TERAMO,
29.2.2020 -
Questa mattina a Teramo
l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran
Sasso, promosso da WWF, Legambiente, Mountain
Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva,
Guardie Ambientali d’Italia - GADIT, FIAB, CAI e
Italia Nostra, ha tenuto una conferenza stampa
per fare il punto della situazione alla luce
dell’udienza del 26 febbraio scorso e delle
recenti dichiarazioni del Commissario
straordinario per la messa in sicurezza del
sistema Gran Sasso, Prof. Corrado Gisonni.
Sul fronte
giudiziario sembra che finalmente il processo
possa avviarsi. Cinque Associazioni tra quelle
che compongono l’Osservatorio (WWF, Legambiente,
Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia –
GADIT e CAI) sono state ammesse come parti
civili nel procedimento penale davanti al
Tribunale di Teramo a carico dei vertici di
Strada dei Parchi SpA, INFN e Ruzzo Reti SpA a
seguito dell’incidente dell’8 e 9 maggio 2017
che comportò il divieto di consumare acqua in
quasi tutta la provincia di Teramo.
«All’udienza
del 26 febbraio, il dott. Domenico Canosa, con
un’articolata ordinanza ha riconosciuto alle
associazioni ambientaliste, e non solo, la
qualità di soggetti lesi dal reato e ne ha
ammesso la costituzione come parte civile
- ha dichiarato l’Avv. Prof. Domenico Giordano
che difende WWF, Legambiente, Cittadinanzattiva
e CAI -.
Si tratta di
un’importante vittoria perché permetterà alle
associazioni che da sempre si sono battute per
la salvaguardia dell’ecosistema dell’acquifero
del Gran Sasso di partecipare attivamente al
processo, ma anche e soprattutto perché
permetterà di prendere visione di tutti i
documenti acquisiti dalla procura nella propria
attività di indagine e far finalmente chiarezza
su ciò che è accaduto e sulle responsabilità dei
vari enti preposti».
E uguale
soddisfazione è stata espressa dall’Avv. Daniele
Di Furia che difende le Guardie Ambientali
d’Italia – GADIT.
Per quanto
riguarda il fronte della messa in sicurezza
dell’acquifero, nei giorni scorsi si è
registrato l’allarme, anticipato durante
l’incontro pubblico organizzato a Teramo il 14
febbraio e dopo rilanciato sulla stampa, del
Commissario Gisonni che ha lamentato di non
essere stato messo fino ad oggi nelle condizioni
di operare come avrebbe voluto essendo di fatto
privo di supporto tecnico e addirittura di una
sede. È evidente che è necessario individuare
dei luoghi dove collocare degli uffici a Roma,
ma anche in Abruzzo al fine di garantire una
vicinanza con il territorio.
È veramente
paradossale che, da un lato, si sia proclamata
un’emergenza e, dall’altro, si continuino ad
accumulare ritardi.
Il
Commissario è stato previsto dalla Legge di
conversione del Decreto-Legge n. 32/2019,
cosiddetto Sbloccacantieri, e doveva essere
nominato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti e sentito il
Presidente della Regione Abruzzo, il 3 luglio
2019. In realtà la nomina è arrivata solo il 5
novembre per diventare operativa il 12 con la
registrazione alla Corte dei Conti. E da allora
si attende un nuovo provvedimento per la nomina
dell’ufficio commissariale.
Nel
frattempo restano senza risposte una serie di
domande:
-
Il lavoro del Commissario ripartirà dalle
conclusioni della delibera della Giunta
regionale n. 33/2019 “Gestione del rischio
nel sistema idrico del Gran Sasso” che ha
previsto una serie di interventi e una somma
necessaria per affrontarli (172 milioni di
euro: ad oggi non ancora individuati visto
che ne sono stati stanziati 120 in tre
anni)? Oppure si dovrà ripartire da capo per
capire cosa fare?
-
Fino ad oggi è mancata da parte della
politica sia nazionale che regionale la
volontà di creare un sistema partecipativo
rispetto al percorso decisionale. Nella
legge di individuazione del Commissario
ancora una volta non si sono voluti
individuare specifici strumenti di
informazione e coinvolgimento dei cittadini
e delle associazioni portatrici di interesse
diffusi costituzionalmente rilevanti che per
prime, ormai 20 anni fa, hanno denunciato le
gravi carenze del sistema di sicurezza del
Gran Sasso. Come si intende procedere per
garantire il diritto all’informazione e alla
partecipazione?
-
In base a quanto deciso nella richiamata
delibera della Giunta regionale n. 33/2019
le sostanze pericolose incompatibili con
l’acquifero presenti nei Laboratori di
Fisica Nucleare del Gran Sasso dovrebbero
essere rimosse entro il 31 dicembre 2020 (in
origine era il 31 dicembre 2019, ma il
termine fu posticipato di un anno per
espressa richiesta dell’INFN). Siamo ormai a
marzo 2020 e ancora non si sa neppure come
si vuole procedere in quella che sicuramente
sarà un’operazione complessa con tempi
lunghi. Che cosa si sta aspettando?
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