Pescara,
23.6.2012 (Numero 3) -
Il design moderno promosso dalla Scandinavia ed allargatosi fino
a raggiungere il resto del mondo non ha toccato
le manifatture più genuine
dell’artigianato abruzzese. Infatti, mentre
altrove decollava la rivoluzione industriale e
si passava all’impiego di macchine
sofisticate, in Abruzzo si continuava a lavorare
con l’ausilio di arnesi modesti e non
elettrificati. E’ il caso della sedia prodotta
nel teramano a San Pietro, frazione di Isola del
Gran Sasso.
Si tratta di un manufatto arcaico costruito con tecniche rustiche e
merceologia povera: legno di faggio e giunchi
selvatici. I paradigmi dell’antica lavorazione
sono ancora oggi rispettati. Il taglio del
faggio viene fatto ancora a mano. La tradizione
artigianale resiste e si tramanda.
La sedia di San Pietro si costruisce allo stesso modo, da tempo
immemorabile, e dura a lungo per via del
sapiente intreccio dei giunchi, per
l’armonizzazione del sedile con la spalliera,
per la buona curvatura dei montanti posteriori e
per il ragionato taglio del legno, sezionato in
modo che l’elasticità delle fibre riesca a
mantenere intatta la flessibilità. La sua
morfologia appartiene sicuramente all’arte
popolare o meglio all’arte del popolo. Si
presenta, infatti, come fenomeno estetico e come
fatto essenzialmente etnico. In un mondo dalla
tecnologia avanzata la realizzazione della sedia
di San Pietro è singolare.
Sconvolgente per eleganza manifatturiera; sorprendente per tecnica di
assemblaggio. Infatti, tutti gli elementi
strutturali sono montati ad incastro. Niente
collanti. Niente chiodi. Niente viti. Nessuna
verniciatura. Nessuna decorazione cromatica.
Solo un monogramma pirografato, inciso sulla
spalliera, con le iniziali del nome e del
cognome della proprietaria, onde evitare di
confonderla con altre simili, se la sedia
venisse casualmente lasciata in chiesa dopo le
funzioni quaresimali o dopo i tridui invocanti
la protezione del Patrono.
So bene che la sedia di San Pietro di Isola del Gran Sasso non regge, per
manifattura, i confronti con la sedia italiana
di Chiavari, né con le altrettanto famose sedie
austriache di Vienna o con le tedesche
Bidermejer, tutte tornite con legni pregiati
lucidati a specchio e con il sedile realizzato
in nastrini di corteccia di canna d’India,
materiale finissimo, ma costoso.
Chi ama l’artigianato semplice e genuino, però, riconosce che le valenze
manifatturiere della sedia di San Pietro sono
di apprezzabile concezione, nonostante la
merceologia sia modesta e la tecnica di
fabbricazione elementare. |