NEW
YORK, 10.8.2013-
Lo chiamavano ’Il Gigante buono’. E tale era
quel ragazzone nato il 25 ottobre 1906 in quel
di Sequals (Pordenone), destinato a diventare il
“piu’ grande
pugile italiano del Novecento”, come
giustamente lo definì Nino Benvenuti, un altro
’grosso calibro del ring’.
I genitori lo battezzarono Primo, nome che portò
con se’ sino al tramonto della sua vita
combattuta, contrastata, bistrattata,
incompresa.
Il cronista ebbe modo di conoscere Primo Carnera
a New York, nell’arena San Nicholas del Bronx.
Fu l’allora manager di pugili italiani, il
napoletano Carmine Tarantino che mi fece
assistere ad una serata di Wrestling,
di cui faceva parte anche Carnera. Confesso che
quello fu il momento più debilitante della mia
lunga carriera, che finora non ho mai reso
pubblico.
Dunque, giunti alla San Nicholas Arena, fummo
introdotti in uno dei pochi, luridi camerini
esistenti, trasudante odori indescrivibili, per
venire ricevuti da Primo, il quale stava
allenandosi in vista del “difficile
incontro con un avversario straniero”,
come ci dissero. Una volta nel camerino del
gigante, con immensa sorpresa osservammo un
lottatore “nano” (sic) che, dicevano, era forte
ed imbattibile, intento a “rovesciare”
il nostro idolo, mentre questi fingeva di
sforzarsi a tenere il nanetto sulla sua pancia,
gridando. Un demenziale show/allenamento quello
cui si era sottoposto il nostro friulano, ai
tempi acclamato a gran voce da ragazzi e dalle
vecchie megere sdentate, gracchianti come
cornacchie, che ogni sera si recavano alla San
Nicolas pagando 50 centesimi.
"Che vuoi",
mi disse Primo, "corrono
tempi cattivi. Il pugilato non è più il mio
piatto preferito, e poi il mio fisico è stanco".
E Carnera, per ordine di scuderia, quella sera
fu sconfitto da un nano.
Poi per qualche giorno ci incontrammo nella
pizzeria "Capri" del Bronx e fu come una ventata
di primavera per Primo, che aprì il cuore ai
ricordi: "Da
neonato pesavo otto chili, ero già un gigante,"
diceva sorridendo, mostrando la sua enorme
dentiera, "i
miei erano poveri e non riuscivano a trovare i
vestiti della mia taglia. Poi emigrai in Francia
in cerca di lavoro, facevo il falegname e mi
arrangiavo anche ad esibirmi in ’numeri’ nei
circhi, appunto come gigante".
Volli sapere come gli fosse venuta l’idea di
diventare pugile. "Nel 1928 la mia carriera partì grazie ad un ex pugile francese, Paul
Journee, al quale devo tutta la mia gratitudine.
Ma tanto Paul era bravo, quanto il mio manager
Leon usava ogni lurido stratagemma. Mi faceva
vincere un incontro truccato, o mi diceva di
perdere, con lo scopo di farmi allenare
seriamente, poiché io volevo diventare campione
del mondo dei pesi massimi." E Primo
Carnera aveva tutti i requisiti per farlo. Era
alto 2,02 m., pesava 125 kg. e aveva anche il
pugno che fa male.
Quando
negli anni ‘30 arrivò per la prima volta in
America un gruppo di avvoltoi (Mafia italo
americana), lo fece combattere con Ernie Schaaf
e quindi, a Roma, con lo spagnolo Paulino
Uzcudum.
Finalmente il 29 giugno 1933 divenne campione
del mondo battendo per K.O. Jack Sharkey.
Ma per Carnera il lustro della corona mondiale
non durò a lungo. Nel 1934 dopo aver incontrato,
battendolo, Tommy Loughran, sopraggiunse il
declino. Settantatre anni fa, a New York il
"gigante buono" affrontò l’americano Max Baer,
predestinato dalla Mafia a portare a casa il
titolo.
"La mia
difesa", ci spiegava Primo, "era
perfetta, ma Baer mi colpì duro al mento e finii
due volte al tappeto. Il cuore mi ordinava di
rialzarmi e vincere, ma la caviglia mi faceva
molto male, per via dell’indietreggiamento prima
della caduta: comunque mi alzai e il pubblico
applaudì calorosamente."
Lo stillicidio durò per dieci riprese. I colpi
si susseguirono implacabili. Baer aveva compreso
che ormai l’italiano non era più in condizioni
di vincere. All’undicesimo round
Baer mandò al tappeto il nostro, colpendolo con
un diretto al volto. Primo si
rialza, ma subisce un altro colpo
dell’avversario. A pochi attimi dalla fine
dell’undicesimo round Carnera, colpito al viso
da un destro micidiale, va a terra. Si rialza ma
l’arbitro capisce che per l’italiano quella è la
fine e decide di sospendere l’incontro.
Max Baer tornò a cingersi del titolo di Campione
del mondo, mentre la stampa mondiale descrisse
il combattimento come un colossale
’Fix’ all’insaputa di Carnera,
il cui fisico non era già più al massimo.
Ma la parabola discendente non impedì agli
organizzatori di presentare
Primo all’imbattibile Joe Louis, colui che stava
diventando un’indescrivibile leggenda della box
mondiale, vincitore indiscusso
del combattimento che poneva una pietra miliare
sulla storia del cittadino di Sequals.
Carnera al momento del suo addio alle armi aveva
sostenuto
103, vincendone 89 (76 per ko),
perdendone 10 (5 per ko) e pareggiandone 4. La
sua leggendaria vita aveva
ispirato anche diversi film americani, il più
celebre dei quali ’Il
colosso d’argilla’, interpretato da
un mirabile Humphrey Bogart e liberamente tratto
dal romanzo omonimo
di Budd Schulberg.
Ma dopo tutti
questi sacrifici, gli incontri e le
partecipazioni a Hollywood, chiedemmo allo
stanco campione come andassero le sue finanze "Bene,
bene, non potrebbero essere più rosee", mi
disse il gigante, "dopo
il wrestling conto di tornare a casa dai miei
figli Umberto e Giovanna, che mi tirano su".
Crudele ironia della sorte, a Sequals Primo
Carnera ci tornò, ma affetto da una cirrosi
epatica che, il 29 giugno 1967, lo mise K.o.
definitivamente, esattamente trentaquattro anni
dopo il suo trionfo mondiale su Sharkey. ’L’uomo
più forte del mondo’ non era soltanto un atleta
muscoloso, ma un gigante dal cuore d’oro,
appassionato di poesia in grado di recitare
l’ingresso all’’Inferno’
di Dante Alighieri. Egli tenne a smentire le
voci maligne che lo discreditarono parlando di
’combine’ dei suoi combattimenti ...Di Primo
Carnera oggi resta una rara leggenda sportiva,
un mito inimitabile. |