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Numero 6 - Maggio
 
il profilo

 

 

Beatrice Robuffo, giuliese, nata a S. Omero nel 1986, dopo il liceo classico si laurea in lettere e filosofia con specializzazione in Musicologia presso l’università La Sapienza di Roma con tesi su Gaetano Braga, in particolare sulla sua opera inedita “Ruy Blas”, su libretto di Victor Hugo. Contemporaneamente si diploma in canto lirico presso l’Istituto Gaetano Braga di Teramo. Successivamente, dopo una breve collaborazione con la Rai, frequenta un master in management dello spettacolo con l’università Bocconi, il Piccolo Teatro e il Teatro alla Scala a Milano. Dopo uno stage inizia a collaborare attivamente con la direzione di scena del teatro alla Scala, per quattro anni. Nel 2017 decidendo di diventare libera professionista, inizia con i suoi primi incarichi come direttrice di scena: teatro Valli (Re), teatro Pavarotti (MO), teatro Aslico (CO), teatro Regio (PR), teatro alla Scala (MI), teatro La Fenice (VE), Sferisterio (MC), teatro alla Scala, e attualmente al Maggio Fiorentino (FI).

 
 
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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Direttrice di scena di teatri prestigiosi
Beatrice Robuffo, salire la Scala a suon di musica
 

 
MAGGIO 2020 - La rubrica "Giuliesi nel mondo" ha inteso derogare dalla sua cadenza mensile e dedicare un numero speciale di maggio a Beatrice Robuffo, direttrice di scena in vari teatri tra i più prestigiosi in Italia.

La giovane vita di Beatrice, in fondo, è accompagnata da una colonna sonora fin dalla nascita. Il papà Enrico, esponente di una famiglia molto conosciuta a Giulianova e già assessore comunale e funzionario di banca, gode di vasta considerazione come musicista, pianista in particolare.

Beatrice, di conseguenza, era predestinata agli studi prima e a una professione e a una carriera in campo musicale e artistico poi, seppure dietro le quinte. E, gradino dopo gradino, passando anche attraverso una collaborazione con la Rai, è salita fino alla direzione di scena alla "Scala" di Milano, il sogno di ogni artista e operatore dello spettacolo. Un motivo in più per il quale Giulianova può essere fiera di questa sua "figlia" discreta e talentuosa.

Pur toccando diverse città, Beatrice ha eletto Milano sua città di adozione, il che spiega il numero anticipato della nostra rubrica incentrato sulla nostra giovane concittadina alle prese dal "vivo" con la drammatica emergenza epidemiologica che sta coinvolgendo la metropoli meneghina e la Lombardia nonchè il suo lavoro nel campo teatrale.

- Beatrice, com'è la situazione ora?...

Ovviamente siamo tutti molto preoccupati. Come tutti i cittadini la preoccupazione maggiore è di non prendere questo virus che non riusciamo ancora a comprendere, prevenire e curare. E purtroppo il settore dell’arte, della cultura e dei teatri, è una delle categorie più colpite da questa emergenza. C’è molta incertezza sul nostro futuro. Anche i miei impegni dipendono dall’evolversi della situazione… Stavo lavorando a Firenze al teatro Maggio Fiorentino fino a marzo. Speriamo di riprendere il prima possibile.

- Direttore di scena. Al netto del differente percorso musicale rispetto a tuo padre Enrico, puoi essere definita una figlia d’arte?

Definirmi una figlia d’arte forse è un po’ eccessivo, nel senso che sia io che mio padre siamo partiti dallo studio “dell’arte” per poi lavorare -io- più nel tecnico. Lavoro con gli artisti, coordino gli artisti, dunque diciamo che l’arte, grazie a mio padre che mi ci ha avvicinato, mi ha portato a fare il lavoro che faccio.

- A quanti anni hai cominciato a studiare musica e canto?

Ho iniziato a studiare musica da piccola, all’età di sei anni, con lo strumento del pianoforte, poi è arrivato il conservatorio, nel quale sono entrata come pianista e poi è arrivato l’amore per il canto lirico, e al quinto anno di studi, decisi di trasferirmi alla classe di canto. Da quel momento iniziai a scoprire il meraviglioso mondo dell’opera lirica.

 

- Musicologa ed etnomusicologa: un’attitudine o una scelta nata da cosa?

Diciamo che è stata un’evoluzione della mia grande passione per lo studio della musica. Quando mi trovai di fronte alla scelta dell’università non avevo ancora ben chiaro cosa volessi fare da grande, ma capii che di sicuro sarebbe stato qualcosa di affine alla musica ed al teatro. Volli far sì che le mie conoscenze, le mie competenze si ampliassero in tal ambito, e decisi studiare la “musica”, il teatro e lo spettacolo anche dal punto di vista teorico, e di iscrivermi alla facoltà di Lettere Musica e Spettacolo presso l’università La Sapienza, per poi specializzarmi in Musicologia. Non contenta, poco dopo il conseguimento della laurea, decisi di frequentare anche un master in Mangement dello Spettacolo, per acquisire altre competenze, anche in campo economico e manageriale del settore culturale.

- Quale esperienza, di quelle vissute finora, ha segnato maggiormente il tuo percorso umano e professionale?

Difficile da dire… La mia carriera lavorativa è ancora precaria e ancora in continua evoluzione, ma sicuramente la prima volta che ho firmato una locandina alla Scala come direttrice di scena è stata una grande emozione, una grande soddisfazione, che ricorderò sempre. Anche la prima prova sul palcoscenico del teatro La Fenice non la dimenticherò mai. Stavo ancora lavorando in Scala, erano gli ultimi giorni quando mi chiamarono per propormi di seguire tre opere a Venezia, e avevano bisogno della mia figura da subito… dopo due giorni ero già sul quel palcoscenico e vidi per la prima volta quel meraviglioso teatro che è La Fenice.

