Vittorio Gassman artista “Mattatore”
New
York, 2 Marzo 2012 - Vittorio Gassman e’
stato un grande attore, regista, sceneggiatore e
scrittore, attivo in campo teatrale,
cinematografico e televisivo, e non a caso è
soprattutto ”Il Mattatore” per l’assoluta
professionalita’, per la versatilita’ e per il
magnetismo. Era considerato uno dei migliori
attori italiani, con Nino Manfredi, Alberto
Sordi, Ugo Tognazzi e Monica Vitti uno dei
“mostri sacri” della commedia all’italiana.
Vittorio nacque 86 anni or sono a Genova da
Heinrich Gassmann e da madre ebrea italiana,
Luisa Ambron, originaria di Pisa.
Ancora giovane si trasferi’ a Roma dove ottenne
la maturità classica al liceo Tasso, quindi
frequento’ l’Accademia Nazionale d’Arte
Drammatica con Paolo Stoppa, Rina Morelli, Lea
Padovani, Monica Vitti e molti altri.
Ventitreene, debutto’ a Milano con Alda
Borelli, quindi con la compagnia di Luchino
Visconti ottenne i successi della maturita’.
Interpretò ”Un Treno che si chiama desiderio” di
Tennessee Williams e quindi prese parte nell’
“Oreste” di Vittorio Alfieri.
Sempre attivo, Gassman nel 1952 fondo’ e
diresse il Teatro d’Arte Italiano, producendo la
prima versione completa dell’Amleto in Italia.
Poco dopo, in un programma televisivo
intitolato “Il Mattatore”, ottenne un
inaspettato successo.
Ma come fa, Vittorio, a ricordare date,
numeri e avvenimenti che si susseguono a ritmo
veloce nella sua carriera?, gli chiesi una
volta, durante alcune delle sue soste a New
York.
«Per fortuna posseggo il “libro della memoria”
composto a caratteri indelebili; spesso pero’
qualche nome o data mi sfugge, ma e’ umano,
vero?»
Gli anni settanta si rivelarono molto
gratificanti per la carriera cinematografica del
“genovese-romano”, con i “Soliti ignoti” di
Mario Monicelli.
L’Italia e Hollywooid se lo contendevano specie
per ruoli cinematografici atletici e seducenti,
come in “Riso Amaro” con Silvana Mangano.
Per nove anni si trasferi’ da un set
cinematografico all’altro “macinando” ben 12
film - di cui quattro hollywoodiani- ma agli
inizi degli anni ‘90 Gassman decise di tagliare
di netto gli impegni con le macchine da presa.
«Che vuole - disse - in quel periodo
ho continuato a lavorare soltanto per il cinema,
2 americani e 2 italiani. Fisicamente ero
stanco»
E’ vero che negli intervalli di riposo passava
il tempo a contare i trofei, le medaglie, i
Cavalierati, i “ Donatelli” nonche’ i nastri
d’argento? Ma quanti ne ha ottenuti?
«Ricordo con soddisfazione che dal 1960 al
1996 ho ricevuto anche una medaglia d’oro del
Ministro per il Turismo e Spettacolo, otto
Donatelli, e nastri d’argento per il miglior
attore protagonista. Ma non sarebbe meglio
parlare d’altro?”, svicolò tra il serio e
il faceto.
II discorso si soffermo’ sui doppiaggi dei
film italiani e stranieri.
«I doppiaggi sono la rovina della
cinematografia - disse -. Un idioma come
il nostro, convertito in quello straniero, perde
di significato, di interesse, di finanza e
scontenta il pubblico. Un esempio lampante e’
Riso Amaro che, doppiato, perde tutta la forza
del significato. Ma purtroppo questa e’ una
condanna che colpisce il cinematografo. Forse
non si credera’ che spesso quando riascolto la
mia voce “straniera” mi vien da ridere a
crepapelle!»
Vittorio
Gassman sposo’ soltanto attrici: Nora Ricci,
dalla quale ebbe la prima figlia Paola, Juliette
Mayniel dalla quale ebbe il figlio Alessandro
(anche egli attore), Diletta D’Andrea, il cui
figlio Jacopo e’ regista, e Sherly Winters
(con lui nella foto) dalla quale ebbe la
seconda figlia Vittoria-Gina, attualmente
dottoressa in un noto Centro Medico del
Connecticut.
A proposito, la Winters nello stesso anno fu
premiata al “Third Annual Hollywood film
Festival”.
Tra le numerose interpretazioni di Sherley, nata
in St Louis nel 1920, emergono “L’Inquilino del
terzo piano”, “Lolita”,ed un “Borghese piccolo
piccolo”, quest’ultimo di Mario Monicelli.
L’ultimo lavoro della dinamica star porta il
titolo: “La Bomba” di Giulio Base, al fianco di
Vittorio Gassman.
Attrice irrequieta, frettolosa, dalla carriera
lunghissima sviluppata nell’arco di cinque
decenni, irruppe sulla scena hollywoodiana come
“vamp” dalle chiome bionde, ma ben presto
sentendosi limitata da questo “cliché”,’
preferi’ ampliare la recitazione per orientarsi
verso ruoli di maggiore impegno, come, ad
esempio, nel 1951 a fianco di Montgomery Cliff
ed Elizabeth Taylor in “Un posto al sole.” Nel
1959, Sherley vinse un altro Oscar per il film
“Anne Frank,” che l’attrice dono’ al Museo
omonimo.
Un giorno chiesi a Vittorio: Come ama essere
ricordato?
«Come un buon artista, senza peli sulla lingua,
che sognava di poter diventare un secondo Juan
Manuel Fangio o Tazio Nuvolari. Le macchine e la
velocita’ erano mie alleate»
A lungo andare fu vittima della sindrome
bipolare della quale hanno patito anche altri
grandi artisti quali Ernest Hemingway, Francis
Scott Fitzgerald, Virginia Wolf e Vincent Van
Gogh. Mori’ a Roma per un improvviso attacco
cardiaco mentre Sherley Winters e’ deceduta nei
primi giorni del 2006 in seguito ad un infarto. |