NEW YORK,
15.2.2014 –
Accadde una notte, agli inizi del 1970, nel noto
“Sardi“ di New York,
dove festeggiavano la presentazione del film
”June Moon” del noto regista Otto Preminger. Con
il cronista fu la scintilla per uno scambio di
domande, una più interessante dell’altra, in
presenza della segretaria del grande Ferruccio
Lamborghini, innamorata di giornalismo. Qualche
tempo prima avemmo modo di conoscere il regista,
apparentemente sempre imbronciato,
ripromettendoci
«che
la prossima volta il Regista avrebbe avuto modo
di intervistare il Cronista».
Indubbiamente una nota di cronaca un po’ strana,
singolare, inverosimile, ma la promessa è sempre
una promessa e quella sera, tra uno scambio di
saluti e l’altro, Premiger mi disse:
«Non perdiamo tempo utile con i cerimoniali, io
sono Otto, tu sei Lino, siamo amici, vero?».
Si ricorderà che Otto Preminger, di origini
ebraiche, nel 1934 emigrò negli Stati Uniti
continuando l’attività teatrale a Broadway e
presso la scuola drammatica dell’Università di
Yale, ma dopo la fine della seconda guerra
mondiale iniziò la sua fortunata carriera
registica ad Hollywood, esordendo dietro la
macchina da presa all’età di 33 anni con il
film “Vertigine”:
«E
il nostro “guizzante cronista” quando prese
contatto con il microfono?“, mi anticipò.
Risposi: “Avevo
18 anni e non ancora terminavo le Superiori.
Volevo seguire la strada intrapresa felicemente
da mio padre, noto scrittore, ma il primo
tentativo fu duro, come forse anche per lei, che
non ha trovato una via cosparsa di rose, non è
così?”
“Si, dopo le polemiche dell’esordio, mi dedicai
ad alcune pellicole di carattere più commerciale
come “Bellezze rivali” per poi lanciare, con
successo,“Ambra“, un film meraviglioso. Negli
anni ‘50 -
proseguì Otto - , capolavori, come
”Sensazione morale” con un superbo Robert
Mitchum, hanno portato via diversi Oscar, uno
conquistato per “support” dal giovane Sal Mineo
e ”Vergine sotto il letto” con David Niven,
William Holden e Carmen Jones (in cui
Preminger delinea le donne seducenti e
pericolose suscitando vaste polemiche; n.d.r.).
Nello stesso anno ho diretto Marilyn Monroe in
“La magnifica preda”»
“A proposito di Marilyn, che ne pensa Otto
della straordinaria bellezza muliebre?”
Una visibile smorfia di naso e poi…
«Ha
soltanto un bel petto»,
ribattè Preminger prima di controbattere «Mi
dica Lino, qual è per lei la più bella attrice
americana?».
“Domanda difficile a chiarire, Hollywood scarica
bellezze a porte aperte!»,
replicai a mia volta e qui citai la magnifica
Greta Garbo, Rita Haywort, Ava Gardner, Carol
Lombard, Jean Seberg (nel film “St Joan”),
Dorothy Dandridge (nel film Carmen Jones 1954
con la quale il regista intraprese una sordida
faccenda passionale; n.d.r.).
“Da un regista famoso – incalzai - vorremmo
sapere chi sono l’attore e attrice italiani più
avvincenti?”
E lui: «L’Italia
è una fontana inesauribile di belle donne,
intelligenti, formose, amabili ed altrettanto
posso dire degli uomini. Basta citare Sofia
Loren e Anna Magnani. Lei ha visto il film “Buon
giorno tristezza”, tratto dal romanzo di
Francois Sagan, con Walter Chiari ? Quel film,
da me diretto
- sottolineò Otto - merita l’onore. Lei Lino
ha già avuto modo di intervistare molti divi di
Hollywood, me compreso! Che idea nutre sul
sistema di ingaggio da parte della capitale del
film?»,
mi chiese di nuovo.
“Io sono favorevole al valore della ”madre” dei
film mondiali. E lei che ne pensa?”
Otto:
«E’
una vergogna. Hollywood apre la porta troppo
spesso e facilmente. Chiunque arriva con un
“press agent” e un po’ di storie, viene
ingaggiato a suon di migliaia di dollari,
ignorando le sue possibilità e bravura».
Io: “Lei considera anche Paul Newman un
attore ”appena arrivato”?”
Ancora lui:
«Non
si dica mai. Paul è un divo con la lettera
d’oro. Me lo ha confermato con la sua colossale
performance in “Exodus”. Ovunque Newman arriva
crea spettacolo e ben presto allinea cameraman,
sound man ed anche registi. E’ un genio raro e
indimenticabile, paragonabile ai grandi Clark
Gable, James Stewart o Glen Ford per citarne
alcuni».
“Soddisfatto, quindi, del risultato
tecnico-finanziario del film che ha fruttato,
fin da subito, 20 milioni di cui 8.7 milioni in
America?”
«Certo. Possiamo dire di aver fatto ”terno”, per
non parlare degli Oscar uno dei quali è andato
al giovane Sal Mineo, premiato per “support” al
festival di Venezia del 1961. Ho appreso da
conoscenti
- dice Otto- che lei è un appassionato ed
esperto d’auto. Vuol citare qualche grosso
calibro?»,
tornò a domandami.
Io: “In America l’italiano Dario Resta è
stato il primo a conquistare la fantastica 500
miglia di Indianapolis, ma senza dubbio
splendido è il successo dell’Italiano Mario
Andretti che recentemente (1969) ha vinto la
prestigiosa coppa della 500 miglia di Indy
sbaragliando 33 avversari. E non dimentichiamo
il celebre italo-brasiliano Emerson Fittipaldi
senza dubbio, come lei certamente saprà,
l’Italia vanta un grande nome: Enzo Ferrari, il
mago creatore della scuderia automobilistica da
corsa”
«Dica Lino, rinuncerebbe al giornalismo per
Hollywood?».
Sorpreso, avvertendo un leggero rossore sulle
gote, risposi di si: ”Certo, chi rifiuterebbe
un simile approccio?”.
«Bene
- concluse Otto Preminger - la prossima volta
che torno a New York, faremo colazione e
parleremo soltanto di “Lino futuro divo di
Hollywood”».
Ricordo indelebile ovviamente, ma la sorte volle
diversamente. Da tempo un cancro inguaribile
distruggeva il ciclopico tedesco, che, tra
l’altro, combatteva anche con l’Alzahimer
Preminger. Nel 1986 veniva cremato e posto nel
Memorial Woodworth del Bronx (NY) |