NEW YORK,
23.3.2014 –
Il 10
luglio del 1921 nasceva, da padre di origine
messinese e madre triestina, Jake LaMotta,
all’anagrafe Giacobbe La Motta e nella storia
del pugilato il “Toro del Bronx” che ha
ispirato il film “Toro scatenato” (1980) diretto
da Martin Scorsese e interpretato da Roberto De
Niro, insignito del premio Oscar come migliore
attore protagonista, e tratto dal memoriale del
pugile “Raging Bull” (1970).
Il “Toro”, personaggio assai controverso dentro
e fuori del ring, risiedeva in una magnifica
villetta lungo la Fordham Road, nel Bronx, zona
eminentemente italiana, a poche centinaia di
metri dalla casa del vostro cronista, con il
quale sovente si intratteneva.
Il pugile oggi ha raggiunto 93 anni, dopo una
infanzia povera e spericolata nel Bronx, il
riformatorio a 16 anni, i primi pugni in
palestra, un programma di protezione dall’alcool
domato a fatica, quattordici stagioni di boxe,
106 combattimenti, un titolo mondiale dei Pesi
Medi detenuto per 612 giorni e la recente
simbolica proclamazione di “mascella più
resistente nella storia della boxe”. Fu il primo
pugile a battere il mitico
Sugar Ray Robinson;
nel secondo dei loro sei memorabili incontri,
prima lo mandò al tappeto all'ottavo round e poi
vinse ai punti dopo 10 round. LaMotta fu
sconfitto negli altri cinque incontri.
LaMotta era solito ricordare questi particolari,
ampliandoli con dettagli e aneddoti. E un giorno
il cronista, curioso di conoscere le
sfaccettature della vita e della carriera del
grande campione, chiese a Jake: Tu hai
combattuto con il prodigioso Sugar Ray Robinson.
Hai mai avuto timore di incontrarlo?
«Io sono stato messo K.o. soltanto dalle mogli -
rispondeva con aria altezzosa - Ho disputato
più di cento incontri, ma nemmeno il grande
Robinson è mai riuscito a stendermi».
Ed aggiunse: «Confesso che per arrivare al
titolo ho accettato anche una”combine”. Temevo
sempre di ingrassare (come dimostra anche De
Niro che ingrassò di 30 chili per girare il
film; ndr). Durante la mia carriera ho
smaltito due tonnellate». Quindi
proseguiva: «Oggi ci sono pugili che arrivano
a disputare un campionato del mondo dopo venti
incontri, ma mezzo secolo fa le categorie erano
soltanto otto e altrettanti i titoli. Farsi
largo non era facile»
E’ storia il fatto che LaMotta lasciò alle
spalle oltre 80 combattimenti e che nel 1947
era ancora in fila quando accettò di combattere,
su spinta del “padrone” Carb, con il mediocre
Billy Fox, e dovette cedere alla quarta ripresa.
Fu il lasciapassare della mafia per il valido
candidato.
Comunque, LaMotta più che un uomo sul ring era
una tigre, aggressivo e potente, solido e
spietato, ma anche nella vita si abbandonava
sovente alla rivolta, non risparmiando nemmeno
qualcuna per delle proprie mogli, specialmente
Vicky, la seconda, un’affascinante bionda di cui
Jake era gelosissimo. LaMotta il 14 febbraio
1951 mise in palio il titolo a Chicago contro
Robinson. Fu la sesta e ultima sfida tra i due
che Sugar si aggiudicò al 13mo round per K.O.
tecnico. Quella del combattimento di Chicago fu
una delle sequenze più intense e drammatiche di
“Toro scatenato”. La sconfitta di fronte a
Robinson chiuse in pratica la carriera di Jake
che perse la metà degli ultimi dieci incontri,
prima di ritirarsi nel ’54.
Oggi il campione non beve più, fa dieta, l’unico
vizio conservato è quello di fumare grossi
sigari e di…sposarsi. La sua fortuna è
praticamente scomparsa insieme ai mezzo miliardo
di dollari concessi dai produttori di “Toro
scatenato” e per gli alimenti da versare alle
sue ex mogli, le uniche, come egli ci ha detto,
«capaci di metterlo al tappeto».
Gli restano però 106 incontri, tra cui sei
leggendarie sfide con l’impareggiabile Sugar
Ray, con 83 vittorie (30 per ko), 3 pareggi e 19
sconfitte.
Il cronista ricorda il periodo in cui il
famigerato Frank Carbo teneva le briglie dei
piccoli e grandi campioni guantati e un giorno
chiese al connazionale campione: Ma questo Frank
Carbo chi è?
Con una smorfia soffocata, seguita da un sorriso
quasi infantile, Jack cercò di descrivere il
misterioso Capo dei capi del pugilato mondiale.
«Si chiamava Frank Carbo, soprannominato “Mister
Grigio” perchè vestiva invariabilmente di
grigio, dalla testa ai piedi»,
si limitò a dire.
E’ ovvio che Jack non avrebbe mai detto che
Frank Carbo, nato Paolo Giovanni ad Agrigento,
per una indefinita serie di atti illegali
apparteneva alla “Famiglia d’onore” oltre ad
essere uno spietato killer.
Jake LaMotta con l'ultima moglie, Denise Baker
Non si può chiudere un brano di storia personale
di Jake LaMotta senza citare il record che
detiene con le sue sette mogli, l’ultima delle
quali la meravigliosa Denise Baker, 60 anni più
giovane, sposata a Bisbee (Arizona) nel gennaio
2012 all’età di 90 anni, e dei due figli, uno
deceduto per cancro e il più giovane, Giuseppe,
morto in seguito ad incidente aereo in Scozia.
Come noto Jake è stato proprietario anche di
night club, scrittore di libri, uno dei quali
firmato con Nino Benvenuti, che ammira ed
esalta.
Non si può dimenticare che Jack fu un “super
superstizioso” e non sarebbe mai salito sul ring
senza indossare il suo lussuoso accappatoio in
pelle di leopardo mentre durante i massaggi
nello spogliatoio ordinava al figlio di tirargli
l’orecchio sinistro. Curiosità? Non per il
vecchio Jake che al ricordo del dettaglio,
sorride soddisfatto: «Ero riuscito a sfatare
la scaramanzia. Anche quella è una vittoria da
includere nel palmares».
LaMotta ama rievocare certi dettagli della sua
carriera. Per esempio, com’è che salisti sul
palco cordato per diventare pugile?
«Ero teenager e frequentavo amici che trovavano
sempre qualche cosa per prendermi in giro. Loro
erano in maggioranza, ma io un po’ alla volta
persi la pazienza. Non mi ascoltavano, e un bel
giorno presi un punteruolo che si usa per
spezzare blocchi di ghiaccio e iniziai a
pizzicare i più prepotenti. Subito si calmarono
e mi considerarono un ottimo combattente.
Quell’episodio mi sospinse a salire sul ring».
In occasione del suo 90mo anniversario il
cronista lo chiamò al telefono e tra l’altro gli
chiese: Jake ora sei una” leggenda vivente” ma
rifaresti tutto quello che hai fatto sino ad
oggi?
«Tutto, sì tutto quello che ho fatto, dalla A
alla Zeta, senza ripensarci un secondo».
LaMotta è fatto così! |