NEW YORK,
3.1.2013 –
Dall’aspetto allampanato, altezza oltre i due
metri per un fisico striminzito, era noto per il
suo carattere diffidente ma deciso e risoluto.
Papà
Stewart era proprietario di
magazzini e rivendite di ferramenta. «La
famiglia Stewart – racconterà il divo –
aveva profonde radici militari, entrambi i nonni
avevano combattuto nella Guerra Civile, e mio
padre aveva servito l’esercito sia nella Guerra
ispano Americana sia nella Prima Guerra
mondiale. In base a questi precedenti decisi di
arruolarmi ma, diversamente, io scelsi di
volare»
In qualità di pilota Stewart sarà
particolarmente attratto dai film di aviazione e
negli anni cinquanta ne fece tanti per
continuare nel ‘70 e oltre. «Con la guerra
del Vietnam in corso nel 1966, da Generale di
Brigata, decisi di imbarcarmi come osservatore
su un B-52 e di continuare avere un ruolo attivo
anche in voli di combattimento»
Purtroppo il figlio adottivo,
Ronald,
morirà in Vietnam all’età di 24 anni.
Anche per via di questa tradizione interrotta
tra le fila dell’esercitò che il vecchio padre
di Stewart si risentì particolarmente da che il
figlio scelse di recarsi a New York, dove
avrebbe condiviso un appartamento con l’attore
emergente
Henry Fonda
ed il regista-autore
Joshua Logan:
l’incontro fortuito gli procurò un primo
assaggio di celebrità, con il ruolo di autista
nella commedia “Goodbye Again”, dove pronunciava
soltanto due battute. Con molti riscontri
favorevoli a Broadway, Stewart attrasse
l’interesse della MGM e firmò un contratto nel
1935.
Correvano gli anni ’60 e il nostro divo mieteva
Oscar.
Furono “La conquista del West” ed “Il grande
Sentiero” a portare sempre più in alto il
simpatico mancato architetto dell’Indiana. Fu
appunto qui, che il cronista, con operatore e
fonico a seguito, fu inviato dalla “Voice of
America” nella miniera che sorgeva alla
periferia della cittadina della Pensilvania, per
filmare la vita degli italiani in quella miniera
e per intervistare il "Grande Jimmy".
Nella immensa sala gremita di star, c’è grande
animazione ma il generale prosegue indisturbato
i suoi racconti e dice:
«La mia vita è lunga più di me ed ha bisogno di
spazio e tempo. Non credo che questa sera – nel
corso di questa favolosa serata del New York
Film Critic Award (al Sardi di New York - n.d.r)
– io possa raccontarle tutti i più e i meno
della mia carriera. Comunque, proviamo»
Allora,
mister Stewart, debbo chiamarla Generale?
«Nemmeno per sogno. Io sono per tutti Jimmy,
l’attore che per uno strano caso divenne cowboy,
pur odiando le galoppate sulle zone montuose. Se
mi chiede se ripeterei l’esperienza così com’è
stato le dico subito di si, anche con i cow boy,
ma dovrei dire a me stesso: ”Jimmy, cerca di
svegliarti e muoviti più velocemente».
Ha lavorato con i più eccelsi direttori
cinematografici, ha qualche preferenza?
«Ho lavorato per parecchi registi rinomati, ma I
più importanti sono stati:
Alfred Hitchcook,
John
Ford,
Billy
Wilder e
Antony Mann:
grazie a loro ho vinto moltissimi premi
nell’industria hollywoodiana. Un grosso passo in
avanti fu quello del 1938, quando iniziai una
collaborazione di successo col regista
Frank Capra.
Mi “diedero in prestito” alla Columbia per
recitare “L’eterna Illusione”, pellicola di
buone intenzioni sulla
Grande
Depressione e vinsi l’Oscar
insieme all’attrice preferita da Capra:
Jean Arthur».
Nel contempo lei continuò ad intervenire in
parecchie occasioni alla radio, vero?
«Esatto. Subito dopo Pearl Harbor recitai con
Orson
Wells,
Edward G.
Robinson,
Walter
Houston
e Lionel
Barrymore in un programma radio
mentre passavo le notti ed i giorni a prepararmi
per i test di volo.»
Jimmy, la critica considera gli anni ‘60-‘70
come i migliori della sua carriera. Ne conviene?
«Si, nel ‘60 vinsi un
New York Film
Critic Circle Award come migliore
attore e ottenni la mia quinta
nomination
all’Oscar per il film di
Otto Preminger
“Anatomia di un omicidio”. Tornato al lavoro di
attore tra la fine dei ‘70 e inizio degli anni
‘80 passai dai ruoli nel cinema a quelli in
televisione, esperienza che mi regalò un
Golden Globe
come miglior attore»
Durante questi anni, apparve periodicamente al
“Tonight show” di Johnny Carson recitando anche
poesie scritte in diversi momenti della sua
vita. I film western erano scomparsi?
«Niente affatto Tra le interpretazioni degli
anni settanta, ricordo un ruolo importante
nell’ultimo film di
John Wayne:
“Il pistolero”, poi “Airport ’77” e “La più
bella avventura di Lassie.»
E’ apparso sovente nello spettacolo televisivo
del cantante attore Dean Martin, insieme a
schiere di attori di prim’ordine. Si trovava a
disagio in quelle spesso rocambolesche sequenze
di scene comiche?
«Ho accettato spesso gli inviti di
Dean Martin,
e a casa ho sempre guardato il suo show,
osservandolo attentamente per vedere se quel
simpaticone qualche volta cascasse in mezzo a
tutto il trambusto. Ma lui non era veramente
ubriaco come si diceva... faceva solo parte del
copione».
Il record di lavoro del grande generale-attore
parla di 91 film, spettacoli teatrali e
televisivi: gli amanti del buon cinema lo
ricorderanno per “E’ una vita meravigliosa”,
“The spirit of San Louis”, “The Philadelfia
story”, “Anatomy of Murder”... Jimmy, dopo
investimenti nel mercato immobiliare nel
petrolio e una compagnia aerea di voli charter,
divenne miliardario, ma il 16 febbraio 1994 un
cancro gli portò via la moglie
Gloria.
Jmmy Stewart
ci lasciò il 2 luglio 1997 dopo una embolia
polmonare, a un solo giorno dalla morte del suo
collega
Robert Mitchum. Venne seppellito
al Forest
Lawn Memorial Park di Glendale
(California). Aveva 89 anni.
Lino Manocchia |