Benny Manocchia:
I giovani soffocati dagli stranieri
Usa, Mercoledì 23 Giugno 2010 - Da Benito “Benny” Manocchia, giuliese in
America, riceviamo e pubblichiamo queste
considerazioni personali in attesa della partita
decisiva degli Azzurri con la Slovacchia
ai Mondiali in Sud Africa:
Caro Direttore,
ti
chiedo il favore di farmi dire un paio di cose,
prima della partita di giovedì, che tu stesso
hai messo in risalto più di una volta. Mi
riferisco al problema delle squadre italiane che
stanno diventando (alcune già lo sono) di
assoluto dominio dei giocatori stranieri (l'Inter
è indubbiamente l'esempio più chiaro). Per
vedere un "bel gioco", dicono in molti, occorre
avere i migliori del momento. E infatti, a suon
di milioni, le squadre di casa nostra riescono
quasi sempre ad avere "er mejo" come dicono a
Roma. Oddio, ci sono capitati anche dei
"limoni", per usare una espressione americana.
Mentre gli Stati Uniti esultano per il passaggio
del turno grazie al successo sull’Algeria e
quasi si sentono campioni del mondo, rintrona
nel cervello tutto questo perchè, qui a New
York, dobbiamo seguire le partite per il tramite
di una stazione tv in lingua spagnola. Ebbene,
quando e' il momento di leggere le formazioni,
il telecronista non può fare a meno di
ricordare che praticamente ogni
nazionale abbia uno o più calciatori che
giocano o hanno giocato in una squadra italiana.
C'è da chiedersi (e non ci vuole molto) quanti
giovani di talento di casa nostra si sono visti
chiudere in faccia le porte del successo nel
calcio. Dice: si sa che gli italiani sono
esterofili, specialmente nello
sport del pallone. Sarà. E
allora le società che devono fare? Senza
l'acquisto dei campioni esteri lo spettacolo
finirebbe in un mese, hanno scritto. Però con lo
"spettacolo" tanto richiesto abbiamo negato e
neghiamo un futuro
a chi in Italia potrebbe diventare un Boniperti,
un Piola, perfino un Meazza per arrivare ai big
del giorno d'oggi. Ora nel Sud Africa vediamo
che cosa combina un campionato della bella
Italia con giocatori danesi, camerunensi,
olandesi, giapponesi, brasiliani, argentini
eccetera ecceterone come diceva San Bernardino.
E non c'è verso che cambi.
Lippi ha detto che quelli in Sud Africa sono i
migliori calciatori italiani che abbiamo oggi.
Occorre dire altro?
Grazie per lo spazio.
Benny Manocchia
Dico la mia
Vincere, il resto (per
ora) non conta
Caro
Benny,
prepariamoci a vivere le ansie e le emozioni
dell’incontro decisivo con la Slovacchia
partendo da un presupposto: non è detto che i
migliori giocatori giochino anche il calcio
migliore. Vincente sì, però. Quante volte hai
visto giocare bene la tanto citata Inter
“stranierissima”? Io poche. Eppure ha vinto il
grande slam, non soltanto per l’organico più
forte, non soltanto perché l’accozzaglia di doti
tecniche e caratteriali individuali dell’era
Mancini e predecessori sono state amalgamate in
squadra vera da Mourinho. Ha vinto perché Mou si
è dimostrato Special One anche nei colpi di
genio, nelle strategie mediatiche e in panchina,
e perché, quando i meccanismi non hanno
funzionato, ci ha pensato il colpo di genio,
l’invenzione di Milito, Maicon, Scheider,
Balotelli, dei tanti campioni nerazzurri a
dipanare la matassa. Insomma, il quid. Di quello
si avverte la mancanza in questa Italia
volenterosa ma piatta e grigia nonostante le
alchimie di Lippi. Rimanderei ad altra occasione
l’approfondimento dei temi interessanti e
condivisibili che poni sulla esterofilia. Il
discorso ci porterebbe lontano, alla
globalizzazione di cui abusano presidenti,
dirigenti, procuratori, addetti ai lavori e
pletora di parassiti, quasi mai per interesse
tecnico, oppure alla stessa educazione al
sacrificio che è carente in seno alle nostre
famiglie, alle nostre scuole, alla nostra
società civile. Non sono emblematici i casi di
Balotelli e Santon il cui talento è venuto alla
luce ma non si è compiutamente espresso per
problemi personali diversi? E poi, quanti dei
nostri “dotatissimi” giovani si distinguono più
nei gossip che nelle gesta atletiche? Il
Campione non è colui che
sa giocare, ma colui che
al talento unisce carattere, determinazione,
mentalità vincente. Torno alla partita con la
Slovacchia, per una riflessione rafforzativa del
concetto. Dicono che giocherà Gattuso. Anche se
non sarà così, la sola idea che Lippi possa
ricorrere ad un altro salvagente della vecchia
guardia, acciaccatello da un paio
d’anni, significa che in quattro anni, passando
per l’Europeo di Donadoni del 2008, non sono
cresciute alternative alla sua altezza.
Questione generazionale, insomma. Ma questa è
una delle occasioni in cui conta solo vincere.
Tutto il resto, come scrisse Shackespeare, è
silenzio.
Benito “Benny”
Manocchia
è nato a Giulianova e,
come suo fratello
maggiore Lino, si
trasferì negli USA nel
1955 da dove cominciò a
collaborare con alcuni
giornali italiani. Firmò
un contratto con la
Rusconi Editore, casa
editrice alla quale è
rimasto legato per quasi
30 anni, girando mezzo
mondo per servizio. Ha
scritto “un paio di
libri che nessuno ha
letto”, si schernisce.
Sogna spesso il pesce
fritto di Giulianova, le
lunghe nuotate da un
molo all'altro, le
traversate di migliaia
di...metri con il
sandolino e gli amici
che ha lasciato a
Giglie.
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