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I Ricordi di Lino Manocchia

Amorevole "numero speciale" dedicato dal nostro Lino al papà Francesco, una sorta di letterina di Natale spedita all'aldilà

 

Da Manocchia a Manocchia: «Buon Natale, babbo»

 

NEW YORK, 6.12.2012 - Francesco Manocchia, che Benito Mussolini e gli amici chiamavano cordialmente “Francescuccio“, era nato il 6 marzo 1889 da Lucia Macellaro e Pasquale Manocchia, di modeste condizioni sociali ed economiche. Se nostra nonna Lucia non lo avesse convinto a non andare in America, su richiamo dei miei due zii di Pittsburg (a papà premeva più la famiglia che una nuova vita nell’altro pianeta) e il consiglio della nonna non veniva accolto favorevolmente, l’intero complesso di casa Manocchia oggi sarebbe ben diverso...

Ritengo importante la descrizione del tragico avvenimento ricostruita dallo storico Sandro Galantini “il 29 febbraio 1944”, maledetto anno bisestile, il sole, malgrado la stagione, riscaldava Giulianova, paese abruzzese che all’una e un quarto veniva scosso da una inaudita ondata di bombe lanciate dagli aerei inglesi. In breve lasciavano resti di macerie fumanti di case e persone .”Tra questi poveri corpi senza vita, c’era anche il Cavaliere Francesco Manocchia, 55 anni, colpito alla fronte da una scheggia, e il fratello minore Benito, punteggiato da 13 schegge di proiettili lungo il corpo”.

Personalmente io ero in…vacanza (durata 3 anni) nei “lager” teutonici e non seppi nemmeno del bombardamento se non due anni dopo.

 

Il ritratto in rima dedicato dalla redazione del "Posillipo d'Abruzzo" al Direttore Francesco Manocchia

 

 

 

La vita di “Francescuccio” fu una cornucopia di vicende politiche, professionali che lo seguirono sino al suo tragico trapasso in quell’anno bisestile. Papà che amava la caccia sopratutto se erano beccacce e pernici, che andava a scoprire nelle montagne abruzzesi e nei fiumi, era nato con la penna da scrivere in mano. A 18 anni era redattore de “La Provincia”, settimanale politico amministrativo di Francesco Vicoli. Due anni dopo a Genova, in uniforme di sottufficiale di fanteria, svolgeva una intensa attività militare e sportiva, vincendo anche tre medaglie d’oro (scherma, salto e disco). In momenti particolarmente difficili, vendetti una delle medaglie all’orefice per 90 lire, che consegnai a mio padre il quale, sorpreso, fu pronto ad andare a comperare un bel torrone. Volontario in Libia, ritorna da Tobruck a Giulianova per abbracciare la mamma Lucia e quindi ripartire per il fronte. Nel giugno 1915 sulle colline di Selts, per atti di valore (anche il salvataggio della bandiera del reggimento) viene nominato ufficiale dal Maresciallo d’Italia Cadorna (che esprimeva anche sentimenti di sincera stima).

Francesco Manocchia deciso, coraggioso in trincea durante sanguinosi attacchi guidati dal capitano Aprosio, riportò ferite e, tra l’altro, perse l’amata sorella Ida, afflitta da un male incurabile. Per la sua convalescenza venne inviato ad Arezzo, San Giovanni Valdarno e Montepulciano dove scrisse “I comandamenti del 1918” stampato in oltre 25 mila esemplari, ed una commedia in tre atti che gli fece conoscere mia madre Filomena, la graziosa ragazza di origini senesi che sposerà a Torrita di Siena nel 1920. Quindi la “Signorina Bonella”, stampata in 6 mila esemplari, valse a mio padre il secondo posto nel Congresso Drammatico italiano con a capo il gigante della letteratura Luigi Pirandello.

Qualche anno dopo Giacomo Acerbo, deputato al parlamento, quindi Presidente del Consiglio, nonchè mio padrino di cresima, firmò la prefazione per il libro “Salmi della Patria”, dedicato ai giuliesi caduti nella Grande Guerra.
La carriera giornalistica di mio padre sembra non abbia mai fine. Oratore forbito, era una miscela esplosiva di estro, calcolo e impulsività.

Rifiutò incarichi politici salvo quello di segretario dei combattenti abruzzesi:

 

La sua coerenza praticata con l’ingenua costanza propria dell’intellettuale,offre una visione romantica della vita, tanto diffusa della vita, dallo scrittore Manocchia”, afferma Galantini, e crediamo abbia centrato meglio di ogni altra cosa il carattere, la tenacia, la volontà di arrivare di mio padre, sul cui capo mulinava un cervello che ignorava il riposo.

Babbo era un padre premuroso. Di ritorno dalla partita serale con gli amici, poneva sui nostri comodini cioccolatini, caramelle e paste del famoso Germano. Era una magnifica “Befana” per tutte le stagioni.

Da bambino io nutrivo la speranza di diventare prete. Avevo anche un altarino dove spesso vi recitavo la Messa. Un giorno, mio padre, che a Roma era conosciuto dai “pezzi grossi”, aveva stretto amicizia col cardinale Ascalesi (del Trattato Lateranense) e confessò all’eminente Prelato il mio “pio” desiderio. Il Cardinale, su un suo biglietto personale, scrisse al Vescovo di Teramo di ammettermi gratis sino al raggiungimento del sacerdozio. “Francescuccio,” che il cardinale chiamava la “mitragliatrice”, non ci vide più. Voleva diventare il mio sacrestano. Studiai due anni in seminario ma ben presto il pensiero sfumò. Non ebbi mai modo di conoscere il suo disappunto…o soddisfazione sulla mia “debacle giovanile”...

Sprazzi di vita vissuta che riemergono alla mente sempre più piacevoli. Come il Natale, quando la mamma si arrabattava a cucinare il pollo e i maccheroni con la chitarra, per i quattro aquilotti, i quali si premuravano a preparare la letterina, da me vergata, da mettere sotto il piatto.

Ricordo che un giorno - avevo appena 18 anni- scrissi il mio primo “articolo” sulla Maggiorata di Giulianova. Purtroppo per mio padre fallii il colpo.

“L’hai mandato a qualcuno?”, mi chiese pietosamente. “Va là, cerca un’altra via. Il giornalismo non ti farà mai ricco”.

Vorrei tanto che mio padre da lassù, oggi, mi vedesse. Godrebbe, credo, senza dubbio del successo di suo figlio nella nazione che lo ospita ed ora – dopo 92 primavere - sta per intraprendere la lunga passeggiata verso l’altro Pianeta e raggiungere il traguardo della vita.

Chissà se nell’aldilà lo potrò incontrare. Avremmo tante cose da dirci. Buon Natale, babbo”

Lino Manocchia

Lino Manocchia

Nato a Giulianova il 20 febbraio del 1921. Nel corso della sua lunghissima carriera negli Usa, dove si è trasferito nel '50, ha incontrato ed intervistato i personaggi più famosi e potenti del mondo.

 

 
 
 
 

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