- Quali sono le peculiarità e le doti nel bagaglio di un direttore di scena?

Per fare il direttore di scena, oltre ad avere delle buone basi di grammatica musicale, storia della musica e scenotecnica, è importante l'aspetto caratteriale. Essendo una figura cerniera tra regista, interpreti, figuranti, masse artistiche, tecnici, direttore d’orchestra, direttore musicale e direttore di sala, il direttore di scena è un coordinatore, nonché una figura diplomatica, un punto di riferimento per tutti gli artisti, maestri e tecnici del palcoscenico. Deve essere autorevole per il grado che ricopre ma cercare anche di non eccedere nella severità, deve avere un carattere forte, ma amabile allo stesso tempo e saper controllare tutto. Deve essere una persona corretta, e con gran senso estetico. Una disattenzione potrebbe rovinare la bellezza del lavoro preparato a lungo, scontentare il pubblico e intaccare la professionalità di artisti interpreti dello spettacolo. In definitiva, è una figura professionale che si forma e si perfeziona col tempo, con l’esperienza. Io non credo di avere ancora tutte queste peculiarità, perché come ho già detto, sono all’inizio della mia carriera professionale, ma credo che queste siano le caratteristiche della mia figura professionale.

- La sensibilità femminile è un valore aggiunto nel tipo di lavoro che fai e capace di abbattere antiche barriere?

Ritengo che la sensibilità femminile sia sicuramente un valore aggiunto, e che la donna sia totalmente adeguata a ricoprire un ruolo simile. Purtroppo, come in tanti altri ambienti, la donna spesso è in minoranza, la maggior parte delle persone che lavora dietro le quinte è di sesso maschile, e non è proprio “un gioco da ragazzi” farsi accettare e rispettare, rompere - diciamo - quell’invisibile schema che aleggia sempre e che “primeggia” il sesso maschile…

- Sei partita da Giulianova con la convinzione e la visione di poter arrivare dove sei oggi e dove in futuro?

Assolutamente no. Sono partita da Giulianova con molta voglia di evolvermi a livello culturale, professionale e personale, e con molta voglia di conoscere il mondo…

- Ti abbiamo vista ritratta con Bolle e altri artisti di successo e fama: chi ti ha colpito in maniera particolare?

Sicuramente ho avuto la fortuna di trovarmi accanto a dei mostri sacri della lirica come il M° Placido Domingo, la strepitosa Anna Netrebko (nella foto con Beatrice), il grande M° Nucci, il M° Nello Santi… per citarne alcuni.  Lavorare con Roberto Bolle, tuttavia, mi ha colpito in modo particolare, sia perché con lui ho conosciuto da vicino cosa vuol dire essere un ballerino classico, quanto lavoro, dedizione, fatica e sacrifici quotidiani sono necessari per arrivare ai suoi livelli e nonostante ciò, rimanere con i piedi per terra; è una persona meravigliosa, un professionista. Si impara moltissimo a stare accanto a questi grandi artisti. In realtà si impara da tutti, e come diceva la Callas -cosa molto importante- si impara soprattutto cosa non bisogna fare.

- E lo spettacolo che ti ha particolarmente gratificato?

Probabilmente l’ultimo Rigoletto andato in scena al teatro alla Scala lo scorso settembre, nel classico allestimento di Gilbert Deflo, scene di Ezio Frigerio e costumi di Franca Squarciapino, diretto da Daniel Oren con Leo Nucci protagonista nei panni del giullare gobbo, dopo 550 recite in quel ruolo e 46 anni di carriera. Venivo da un anno piuttosto impegnativo, dopo il regio di Parma, la Scala, la Fenice e lo Sferisterio di Macerata, una breve pausa in agosto, e il debutto di questo Rigoletto il 2 settembre… quando abbiamo chiuso il primo sipario per gli applausi per poi riaprirlo subito dopo, per il bis richiesto dal pubblico, è stata una grande emozione.

- Il tuo lavoro ti porta in varie città, ma qual è il punto di riferimento?

Diciamo che nonostante i ritmi abbastanza frenetici, torno spesso a Milano dove c’è il mio compagno… Amo Milano, ed è una città dove si vive benissimo.

- Insomma, è sempre una Milano da bere…

Milano è una città che ho scoperto non troppi anni fa, circa sei…e forse è coinciso anche con la notevole crescita che Milano ha avuto negli ultimi anni, e che ha giovato alla sua economia e vivibilità: oggi è una realtà europea a tutti gli effetti. Moderna, piena di opportunità di lavoro, veloce e costosa. Al giorno d’oggi è una città più che valida.

- E con Giulianova quali sono i legami, oltre a quelli familiari e affettivi?

Attualmente con Giulianova non ho altri legami, oltre a quelli familiari e affettivi… Chissà se in futuro qualcosa cambierà, ma per ora riesco a godermi Giulianova solo nei pochi momenti liberi.

- Ti mancano la vista del mare e della Cupola di San Flaviano dalla tua casa natia in Viale dello Splendore?

Mi mancano moltissimo, e non solo, anche la famiglia, gli amici e il buon cibo. Non potrei non essere legata a Giulianova. Soprattutto in quest’ultimo periodo di emergenza codvid 19, la mancanza di casa si sente ancora di più.

 
(foto poste a disposizione da Beatrice Robuffo, che ringraziamo)
 

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