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  Slovacchia-Italia 3-2
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  Pagato caro il debito di riconoscenza

Caro Benny,

scusami se non aspetto la tua Opinione, ma certe cose vanno dette subito, altrimenti la minestra si raffredda mentre i Nostri Eroi sono già sulla via del ritorno. E se questa è l’Italia, è giusto che sia tornata a casa. Come fu giusto agli Europei del 2008 e come fu giusto l'anno scorso, in Sud Africa, in Confederation Cup. Tre eliminazioni, attutite da una Champions League vinta dall'Inter degli stranieri. In questo involucro è racchiusa l'Italia Calcio di questi ultimi 4 anni. Donadoni aveva iniziato un progetto di ringiovanimento e si perse sul più bello: venne meno alla sua coerenza con l’inserimento in extremis di Cassano e Del Piero, due corpi estranei nello spogliatoio e nel campo alla squadra preparata in due anni di lavoro coraggioso. Lippi ha pagato la coerenza, fino all’ostinazione ed alla presunzione, di non avere inserito, anche in extremis, un Cassano o un Balotelli il cui talento e la cui genialità sono stati il quid mancante all’Italia piatta e povera di idee vista ai Mondiali ma, l'ho ricordato prima, già vista ed eliminata nella stessa Sud Africa in Confederation Cup, un segnale di debolezza non preso in seria considerazione. Molti hanno detto: l’Italia dell’ultimo quarto d’ora contro la Slovacchia è quella vera. No, proprio quella Italia lì, apparentemente di orgoglio e finalmente determinata, ha smascherato i suoi veri limiti di personalità, perché ha cambiato marcia sull’orlo del burrone, quando (sul 2-0) non aveva più nulla da perdere. Per un’ora e un quarto è stata un’Italietta tremolante, prigioniera della sua mancanza di mentalità vincente, che se l'è fatta addosso di fronte alla responsabilità di dover fare anche uno straccetto di risultato (un semplice pareggio) che, nonostante tutto, ci avrebbe consentito la qualificazione. Ecco cosa intendevo negli interventi dei giorni precedenti: i campioni sono coloro che non soltanto “sanno giocare a pallone”, ma che tirano fuori il meglio di se’ di fronte al peso delle responsabilità con lucidità, freddezza, piena convinzione nei propri mezzi. Nell’Italia del Sud Africa, Lippi aveva capito l'antifona del nostro calcio: i soli veri campioni a disposizione erano i Buffon, Zambrotta, Gattuso, Camoranesi, Cannavaro, Pirlo. Gente logorata dall'età o dagli acciacchi, che nel frattempo non aveva avuto un ricambio generazionale adeguato, fatta eccezione per pochi giocatori baciati dalla natura, ma chi prigioniero degli istinti incontrollabili del proprio carattere (Cassano e Balotelli), chi da problemi fisici e vari (Santon). Totti e Del Piero lasciamoli stare, hanno dato. Come Cristo si era fermato ad Eboli, Lippi si è fermato in Germania, ai Campionati del Mondo del 2006, che erano finiti. E’ caduto nella trappola della riconoscenza e se n’è assunto la totale responsabilità, come sa e deve fare Il Capo. Ma chi sa leggere nelle sue parole di scudo ai giocatori e alle sue stesse ostinazioni capisce che è stato un duro attacco alla pochezza delle nuove leve.        

Ludovico Raimondi
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In attesa di Italia-Slovacchia (23 giugno)
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