Adriano
Manocchia jr, il clic ad alta velocità
New York, 15 Aprile 2011 - Adriano
Manocchia e' nato a New York il 30 maggio 1975.
Ed è nato con l'hobby della fotografia, figlio
d’arte del fotoreporter e pittore Adriano
senior, che ha sposato la giuliese Teresa
Schiavi. E visto che buon sangue non mente,
Adriano junior è stato contagiato dalla passione
per il mondo dei motori di nonno Lino Manocchia,
noto giornalista giuliese emigrato negli Usa,
collaboratore ed amico di
www.giulianovailbelvedere.it. Adriano ama gli
animali (gatti, cani) e sin da giovane pensava
di diventare veterinario, ma dopo i regolari
quattro anni alla Cornell University, decise di
soprassedere per abbracciare il reparto ricerche
nel quale lavora tuttora.
Non prende mai le vacanze d'un colpo. Le
"consuma" usando 3-4 giorni al weekend che
dedica alla fotografia sportiva, automobilistica
appunto, "registrando" i momenti avvincenti di
una corsa che vengono riprodotti da Auto
Motorsport, Autoracing1, Corsa news, Abruzzo
press, molto apprezzati. Anche al nostro sito ha
concesso la pubblicazione delle sue immagini
da…corsa.
Gentile, affabile, non lesina il sorriso, e'
forbito conoscitore di avvenimenti, situazioni e
dati che spesso mette sulla carta per riviste
interessate. Non
potevamo lasciarci sfuggire l’opportunità di
conoscere meglio il giovane Manocchia che ci ha
concesso questa intervista esclusiva corredata
dalle suggestive immagini della sua SSNPhoto.
di Ludovico Raimondi
Adriano, quando hai cominciato a fotografare le
corse e come è sbocciato questo amore?
“Avevo 14 anni. Nascondendo la mia eta’
cominciai a fotografare in qualche pista come
quella di Nazareth Pensilvania e Lime
Rock.Allorche’ andai in college io avevo gia’
fotografato la Indy 500 e la 24 ore di Daytona.
Oltre a mio nonno Lino, mio padre era un bravo
fotografo. Fu la mia fortuna che tra l’altro
appare naturale!...
Tra
le numerose piste qual e' la piu' avvincente
per un fotografo, e perche'?
“Mi piacciono le vecchie piste che non sono
cambiate troppo pur conservando il carattere
originale, come ad esempio Watkins Glen, Mosport
(Canada) e Road America. Comunque la mia
“preferita” probabilmente e’ Road Atlanta. E’
veloce, alti e bassi che mutano a colpo
d’occhio, non racchiusa da reti in modo che tu
puoi fotografare da qualsiasi punto”
Per una gara Endurance che tu accoppi spesso
con le monoposto, quante foto scatti?
“Normalmente “sparo”, per usare un gergo
fotografico, da 3 a 4 mila unita’ che richiedono
4-5 giorni di attivita’ e raggiungo anche le
15.000 unita’, che sono normali per una gara di
lunga durata La Digital foto consente, come
noto, di fotografare cio’ si vuole senza temere
il costo del film, ma aumenta, in maniera
significativa, lo standard del prodotto, mentre
qualcuno spende qualche migliaia di dollari per
gli “equipment” e ricava foto passabili. Il
proverbio dice “The means taking the harder”, in
tal modo si scatta l’obbiettivo per ricavare una
buona percentuale di foto tenendo presente anche
poi una certa quantità di “scartine. Quando si
“spara” si pensa al business. E non si puo’
ignorare il clima. Si deve fotografare ad ogni
occasione tenendo conto della presenza delle
macchine. Alla fine della giornata passi in
rassegna le foto e scopri che una di
queste suscita una "elicite emotion”. E' un
segno positivo che può funzionare"
La fotografia sportiva tecnicamente e'
migliorata? Quanto e in che modo le nuove
tecnologie possono influire sull’immagine del
mondo automobilistico rispetto al passato? Mi
spiego: c’è meno “poesia” oggi anche nella
fotografia?
