Enzo Ferrari, semplicemente “La
leggenda"
di Lino
Manocchia
New York, 20 Febbraio 2011.
La notizia e' di qualche giorno fa: il Comune di
Modena prosegue l'opera di promozione e
valorizzazione del quartiere Tempio della citta',
in vista dell'apertura del Museo Casa natale di
Enzo Ferrari, previsto tra la fine del 2011 e
l'inizio del 2012. La notizia fa piacere ai
ferraristi e credo che anche il Grande Vecchio
avrebbe gradito.
Ricordiamo con giustificato orgoglio la memoria
del Drake che oggi avrebbe festeggiato a
Maranello il suo 113.mo compleanno. Ventitre
anni fa, l'automobilismo perse
il suo mito piu’ grande: una stella di
incomparabile grandezza accesasi nell’ottocento,
e che continuerà ad illuminare anche il futuro
piu’ lontano della storia delle corse.
Ferrari nacque a Modena il 20 febbraio 1898 e
crebbe nutrendo tre passioni: mentre il padre lo
voleva ingegnere, lui cullava il sogno di
diventare tenore di operetta, giornalista
sportivo e pilota di automobili. Quest’ultimo si
sarebbe avverato a livello professionale e ne
avrebbe fatto “La leggenda”.
Con quelle sue ampie braccia rompeva l’aria.
Larghi gesti da patriarca, si, ma mai in pace
con la vita. Sembrava un arco teso e una delle
corde piu’ importanti era la forza che emanava.
Dopo mezzo secolo di giovinezza ed irreversibile
vecchiaia, aveva cominciato a cementare le prime
pietre della fabbrica. Raggiunti i novant’anni
era ancora capace di sbattere il pugno sul
tavolo.
Furono tanti gli illustri conoscitori della
vita, della politica, dello sport a cimentarsi
sul come coniare un nomignolo atto alla sua
personalita’. Era troppo difficile paragonarlo a
qualcuno, impossibile definirlo.
Nel
1920 inizio’ a correre con l’Alfa Romeo che a
quei tempi era il club per gentlemen driver. Nel
1923 in occasione di una gara a Ravenna la
contessa Paolina Biancoli, madre del grande asso
dell’aviazione italiana Francesco Baracca,
consegno’ ad Enzo il simbolo che il leggendario
aviatore portava sulla carlinga, un cavallino
rampante, e gli disse: ”Ferrari metta sulle
sue macchine il cavallino rampante del mio
figliolo. Le portera’ fortuna”. A partire
dal 1932 questo simbolo apparve sulla
carrozzeria delle macchine prodotte dalla
Scuderia Ferrari.
Mentre sviluppava le vetture Alfa, il modenese
costruiva un team di 40 piloti tra cui Alberto
Ascari, Giuseppe Campari e Tazio Nuvolari.
Ferrari stesso continuo’ a correre sino alla
nascita, nel 1932, del figlio Alfredo detto
Nino, che mori’ nel 1958 di distrofia muscolare.
La prima gara disputata fu il Gran Premio di
Monaco nel 1947 (non esisteva ancora la Formula
uno). La prima vittoria in F.1 fu il Gran Premio
di Gran Bretagna del ’51 con Froilan Gonzales
che sbaraglio' lo squadrone Alfa Romeo. Fu la
vittoria che segno’ il declino del Biscione nel
mondo della F.1 e l’ascesa sportiva della
Ferrari, causando al Drake un conflitto di
sentimenti verso la vecchia Casa milanese.
“Quando nel 1951 Gonzales su Ferrari si lascio’
alle spalle la “159” e l’intera squadra Alfa,
piansi di gioia, ma mescolai alle lacrime di
entusiasmo anche lacrime di dolore, perche’ quel
giorno pensai: “Io ho ucciso mia madre”,
scrisse il Drake nel suo volume “Enzo Ferrari
80”.
Passano gli anni, Ferrari e’ ancora attivissimo.
Fino ai primi Anni ‘80 non e’ raro vederlo per
le vie di Modena al volante della sua 412. Ai
giornalisti si presentava sempre in ottima
forma, pronto alla discussione e anche alla
battuta, le sue conferenze stampa potavano dire
o non dire cose interessanti, fornire o non
fornire anticipazioni, ma non erano mai banali,
noiose.
Da
molto tempo era in cima alla cima, al colmo del
suo destino, ma nuotava ancora vigorosamente in
superficie, mentre sentiva il tempo che gli si
contraeva davanti e gli si dilatava alle spalle.
Il cronista, che nel passato lavorava da New
York per il settimanale “Rombo”, diretto
dall’amico Marcello Sabbatini,
il padre del giornalismo
motoristico, fondatore dei settimanali
Motosprint
e
Autosprint,
spesso tornando in Italia passava da Maranello
per salutare il Drake. Il suo segretario, Franco
Gozzi, gli annunciava: “Commendatore,
e’ tornato l’americano. Vuol vederlo?”
Ferrari, con i suoi occhiali neri, e la penna
dall’inchiostro viola, senza alzare la testa
diceva tutto d’un fiato: ” Ma voi in America
quando la costruite una macchina capace di
stracciare una mia “creatura”? Che sei venuto a
fare a Bologna? Ti tratta bene Marcellino?”.
"Marcellino" Sabbatini
era
l’eterno affettuoso amico-nemico di Enzo col
quale la domenica visionava alla Tv, a
Maranello, il Gran Prix per poi dar vita a
dibattiti giornalistici senza fine.
Alla mia spiegazione aggiungeva: ”Non temere
il Governo prima o poi ti fara’ Cavaliere ad
honorem”, e rideva rumorosamente.
Enzo Ferrari era onorato dal governo con la
commenda di Cavaliere di Gran Croce, ma veniva
sempre apostrofato rispettosamente: “Il
Commendatore”.
Dopo aver fatto di tutto perche’ non lo
dimenticassero, un giorno disse con rabbia:
“Dimenticatemi!”. Nessuno gli diede ascolto.
Impossibile.
LINO MANOCCHIA
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