PESCARA,
18.12.2015 -
Dal
Gruppo Consiliare regionale di SEL
riceviamo e pubblichiamo:
Punti prioritari
per la riorganizzazione / qualificazione del
sistema sanitario regionale abruzzese:
1)
Programmare partendo
dalla salute e non dalla malattia: questo vuol
dire non operare scelte autoreferenziali di
sistema, basate sul perpetuarsi dello “storico”,
ma costruire un sistema di rilevazione dei
bisogni di salute (assumendo la salute come
prodotto di determinanti anche socio-economici)
analizzando il contesto demografico, sociale,
economico, occupazionale, sanitario (le cause di
morte, le cause di ricovero...)
2)
Prendere in
considerazione nella programmazione e nella
riorganizzazione il primo LEA (assistenza
collettiva in ambiente di vita e di lavoro),
considerando che la prevenzione non é solo
quella individuale (vaccini, screening,
counseling per corretti comportamenti e stili
di vita da parte dei MMG e PLS ...), ma é
soprattutto quella collettiva, che “governa” e
coordina gli interventi del sistema sanitario,
coinvolgendo altre istituzioni (a partire da
quelle pubbliche) e organizzazioni sociali,
l’associazionismo e la collettività nel suo
complesso.
3)
Partire
dall’efficacia del sistema, e ad essa
subordinare qualsiasi azione finalizzata a
conseguire l’efficienza. Il programma in esame
ha spesso come obiettivo l’efficienza svincolata
dall’efficacia, rischiando fortemente di non
garantire obiettivi di salute.
4)
Privilegiare la
partecipazione: coinvolgere nelle scelte gli
operatori sanitari, le forze sociali,
l’associazionismo e la collettività nel suo
complesso, come garanzia di conseguimento degli
obiettivi di salute.
5)
Riconoscere il
contributo della consapevolezza e
dell’autoefficacia (empowerment) al
miglioramento dello stato di salute in presenza
di un crescente invecchiamento della popolazione
e dell’aumento conseguente delle patologie
croniche non trasmissibili e della
multimorbosità, problema emergente nei sistemi
sanitari dei Paesi occidentali, che richiede di
modificare l’approccio dei servizi e delle
prestazioni offerte ai cittadini, orientandolo
non più alla patologia ma alla persona: il
chronic care model, come strumento efficace
di governo delle liste di attesa attraverso il
riconoscimento dei bisogni di salute prima che
vengano espressi.
6)
Organizzare il
sistema sanitario territoriale (l’assistenza
territoriale: il secondo LEA) partendo - anche
qui - dalla salute: dalle AFT e UCCP come
strumenti di presa in carico del cittadino, alla
specialistica e diagnostica ambulatoriale, ai
consultori, ai SERD, ai servizi per la salute
mentale, alla riabilitazione, alle strutture
residenziali e semiresidenziali. In sintesi,
partendo da tutte le strutture e attività non
“post-acuzie”, per arrivare alle attività di
assistenza domiciliare successive al ricovero in
strutture per acuti e a quelle che necessitano
comunque di monitoraggio (tele-assistenza?),
anche per gravi patologie croniche invalidanti.
7)
Fare chiarezza sulla
dotazione di personale in carico al sistema
sanitario regionale, ripartito tra territorio,
prevenzione collettiva e ospedali (o utilizzato
in modo condiviso tra strutture territoriali,
della prevenzione collettiva e ospedaliere).
Tenere conto
prioritariamente, nella riorganizzazione del
sistema, del fabbisogno di operatori nel
territorio e nella prevenzione collettiva:
·
praticando nelle scelte organizzative i dovuti
e affermati principi di centralità del
territorio e della prevenzione collettiva (e
non più dell’ospedale),
·
cogliendo l’occasione della deroga alle
assunzioni prevista a seguito dell’entrata in
vigore delle norme europee sull’orario di lavoro
per invertire il processo di trasferimento di
operatori dal territorio agli ospedali.
8)
Non subordinare
scelte organizzative di sistema all’obiettivo di
un migliore controllo della gestione
finanziaria. In epoca di macro-regioni (si veda
il recente accordo tra Toscana, Umbria e
Marche), una gestione centrale degli acquisti e
degli appalti non richiede necessariamente la
centralizzante della gestione dell’intera
organizzazione.
9)
Considerare
l’Università (le due facoltà mediche presenti
nella regione) come soggetto che a tutti gli
effetti svolge un ruolo (anche come ordinatore
di spesa, e non solo come erogatore di
formazione) non secondario nel sistema
ospedaliero regionale.
10)
Uscire dall’ambiguità rispetto al rapporto
pubblico-privato, affidando chiaramente al
sistema pubblico la decisione sulle attività
(quali e quante) da affidare alla sanità
privata presente nella regione, in un’ottica di
complementarietà e non di collaborazione,
evitando il trasferimento di prestazioni dalla
sanità pubblica a quella privata in settori
altamente remunerativi per il privato, che
potrebbe di fatto portare il sistema sanitario
regionale al cosiddetto “doppio pilastro”,
favorendo la copertura da parte della sanità
integrativa.
11)
Affrontare le disuguaglianze, garantendo servizi
efficaci (ivi compresi quelli di ricovero e cura
per acuti erogati dai presidi ospedalieri)
prioritariamente alle collettività svantaggiate
dal punto di vista sociale, economico,
territoriale, culturale.
12)
Condurre una valutazione critica delle
esperienze di Project Financing fino ad oggi
condotte nel territorio nazionale, a partire da
quelle finanziariamente fallimentari per
lievitazione dei costi di gestione.
Tenere conto di
autorevoli pareri (si veda la relazione
inaugurale dell’anno giudiziario tenuta nel 2014
dal Procuratore Regionale della Corte dei Conti
del Veneto, le cui considerazioni sono state
condivise e avvalorate dal Presidente di quella
Regione, che é fra quelle che più e prima di
altre ha utilizzato lo strumento), che giudicano
lo strumento del Project Financing inadatto agli
ospedali, rilevando che esso comporta un
incremento del debito pubblico è un aumento dei
costi che aggrava il debito dell’ente pubblico.
13)
Integrare il programma di riqualificazione e
riorganizzazione nei/con i piani e i programmi
in vigore riguardanti il sistema sanitario
regionale ( il Piano Regionale di Prevenzione,
il recepimento di intese stato-regioni) e con i
documenti relativi alla pianificazione nel
settore dell’assistenza sociale, evitando la
duplicazione di azioni / interventi / funzioni /
strutture. |