Federico
Fellini icona del cinema italiano
New
York, 13 Marzo 2012
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Il 20 gennaio 1957, Federico Fellini compiva 37
anni. Era giunto ad Hollywood dove avrebbe
sicuramente vinto l’Oscar, la mitica statuetta
d’oro, per il film “La Strada”, gia’ proiettata
a Venezia 4 anni prima in un contesto di
scontro culturale con i neorealisti sostenitori
del regista Luchino Visconti, che presentava,
nello stesso periodo, il film “Senso”.
“Ma io non volevo venire” e si scusava
per la sua timidezza. ”Ed ora devo restare,
schiavo della prassi artistica di Hollywood”.
Il romagnolo, destinato a diventare una icona
del film italiano, era sgusciante come
un’anguilla, volubile come una farfalla. Nella
nostra intensa carriera giornalistica non
abbiamo mai incontrato un personaggio cosi’
difficile come Fellini, eppure non abbiamo
incontrato un interlocutore piu’ amabile,
contradditore più agguerrito di questo
personaggio che dava l’idea dell’orso, che “non
ha mai niente da dire”, e poi scarica tutto il
ben di Dio e dice tutto.
“Vedi” ammetteva ”le interviste mi
tolgono il buon umore, per la loro atmosfera di
esame, per la invadenza sbrigativa”.
Ma cosa la stimola, Fellini?
“Le difficoltà, i malumori, le incomprensioni,
gli scontri con i produttori sono per me molto
stimolanti.”
Quante volta ha rivisto “la Strada” da quando
l’ha completata?
”Un film, quando l’ho terminato, non mi
incuriosisce più” rispose.
Hollywood la tenta?
“Si, moltissimo, da sempre. Ma a patto che resti
una tentazione.”
Noi italiani siamo piu’ un popolo di poeti o di
navigatori?
”Mi pare che stiamo diventando un popolo
d’intervistatori e intervistati.”
Il tempo a disposizione per la proiezione de “La
strada” scemava velocemente. La realizzazione
del film fu lunga e difficoltosa sopratutto per
il budget limitato, per il genio romagnolo,
considerato universalmente come uno dei più
grandi ed influenti cineasti della storia del
cinema.
Nell’arco di un quarantennio (da “Lo sceicco
bianco” del 1952 a “La Voce della luna” 1990)
”Intervista,” Fellini “ritrattava” una diecine
di lungometraggi, una piccola folla di
personaggi memorabili, definendosi “un artigiano
che non ha niente da dire, ma sa come dirlo.”
Senza dubbio i titoli dei suoi piu’ celebri
film,”La strada”, ”Le notti di Cabiria”, ”La
dolce vita”, ” 8 e mezzo” e “Amarcord”, sono
diventati i “top film”, riconosciuti in tutto
il mondo.
Fellini era nato a Rimini da una famiglia
borghese, la madre Ida Barbian -romana-, il
padre, Urbano, rappresentante di liquori e
dolciumi.
Già prima di terminare la scuola, provo’ alcune
collaborazioni con giornali e riviste, tra le
quali ”La Domenica del Corriere”. Agli inizi del
1938 si trasferiva a Roma, con la scusa di
frequentare l’Università, ma in realtà per
realizzare il desiderio di dedicarsi alla
professione giornalistica.
Nel 1945 avviene l’incontro con Roberto
Rossellini e collabora alla sceneggiatura di
“Roma citta’ aperta” e Paisà”, considerate le
prime pellicole del Neorealismo italiano. Era il
suo battesimo dietro la macchina da presa. Nel
1950 Fellini debutta con “Luci del varieta’” che
dirige insieme ad Alberto Lattuada col quale
diventa anche produttore, ma il debutto assoluto
come regista con “Lo sceicco bianco” fu la sua
consacrazione artistica.
Gli anni 50 sono caratterizzati da profondi
cambiamenti nella società ed in particolare
nell’Italia che si avviava verso
l’industrializzazione. I film di Fellini, girati
in questo periodo nascono proprio da questo
contesto. Dopo “Luci del varietà”, il regista
gira “I vitelloni” che racconta la vita di
provincia di un gruppo di amici a Rimini.
Il grande successo internazionale arriva per il
riminese grazie al film “La strada”. Il film
ricco di poesia racconta il tenero ma anche
turbolento rapporto fra Gelsomina, interpretata
da Giulietta Masina, e Zamparo ’interpretato da
Antony Quinn, due strampalati artisti di strada
che percorrono l’Italia dell’immediato dopo
guerra.
La prima de “La Strada” avvenne -come detto- il
6 settembre1954 a Venezia, ma fu Hollywood a
issare il film nell’albo dei “most interesting
film” di cinelandia, assegnando il primo Oscar
ad una “produzione straniera”.
In “Giulietta degli spiriti” –sempre con la
Masina- (1965), Fellini adotta per la prima
volta il colore, in funzione espressionistica.
Quando il regista parlava del successo di
“Amarcord” soleva dire: ”Mi sembra che i
personaggi di Amarcord, personaggi di questo
piccolo borgo proprio perche’ sono cosi’
limitati a quel borgo e quel borgo e’ un borgo
che io ho conosciuto molto bene, e quei
personaggi, inventati o conosciuti, diventano
improvvisamente non piu’ tuoi, ma anche degli
altri.”
L’ultimo decennio di attività di Fellini è
arricchito dagli ultimi capolavori ”E la nave
va”, ”Intervista” e il lavoro di addio al cinema
“La voce della Luna” (1990), da “Il Poema dei
lunatici”. Quest’ultimo film gli dara’ la
possibilità di avere come protagonisti Paolo
Villaggio e Roberto Benigni.
Federico Fellini muore il 31 ottobre del 1993,
presso il Policlinico Umberto 1 di Roma,
ricoverato per un nuovo ictus. Il 30 ottobre
avrebbe dovuto celebrare le sue nozze d’oro con
la moglie Giulietta Masina, la quale chiese che
il trombettista Mauro Maur eseguisse
”l’Improvviso dell’Angelo” di Nino Rota, caro
amico di Federico. La Masina sarebbe morta
cinque mesi dopo il marito. Entrambi furono
seppelliti nel cimitero di Rimini accanto al
figlio Federichino, morto poco dopo la sua
nascita. |