“Io
iniziai a lavorare con i film e ricordo bene
come si ”viveva”. Come ho detto, l’avvento della
digital photo consente di sperimentare ed
ottenere foto che altrimenti non avrebbe fatto
il film. Inoltre macchine fotografiche e lenti
migliorano a rapida velocita’ ma dipende dal
fotografo saperle usare e creare immagini che
centrano il momento capace di “toccare”
l’osservatore. Oggi e’ facile fare foto
favorevoli ma non e’ tanto facile creare arte”
Senza dubbio le nuove tecnologie aiutano a
raggiungere il successo.”
Quando la velocita' in pista diventa pericolosa?
“La velocita’ non e’ un fattore della pista.
Quando sei dietro un muretto e reticolati degli
ovali sei sicuro anche quando la macchina
sfreccia a 200 miglia l’ora,Le vetture di solito
non marciano ad alte velocita’ nelle piste
stradali ed in oltre vi sono le “vie d’uscita” e
i muretti e le gomme che rendono piu’ sicuro i
fotografi.Vi sono poche piste che son rimaste
veloci e prive di sicurezza come accadeva negli
anni 60-70 e Mosport e’ una di queste, piste
veloci e basso livello di sicurezza. E’
magnifica per la fotografia ma in questi posti
tu devi essere doppiamente attento”
Sei stato a Indianapolis varie volte. Ci offri
un rapido quadro della mitica 500 miglia?
“Personalmente non ho mai amato fotografare
gli ovali. Non vi sono opportunita’ per poter
“creare” e fotografare qualcosa di diverso e
pertanto ti affianchi a coloro che scattano ma
ricavano nulla. Quando c’e’ una piccola pista ed
un grande “grandstand”, guardando in basso, il
rettilineo appare come una massa di umanita’ che
non esiste altrove. Un qualunque fotografo che
voglia riprendere la gara di Indianpolis ha di
fronte una impresa non da poco. Il problema
principale e’ quello di muoversi attorno
abbastanza velocemente. Raggiunta una posizione
dalla quale si riesca ad inquadrare rettilineo e
curva, si inforca il binocolo e si attende il
via, il momento piu’ drammatico dell’intera
corsa. Per quanto riguarda l’attrezzatura,
bisogna avere per lo meno tre obiettivi: un
300,un 80-200 zoom ed un 28 0 24 mm. Se ce la
fate a reggere tutto il peso extra potete
portarvi anche un 400 ed un 105. “Indy”,
comunque, e’ una sfida e tale rimane anche per
chi vi ha gia’ assistito parecchie volte. Ogni
anno le emozioni sono le stesse, violente ed
incontrollabili”
Ti è venuta mai la tentazione di salire su un
bolide, magari affrontare una corsa anziché
fotografarla?
“Mi piacerebbe correre un bel giorno. Durante i
miei anni collegiali ero membro del team
studentesco disegnatore guidatore e vincitore
della macchina usata per il campionato
universitario. Penso che farei successo
professionalmente. Ora però devo accontentarmi
di correre nel mio computer con il mio “Racing””
Viviamo nell’era delle immagini, e questo spesso
è sinonimo di apparenza, di effimero, di
virtuale. Secondo te, è davvero così?
“Giornalmente veniamo bombardati da
informazioni, parole, immagini, video…Se riesci
a creare qualsiasi di queste cose, che muove la
gente, tu compi qualcosa di vero, giusto, ma con
la fotografia, deve essere materia reale che ti
rende unico”
Detto tra noi: credi che questo sarà il tuo
mondo anche nel futuro?
“Mi piace la velocita’, mi attraggono i motori.
Credo che continuero’ a fotografare sino a
quando Dio vorrà”.
Auguri di lungo clic, Adriano. |