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Quando Pavarotti conquistò l’America

 di Lino Manocchia

New York, 20.02.12 - Quarant’anni or sono, il 17 febbraio 1972, il ‘’Colosso del palcoscenico”, al secolo Luciano Pavarotti, conquisto’ l’America con un Concerto al Metropolitan Opera di New York. La sua interpretazione ne ”La figlia del reggimento”  mandò in delirio la folla che applaudi’ chiedendo 17 volte l’apertura del sipario.

New York, 20.02.12 - Quarant’anni or sono, il 17 febbraio 1972, il ‘’Colosso del palcoscenico”, al secolo Luciano Pavarotti, conquisto’ l’America con un Concerto al Metropolitan Opera di New York. La sua interpretazione ne ”La figlia del reggimento”  mandò in delirio la folla che applaudi’ chiedendo 17 volte l’apertura del sipario.

Luciano, figlio di Adele Venturi e Fernando Pavarotti, panettiere dell’arma dei Carabinieri,  si dilettava a cantare a livello amatoriale in una piccola associazione di coristi, di Modena. Il giovane Pavarotti per un lungo periodo dedico’  i suoi studi all’insegnamento, per poi diventare  un insegnante di educazione fisica senza per altro abbandonare gli studi di canto con il tenore Arrigo Pola.

Dotato di voce autenticamente tenorile, assai chiara e, almeno nella prima parte della carriera, estesa all’acuto in modo rilevante fino al pieno possesso del do, Luciano Pavarotti si avvicino’ al grande repertorio protoromantico degli anni giovanili, eseguendo  “Lucia di Lammermour”, ”L’Elisir d’amore”, la “Sonnambula”,” La Favorita” e perfino gli ostici “I puritani” in modo gagliardo e personale.

Nel 1961 ottenne il primo riconoscimento personale nel Concorso internazionale Achille Pen. La vittoria di questo concorso consenti’ al giovane modenese di esibirsi davanti al grande pubblico, come il 29 aprile 1961 quando ottenne la sua consacrazione artistica salendo sul palcoscenico del Teatro Municipale di Reggio Emilia per interpretare il ruolo di Rodolfo ne “La Bohème” di Puccini.

Per ammissione dello stesso tenore, l’opera pucciniana e’ rimasta quella piu’ rappresentativa  del suo repertorio. Luciano era appassionato del gioco del calcio (voleva fare il portiere) e della buona tavola.

Artista completo e sapiente comunicatore (nel senso moderno del termine) e sopratutto personaggio comunque unico all’interno del mondo dello spettacolo, ambasciatore nel mondo del bel canto all’italiana, amante della buona tavola, Big Luciano, come fu poi ribattezzato, e’ stato riconosciuto da molta parte della critica come uno fra i migliori cantanti nel registro di tenore del XX secolo.

Tenace come il “Calat” che doma la pucciniana principessa ed esorta le stelle ad un tramonto senza indugio in vista di un’alba che lo vedra’ vincitore, e capace al tempo stesso di una tenerezza degna dell’ingenuo ed affabile Nemonino donzelliano de “L’elisir d’amore” (“Una furtiva lacrima” e’ una delle sue  arie d’opera piu’ conosciute), Pavarotti e’ diventato per tutti “il Maestro” che il pubblico ha idolatrato. I critici l’hanno eletto “il nuovo Caruso”. Ma Luciano Pavarotti, nume del melodramma, non si scomponeva e non si lasciava travolgere, un po’ per quieto vivere, un po’ perche’ voleva dipingere.

Aveva un solo debole, confessato e confessabile: la pasta a tavola, su tutte le tagliatelle. purche’ al ragù.

Il cronista ebbe l’onore di parlare con il “Maestro” nella Rai Corporation di New York, ed un’altra volta alla vigilia di uno spettacolo al Metropolitan Opera. Gli chiesi

 

Maestro  fu il suo interesse per la lirica un colpo di fulmine?

“No, piuttosto un retaggio. Mio padre era  tenore nel coro di Modena ed io, ad ogni buona occasione, portavo a casa tutti i dischi possibili e immaginabili. Come potevo non diventare quello che sono diventato”

Chi le disse il primo “bravo”?

“E chi poteva dirmelo? Mia madre”

Si autocompiace spesso?

“Guai  ad autocompiacersi. E’ la fine. Me lo diro’ quando non cantero’ piu’
Quale aria piu’ la commuove?

”L’attacco dei “Pagliacci” “Vesti la giubba”. Una volta ho persino pianto”

Dalla vita crede di aver avuto tutto?
”Nella vita ho avuto tutto, davvero tutto. Se mi venisse tolto tutto con Dio siamo pari e patta”.

Maestro, mi tolga una curiosita’. Come mai lei tiene sempre in mano un fazzoletto?

Mi frena dal gesticolare mentre canto. E’ un innocuo e utile…calmante

Si sente piu’ di casa a Modena o a New York?

“Sono prima modenese, poi italiano, poi europeo e poi cittadino del mondo".

 

Pavarotti era divenuto  una specie di  extracomunitario internazionale.

L’esibizione in un concerto, attesissimo, al teatro delle Esposizioni di Londra ottenne tale riscontro di pubblico che richiamo’ il maestro in scena, per un secondo spettacolo ripreso in diretta dalle tv cinesi.

A partire dagli anni novanta il ”Colosso” curo’ molti concerti all’aperto sfruttando stadi e parchi che si  rivelarono dei buoni successi.

Nel luglio del 1991, davanti ad un pubblico  record di 330 mila persone, Pavarotti si esibi’ a Londra con due spettatori d’eccezione, ancora una volta, come Lady D ed il marito Carlo. Lo spettacolo colpi’ incredibilmente l’opinione pubblica inglese grazie alla carica di Luciano e alla sua incredibile voce, spingendo un gruppo di duecento tra artisti e personalita’ illustri inglesi a chiedere di conferire al tenore il titolo di Lord.

Pavarotti, comunque, era anche Cavaliere di Gran Croce della Repubblica.

Nel 2007 Luciano si stabili’ nella sua villa di Modena preparandosi all’ineluttabile decorso della malattia, tenendo ancora lezioni di canto

Il 6 settembre del  2007 si spense serenamente e per sua espressa volonta’  venne sepolto  nel piccolo cimitero di  Montale Rongone, accanto ai genitori ed al piccolo figlio Riccardo.

  LINO MANOCCHIA

I ricordi

 

 

di Lino Manocchia

 

 

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