PESCARA,
24.4.2019 -
È unanime la presa
di posizione del mondo scientifico contro il sostanziale
via libera da parte del Consiglio dei ministri
alla introduzione di pesci alloctoni nelle acque
interne italiane. Contro
il provvedimento il WWF aveva già preso
posizione con una lettera inviata al Ministro
dell’Ambiente, Sergio Costa firmata, oltre che
da altre associazioni ambientaliste, anche dal
CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione
Fluviale) e dall’AIIAD (Associazione Italiana
Ittiologi Acque Dolci). Ora a scendere in campo
è la SHI (Societas Herpetologica Italica) che ha
indirizzato una articolata nota al Ministro
Costa e alla Commissione Europea. Nel testo,
firmato dal presidente SHI Roberto Sindaco si
ricorda che «Il Consiglio dei Ministri nella
seduta del 4 aprile scorso ha approvato, tra
l’altro, il “Regolamento recante ulteriori
modifiche all’articolo 12 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.
357, concernente attuazione della direttiva
92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992
relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonché della flora e
della fauna selvatiche». «Si tratta – afferma la
SHI, ribadendo quella che è la posizione di
tutto il mondo scientifico - di un provvedimento
che potrebbe mettere a gravissimo rischio la
biodiversità fluviale».
Il nuovo
regolamento in particolare dispone che, in
presenza di motivate ragioni di interesse
pubblico, il Ministero
dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare possa
derogare al divieto di reintroduzione,
introduzione e popolamento in natura di specie e
popolazioni non autoctone nel territorio
italiano, sulla base sia di studi che evidenzino
l’assenza di effetti negativi sull’ambiente, sia
di appositi criteri, che lo stesso dovrà
adottare entro il termine di sei mesi dalla data
di entrata in vigore del provvedimento.
«Ci si chiede
- commenta la SHI -
quali siano gli
“imperativi motivi di interesse pubblico”
richiesti dall’Art. 9 del D.P.R. 120/2003 per
derogare dalla tutela di specie e habitat, e
come mai non siano stati addotti nel caso della
DGR. n. 514 del 18.04.2018 della Regione Marche,
che nella primavera 2018 ha immesso 5 tonnellate
di trote di ceppo atlantico in numerosi fiumi
del proprio territorio, dato che detta
immissione, contestata da numerose società
scientifiche, è stata giustificata come progetto
“sperimentale”, ignorando la letteratura
scientifica mondiale che indica le immissioni
di ittiofauna alloctona come una delle
principali minacce, a livello globale, per gli
ecosistemi acquatici e per molte specie
minacciate.
Il provvedimento, attuato sulla spinta di
interessi legati alla pesca cosiddetta
“sportiva”, modificando il decreto del
Presidente della Repubblica del 1997 che ha
recepito la “Direttiva Habitat”, mette a
serissimo ulteriore rischio la biodiversità di
laghi e fiumi italiani e pone certamente le
condizioni perché l’Italia possa essere
assoggetta a una nuova
procedura di infrazione».
Una organizzazione che
rappresenta una parte dei pescatori sportivi
italiani,
la Fipsas, a commento di questo
regolamento ha emesso una nota di giubilo
affermando che la nuova norma “rende finalmente
le immissioni legittime in tutte le acque
italiane”. È proprio questo il rischio da
scongiurare: le acque interne non rappresentano
un trastullo per i pescatori e meno che mai un
campo di gara per ami e lenze. Su tratta di
ecosistemi complessi che l’Europa e prima ancora
il buon senso ci chiede di tutelare. Tra l’altro
la presenza o meno di fauna ittica alloctona è
uno dei criteri per valutare la buona qualità
delle acque e il provvedimento in questione
comporterebbe un diffuso peggioramento aprendo
anche in questo caso la strada a una procedura
di infrazione, ancora una volta per la cattiva
applicazione della Direttiva Habitat.
La Societas Herpetologica Italica conclude
la sua lettera con una esortazione che il WWF
condivide in pieno:
«La nostra società
scientifica si appella al Ministro dell’Ambiente
perché tutto questo venga scongiurato, a tutela
della fauna nel suo complesso e delle 41
specie di pesci autoctoni, 13
delle quali endemiche,
tuttora presenti
nelle acque interne italiane, di numerose specie
di anfibi endemici, di innumerevoli specie di
invertebrati e della conservazione della Natura
italiana nel suo complesso». |