Giulianova, 15.7.2012 - Ho letto con
particolare attenzione, anche per ragioni
personali, l'articolo pubblicato da
Il Messaggero dal titolo "Bravi, ma senza lavoro
giovani in fuga all'estero" (Abruzzo,
giovedì 12 luglio, Pescara, pag. 37). Con
l'ausilio di dati statistici di fonte sindacale,
l'articolo tocca un nervo scoperto negli ultimi
anni: l'emigrazione giovanile verso altri paesi,
in primis Brasile, Canada, Australia,
evidentemente alla ricerca del lavoro che manca
in Italia e, con esso, un progetto di vita, un
futuro. Dico la mia, su questo, per "entrare
dentro" alla questione che rischia di rimanere
in superficie e limitarsi al mero aspetto
economico-lavorativo, che pure è prioritario.
C'è qualcosa di più nel fenomeno, che sta
assumendo una tendenza esponenziale. Qualcosa di
più grave e doloroso, che chiama in causa il
sistema e la sua mancanza di meritocrazia.
Questi giovani, nella stragrande maggioranza dei
casi quelli che credono ancora in valori di
onestà, correttezza, lealtà, rispetto verso il
prossimo e le regole, avvertono il disagio di
restare in un paese allo sbando innanzitutto sul
piano etico, morale, intellettuale; nel paese
del malaffare, del teatrino delle falsità e
delle ipocrisie e del gioco delle parti, della
politica e della società del clientelismo e del
ricatto subdolo e amorale "con me o contro di
me", del voto di scambio, dei quali si
alimentano l'arrivismo, il carrierismo,
l'arroganza, l'apparenza, l'egoismo, il
machiavellismo del potere. C'è qualcosa che non
funziona da noi se i giovani laureati staccano
la spina e vanno a lavorare da lavapiatti o da
camerieri in Australia lasciando un posto di
precario in banca o lo stesso mestiere in un
albergo o in un qualsiasi ristorante
dell'Italia, del loro paese, del paese dove sono
nati, cresciuti e , perchè no?, del paese che
amano. C'è qualcosa che non funziona, qui, se
quei giovani lavapiatti o camerieri in Australia
lavorano 12, anche 13 ore in una giornata e
vengono pagati fino all'ultimo minuto e
all'ultimo centesimo, in regola, mentre qui
vengono pagati (sfruttati, è meglio dire) per la
metà delle ore e spesso non in regola. No,
questi giovani non cercano ricchezze altrove.
Questi giovani non sono deboli, sono coraggiosi.
Non sono bamboccioni, mammoni o sfigati, non
hanno paura di corciarsi le maniche se è vero
che non hanno paura di spiccare un volo anche di
10 mila chilometri verso gli antipodi recidendo
le loro radici. Questi giovani cercano soltanto
benessere. Il benessere della certezza e della
dignità, non soltanto professionale, ma anche
umana e sociale, di stare bene con se stessi e
con gli altri anche nelle piccole cose, nella
quotidianità, perchè anche questo è un modo di
costruirsi un sogno e di nutrire un ideale. In
una parola cercano la qualità della vita che noi
non abbiamo saputo e non sappiamo dare loro.
Facciamo un bel mea culpa tutti, invece di
parlare bene e razzolare male. Altrimenti, non
saranno solo i giovani a desiderare di tagliare
i ponti con questo Paese delle "caste vuote".
|