, un rappresentante del popolo, un
eletto locale, a tutti i livelli: comunale,
provinciale, regionale, nazionale che abbia
mosso un dito per salvaguardare l’ultima
Istituzione creditizia del territorio.
Speriamo che i
teramani se lo ricordino nel segreto dell’urna.
Ora ci si meraviglia “di un pezzo di storia che
sene va”. Per fortuna se ne va una parte, Se
la Banca di Teramo “avesse superato il Gran
Sasso”, come il principale responsabile della
fine dell’Istituto di Viale Crucioli , auspicava
- nemmeno quella parte sarebbe rimasta in città.
Solo grazie al
contributo di alcuni soci e semplici cittadini,
mediante la costituzione di vari comitati, è
stato scongiurato il pericolo. E fare in modo
che il Credito Cooperativo rimanesse almeno nel
territorio teramano.
“Il presidio economico
finanziario che aveva una connotazione tutta
teramana” perché non è stato difeso quando era
in bilico la permanenza a Teramo? Forse per
timore di rottura di accordi politici o di
aggregazioni in “itinere”. Se dal nulla uomini
capaci avevano fondato un’ Istituzione che
“poteva giocare un ruolo a sostegno del sistema
produttivo”, come mai non è emersa alcuna
preoccupazione quando, irresponsabilmente, è
stato distrutto l’ultimo baluardo creditizio?
Non si può essere paladini della teramanità
quando i giochi sono stati fatti.
“Gli uomini sbagliati
che hanno ucciso la banca” non sono nati come
funghi. Qualcuno deve assumersi la
responsabilità delle scelte infelici.
D’altra parte chi non
era facilmente manovrabile e rappresentava i
soci e non una piccola casta, aveva ben compreso
che “la linea gestionale portata avanti dalla
nuova governance sarebbe stata deleteria” per la
vita della Banca. Come poi si è verificato.
È troppo facile dire
arrivederci e grazie. Se non si vuole fare il
bene della comunità che si rappresenta, almeno
non le si faccia del male.
Purtroppo il 12 Giugno
scorso è stato recitato il “De Profundis” della
Banca di Teramo, con l’indignazione generale dei
soci che hanno assistito ad un ulteriore e
indecorosa operazione: l’estrema avidità della “governance”.
La quale non ha avuto neanche la sensibilità e
il pudore di rinunciare, come avrebbe fatto
chiunque altro, dopo aver danneggiato soci e
dipendenti, alle indennità spettanti fino al 30
giugno.
Sarebbe stato un gesto
di magnanimità e liberalità. Invece ha voluto
mungere fino all’ultima goccia il latte di una
mucca morente.
Quali sono stati i
motivi per cui la stampa “incredibilmente” non è
stata ammessa all’ultima assemblea? Per vergogna
di presentare un bilancio con quasi di 10
milioni di Euro di perdita? Oppure per timore
che le foto della “governance”, come sempre è
avvenuto, fossero pubblicate e sottoposte al
giudizio della pubblica opinione? Non è facile
accettare la perdita del 60% delle quote. Le
continue richieste che provengono dai soci non
possono essere eluse.
L’Associazione Arco
non può sottrarsi al compito istituzionale di
difesa dei diritti degli utenti e dei
consumatori, verrebbero meno gli obiettivi per
cui è stata costituita. L’azione di
responsabilità deve trovare, comunque sia, una
risposta.
Per raggiungere tale
finalità l’Associazione Arco mette gratuitamente
a disposizione dei soci e di tutti coloro che si
sentono danneggiati, la propria struttura,
supportata dalla competenza di validi ed esperti
professionisti.
I nostri uffici sono
aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 a
Teramo in Via Roma 34, Tel. 0861.413931 |