PESCARA, 18.3.2013 -
Il progetto petrolifero di Ombrina mare contiene
anche una vera e propria raffineria in mare;
una grande nave raffineria (FPSO) di 350 metri
di lunghezza e 30 di larghezza che, se il
progetto venisse approvato, rimarrà per ben 24
anni ormeggiata di fronte alla Costa dei
Trabocchi trattando il greggio dei pozzi che
faranno capo alla piattaforma Ombrina (si allega
a tal proposito uno schema dell'impianto, con la
piattaforma, i pozzi, la rete di oleodotti,
gasdotti, la FPSO e la petroliera di trasporto).
WWF e Legambiente divulgano i documenti
ufficiali delle industrie che realizzano le FPSO,
in cui queste strutture sono chiamate col loro
nome: “refinery”.
Tra questi, a mero titolo di esempio, si
allegano quelli della Samsung Heavy Industries
che nella pagina di presentazione delle proprie
FPSO le definisce come “Offshore refining
plants”. Nell'articolo su una FPSO della
Hyundai Heavy Industries questa viene presentata
proprio come un “refinery plant on the sea”!
WWF e Legambiente smentiscono, quindi, carte
alla mano, il Presidente di Confindustria Chieti
Primavera che in un disperato tentativo di
difendere l’industria petrolifera ha affermato:
“La
raffineria trasforma il petrolio in combustibile
e ha il suo peso sul territorio e su questo
siamo pienamente d'accordo; il cosiddetto centro
oli, invece, si occupa del primo trattamento del
petrolio, per separare l'acqua e togliere lo
zolfo, e a queste strutture non siamo contrari.”
Sottolineando anche che: “Alla popolazione
non si può dire che un centro oli è una
raffineria, bisogna essere chiari”
A Primavera WWF e Legambiente consigliano di non
fidarsi dei dati forniti dai petrolieri e di
informarsi da fonti terze. In questo caso
sarebbe bastato cercare “FPSO” e “refinery” in
un qualunque motore di ricerca per capire come
la pratica di nascondersi dietro alle parole sia
solo italiana.
Tra l'altro le associazioni riportano
integralmente la definizione di RAFFINAZIONE
contenuta nell'Enciclopedia degli Idrocarburi
ENI-Treccani Vol. II pag. 3):
“Il
complesso delle lavorazioni eseguite sul greggio
per ottenere la gamma di prodotti desiderati
viene definito, genericamente, raffinazione del
greggio; le raffinerie sono di conseguenza gli
stabilimenti industriali dove si svolgono queste
lavorazioni. Nella accezione originaria il
termine era più rispondente al significato di
procedimento atto a depurare una materia prima
(o prodotto grezzo), per renderla più idonea
all’utilizzo. In passato, infatti, dal petrolio
si otteneva, per distillazione ed eventuale
trattamento chimico, un solo prodotto: il
petrolio illuminante (cherosene). Queste
operazioni, di impegno tecnologico modesto,
costituivano appunto la raffinazione.
Successivamente il termine raffinazione è stato
usato per definire l’insieme delle attività
tecnologiche sempre più complesse svolte per
ottenere dagli oli grezzi minerali una serie di
prodotti intermedi e di prodotti commerciali”.
Primavera dunque afferma che non si tratta di
una raffineria solo perché non vi si esegue un
completo processo di raffinazione. Noi invece
affermiamo che è una raffineria in cui si
realizza una delle fasi più impattanti a livello
ambientale, quella che necessita di una fase di
incenerimento.
Pertanto, agli abruzzesi va detto in maniera
chiara che si vuole realizzare una raffineria
galleggiante di fronte alla loro costa.
Per quanto riguarda l’impatto ambientale delle
raffinerie chiamate “centro oli” consigliamo il
Presidente Primavera un viaggio a Viggiano ed un
giro attorno all’impianto, grande quanto 30
campi di calcio con la sua imponente fiaccola di
incenerimento.
Il Presidente Primavera afferma anche che: “In
Italia attualmente sono in funzione tre
raffinerie, una a Falconara Marittima, una a
Taranto e una a La Spezia.”
Ci domandiamo da dove abbia tratto questi dati
perché ha dimenticato, ad esempio: Augusta
(Esso/Lukoil) Busalla (Iplom) Cremona (Tamoil)
Gela (Eni) Livorno (Eni) Mantova (IES) Marghera
(tutte le maggiori compagnie) Milazzo (Eni/Q8)
Priolo (ERG/LUKoil) Ravenna (Alma Petroli) Roma
(Total/ERG) Sannazzaro de' Burgondi (Eni)
Sarroch (Saras) Trecate (Esso/ERG) Ravenna
(Agip/Eni).
Per quanto riguarda la raffineria di La Spezia
si riferisce forse alla ex-IP che ha cessato la
produzione nel 1983 e la cui area in centro
città è ancora inutilizzata dopo 30 anni perché
la bonifica dell’area a carico dell’Agip-ENI non
è ancora terminata.
Di fronte a tante e tali clamorose inesattezze è
palese che non può essere certo Confindustria a
poter fare da garante, come ha proposto
Primavera, a questo dannoso progetto. |